Algebris Bullet: le riflessioni del team strategie di credito globale di Algebris sull’anno che sta per iniziare

 

Il 2022 è stato un anno caratterizzato da tensioni crescenti e accentuate. Colli di bottiglia, crisi energetica e tightening delle banche centrali, tutto nel giro di pochi mesi. Come sempre, le tensioni emergono dove maggiore è la vulnerabilità. Il mercato obbligazionario è stato il punto di pressione del 2022, dopo dieci anni di politiche accomodanti che avevano eliminato il premio per il rischio. L’inversione è stata rapida. L’inflazione globale è passata dal 2% al 10% nell’arco di un anno. Gli asset rischiosi sono crollati. I Treasury statunitensi hanno perso il 15%, il peggior rendimento annuale dell’ultimo secolo. I mercati obbligazionari hanno rapidamente virato da un estremo all’altro.

Il 2023 sarà probabilmente caratterizzato da un’inversione di questa tensione. A luglio avevamo evidenziato l’eccessivo livello di timore che caratterizzava i prezzi del credito. Da allora, le tensioni sui mercati obbligazionari si sono notevolmente attenuate. I colli di bottiglia sono diminuiti, determinando un calo del 20% sui prezzi alla produzione globale. L’Europa è riuscita a colmare gli stoccaggi di gas, normalizzando i prezzi delle materie prime. L’impennata dei tassi sui mutui sta contribuendo a un calo dei prezzi delle case a livello globale. L’andamento anomalo del mercato obbligazionario sembra destinato a risolversi con la stessa rapidità con cui è emerso. Nel frattempo, la politica monetaria è diventata più restrittiva. L’allentamento di questa tensione avrà un costo: il rallentamento dell’economia, ma non è un male per le obbligazioni.

Crediamo che l’inflazione abbia raggiunto il picco. L’indice dei prezzi al consumo è sceso del 2% rispetto ai massimi degli Stati Uniti e ha smesso di aumentare in Europa. Gli indicatori anticipatori segnalano un ulteriore ribasso. Il rallentamento della crescita macroeconomica e la rigidità delle misure di politica monetaria continueranno a spingere al ribasso l’inflazione core. Prevediamo un’inflazione statunitense al 5% entro luglio (con il dato core al 3%) 2023. La Fed porterà i tassi ufficiali al 5% nel secondo trimestre del 2023, e la successiva discussione sarà dedicata ai tagli dei tassi. L’entità della disinflazione è meno evidente, ma gli shock dell’offerta svaniscono rapidamente. Durante la crisi dell’OPEC (Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio) nel 1973-74, ci volle un anno perché l’inflazione statunitense si dimezzasse dal suo picco del 12%. Il nostro modello per gli Stati Uniti fornisce all’incirca la stessa previsione per la situazione attuale.

La crescita globale rallenterà ma non crollerà. I PMI (Purchasing Managers Index) europei indicano una contrazione, ma non profonda. Gli impianti di gas sono stati riforniti e i prezzi sono diminuiti. La ricchezza delle famiglie statunitensi è in calo, ma rimane ben al di sopra della media. Nel 2022, i dati macro statunitensi ed europei sono risultati migliori di quanto previsto durante l’estate e le previsioni per il 2023 stanno toccando il fondo. In assenza di shock negativi, l’anno prossimo la crescita reale potrebbe aggirarsi intorno allo 0% negli Stati Uniti e in Europa.

La Cina è la principale fonte di potenziale rialzo della crescita per il 2023. La riapertura dell’economia, avviata in ottobre, sarà irregolare, poiché la crescita dei casi Covid comporta chiusure occasionali. Le restrizioni sono state revocate a livello locale, favorendo una tendenza positiva. I dati commerciali e macroeconomici risultano deboli, il che contribuisce ad avvalorare l’ipotesi di una riapertura. È probabile che questa raggiunga livelli significativi entro la prossima estate e che il contesto macroeconomico ne tragga beneficio nella seconda metà del 2023. In questo scenario, la Cina potrebbe crescere del 5% nel 2023, mantenendo il divario con gli Stati Uniti ai massimi livelli dal 2013.


Il calo dell’inflazione e il rallentamento della crescita indicano l’avvicinarsi della fine del rialzo dei tassi. Nel 2023, le banche centrali manterranno i rialzi che avevano promesso ai mercati, ma senza ulteriori cambiamenti. Paesi che hanno iniziato prima i rialzi (in America Latina e in Europa orientale) potrebbero tagliare. Dal momento in cui l’inflazione continuerà a scendere e i tassi più alti cominceranno a pesare, il dibattito si sposterà dai rialzi ai tagli, probabilmente nella seconda metà del 2023. Gli Stati Uniti faranno da apripista, in quanto la Federal Reserve ha effettuato i rialzi più rapidi e più consistenti, e l’inflazione risulta essere meno trainata dall’energia.

Tale contesto macroeconomico favorisce naturalmente il settore del credito. Gli spread si sono ristretti da ottobre, ma i livelli restano interessanti. Gli spread del settore High Yield implicano un tasso di default annuale del 7%, un livello che si è concretizzato solo nel 2009. Gli indici distressed stanno prezzando una profonda recessione piuttosto che un lieve rallentamento. Aggiungendo questo dato al calo dell’inflazione, i rendimenti totali previsti sembrano interessanti. Storicamente, gli attuali livelli di spread indicano tendenzialmente forti rendimenti a 12 mesi.

Nell’universo obbligazionario, puntiamo sulla qualità. I rendimenti sono stati elevati in tutti i settori e il credito con rating elevato tende ad attrarre i primi afflussi quando la tendenza si inverte. Con il rallentamento della crescita e la stabilizzazione dei tassi, i comparti specializzati in Investment Grade e difensivi sovraperformeranno. I titoli finanziari sono destinati a beneficiarne, poiché sono ben rappresentati negli indici IG e i fondamentali sono solidi. Il debito dei mercati emergenti è di nuovo interessante (su base selettiva), poiché il posizionamento è ridotto e beneficia della stabilità dei tassi. La riapertura della Cina e il posizionamento ribassista in Europa fanno sì che gli asset non statunitensi possano ottenere risultati migliori.

Inflazione | Puntare verso sud

Nel 2022 l’inflazione globale è passata dal 2% al 10%. Il salto è stato determinato da una combinazione di politiche accomodanti e di shock dell’offerta. Negli ultimi sei mesi, entrambi i fattori si sono rapidamente invertiti, aprendo la strada alla disinflazione nel 2023.

Negli Stati Uniti, le pressioni sull’offerta si sono attenuate, in quanto la politica cinese Zero-Covid ha cessato di concentrarsi sulla produzione. Il PPI (Indice dei prezzi alla produzione) statunitense è sceso da quasi il 20% a giugno a poco più del 10% a ottobre. Anche i prezzi delle materie prime si sono attenuati, dal momento in cui le catene globali si sono riorganizzate per ottenere l’indipendenza dalla Russia. I prezzi delle materie prime sono diminuiti del 20% rispetto ai picchi estivi, con il petrolio più basso del 40%. Anche la politica più restrittiva svolge un ruolo importante. A settembre, i tassi reali hanno superato l’1%, il livello più alto dal 2006. La crescita monetaria degli Stati Uniti è stata dell’1% nel 2022, in calo rispetto al 25% nel 2021 e la più bassa dal 1994. La politica restrittiva inizia finalmente ad avere un impatto sui prezzi delle abitazioni (grafico 2).

Grafico 1 | Picco dell’inflazione globale
Dati al 23 novembre 2022. Fonte: Algebris Investments, Haver, Bloomberg Finance L.P Nota: l’inflazione globale 3m/3m è calcolata dividendo la media delle 3 precedenti letture dell’IPC globale precedenti per la media delle rispettive 3 letture dell’IPC globale precedenti. Nota: per l’inflazione core annua, l’ombreggiatura si basa sul confronto dell’inflazione core annua nell’intero periodo di tempo per ciascun paese. Il rosso più scuro indica il dato più alto dell’indice core annuo e il verde il dato più basso, mentre il giallo è la via di mezzo.

Nel complesso, i primi segnali indicano che l’inflazione globale abbia raggiunto il picco. Le principali economie hanno registrato un calo dell’inflazione trimestrale ai livelli di gennaio, indicando un’inversione di tendenza già in atto da settembre (grafico 1). Negli Stati Uniti, sia l’inflazione complessiva che quella core sono diminuite bruscamente a novembre. In Europa, la riduzione è stata frenata dagli aumenti dei prezzi energetici, ma il calo dei prezzi del gas comporterà un calo dell’inflazione a partire da gennaio. I nostri modelli di previsione (grafico 3) stimano l’inflazione statunitense al 5% (con il dato core appena al di sopra del 3%), e l’inflazione europea al 7% (con il core appena sopra il 5%), entro luglio 2023.

Grafico 2 | Prezzi case USA in rallentamento
Dati al 31 ottobre 2022. Fonte: Algebris Investments, Bloomberg Finance L.P, Zillow, S&P. Nota: ogni linea è la variazione annuale dell’indice dei prezzi abitazioni/affitti.

Grafico 3 | Ulteriori ribassi dell’inflazione nel 2023

Dati al 24 novembre 2022. Fonte: Algebris Investments, Bloomberg Finance L.P, BLS, Eurostat. Nota: le previsioni si basano su un approccio di tipo bottom-up che combina le previsioni di varie sottocomponenti dell’IPC (es. energia, affitti) utilizzando molteplici variabili macroeconomiche e di mercato.

Tassi | Tagli e rallentamenti

L’inflazione sta rallentando, tuttavia la politica monetaria rimane restrittiva. I mercati emergenti hanno iniziato a inasprirsi in modo significativo nel 2021 e i tassi reali appaiono ora eccessivi in diversi paesi. I mercati sviluppati hanno accumulato un ritardo di un anno, ma hanno registrato un’accelerazione significativa durante l’estate. Escludendo il Giappone, le banche centrali del G10 hanno già completato l’80% dei propri cicli di rialzo. La Bank of Canada ha rallentato il ritmo dei rialzi e le altre banche centrali del Gruppo G10 faranno altrettanto a dicembre. Secondo noi, la Fed e la BCE raggiungeranno un picco rispettivamente del 5% e del 3% nel secondo trimestre. L’inflazione si stabilizzerà al di sopra dell’obiettivo delle banche centrali, pertanto i tagli nel 2023
risulterebbero prematuri: lo scenario più probabile è quindi quello di un periodo di stabilità dei tassi. I tagli avverranno esclusivamente in alcuni mercati emergenti, soprattutto in America Latina. Osservando la relazione tra tassi reali e inflazione (grafico 4), gli Stati Uniti e il Canada risultano essere i paesi sviluppati che maggiormente si prestano a un cambio di rotta, mentre Brasile, Colombia e Cile si distinguono nei paesi emergenti. L’Eurozona e il Regno
Unito sono le regioni con il maggior rischio di rialzo dei tassi.

Grafico 4 | Forti segnali di un cambio di direzione in USA, Canada e America Latina
Dati al novembre 2022. Fonte: Algebris Investments, Bloomberg Finance L.P, Citi

Macro | Prossima fermata: allentamento

L’ipotesi di rialzi marcati nel 2023 appare debole anche a causa del rallentamento delle economie. Infatti, il costo elevato della vita, la politica restrittiva e la mancanza di stimoli da parte della Cina stanno spingendo le economie avanzate verso un rallentamento. Negli Stati Uniti, la ricchezza dei consumatori accumulata durante il periodo di Covid ha favorito la crescita nel 2022, ma non sosterrà la spesa nel 2023. Sia i dati PMI che le vendite al dettaglio puntano in questa direzione. In Europa, gli aumenti dei prezzi energetici hanno avuto luogo nel quarto trimestre del 2022 e avranno ripercussioni all’inizio del 2023. I PMI europei si aggirano intorno a 45, segnalando una contrazione discreta ma non disastrosa. Per contro, i mercati prevedono una profonda recessione, con i Treasury statunitensi a 2 anni e a 10 anni che non hanno mai subito un’inversione di tendenza così forte (-80 punti base). Prevediamo che il rallentamento sarà contenuto, con un minimo raggiunto nella prima metà del 2023 e la riapertura dell’Asia che aiuterà nella seconda metà. L’anno prossimo la crescita
negli Stati Uniti e in Europa dovrebbe mantenersi vicina allo 0%.

Mercati | Sblocco dell’anomalia sui bond

Il rallentamento dell’economia e dell’inflazione si traduce in un rialzo dei mercati del reddito fisso. Sebbene non sia raro assistere a flessioni dei mercati azionari come quest’anno, il 2022 è risultato significativamente anomalo per le obbligazioni (grafico 5). I dati di flusso forniscono un quadro simile, in quanto il capitale ha abbandonato le obbligazioni a un ritmo molto più veloce di quanto non abbia fatto con le azioni, mantenendo un posizionamento storicamente moderato. Nell’ultimo mese si è registrato un forte recupero del mercato del credito, ma riteniamo che il meglio debba ancora venire. Alcune aree, come il credito IG, il debito subordinato finanziario e il debito dei mercati emergenti, rimangono a buon mercato e poco presidiati. Storicamente, un’economia in rallentamento e tassi statunitensi più bassi fanno sì che credito, Treasury, debito dei Paesi emergenti e obbligazioni High Yield sovraperformino (tabella 1). Le azioni statunitensi, i titoli ciclici e il dollaro tendono a registrare una performance inferiore in questo contesto. Per chiarezza, non riteniamo che i mercati stiano tornando al vecchio mondo dei rendimenti a zero. Il tasso d’inflazione si stabilizzerà su livelli superiori a quelli prevalenti sino al 2021. Ciononostante, gli ultimi mesi hanno condotto il mercato obbligazionario su livelli estremamente elevati e la stabilizzazione macroeconomica potrebbe determinare un significativo riprezzamento delle obbligazioni. Gli investitori dovrebbero approfittarne.

Tabella 1 | Lunghi su IG e mercati emergenti
Fonte: Algebris Investments, Bloomberg Finance L.P. Dati al 02 dicembre 2022. Nota: l’accelerazione/rallentamento è definita da un aumento/diminuzione del tasso di crescita annuale del PIL rispetto all’anno precedente. Il concetto di “aumento/riduzione” è definito dalla differenza tra il tasso di interesse dell’anno t e quello dell’anno t-1. Numero positivo = aumento, numero negativo = diminuzione

Grafico 5 | 2022 – anomalia obbligazionaria
Dati al 2 dicembre 2022. Fonte: Algebris Investments, FRED, Robert J. Shiller, NYU Stern. Nota: Azioni USA – Indice S&P 500; Treasury USA – Treasury USA a 10 anni.

Valute | Il Re Dollaro si indebolisce

Il 2023 porterà la debolezza del Dollaro americano. A livello reale, il valore del Dollaro è stato più forte di quanto lo sia ora solamente a metà degli anni ‘80 (grafico 6) e i tassi statunitensi erano decisamente più alti all’epoca. Il posizionamento risulta ancora affollato, sebbene modesto sulle principali valute di finanziamento come EUR, JPY, CNH. L’Euro continuerà a beneficiare dei prezzi del gas più bassi (grafico 7), di una recessione “migliore del previsto” nell’Eurozona e di eventuali sviluppi dei negoziati tra Russia e Ucraina. Lo Yen beneficerà dei cambiamenti della Banca del Giappone, poiché il passaggio del nuovo governatore ad aprile comporterà probabilità più elevate di abbandono di una politica accomodante. Infine, la graduale riapertura della Cina potrebbe innescare afflussi azionari e favorire la valuta. Una Fed meno aggressiva e una situazione macroeconomica migliore del previsto in Europa e in Cina saranno negative per il Dollaro e positive per gli asset non statunitensi nel 2023.

Grafico 6 | Dollaro USA ai massimi
Fonte: Algebris Investments, Goldman Sachs. Dati al 15 novembre 2022. Nota: Indice GS USD ponderato per il commercio reale.

Cina | In uscita

Grafico 7 | Gas in decompressione
Fonte: Algebris Investments, Bloomberg Finance L.P. Dati al 21 novembre 2022. Nota: Gas Futuro Naturale TTF olandese utilizzato (TZT1 Comdty).

Grafico 8 | Cina – Riapertura al cospetto della nuova ondata
Fonte: Wind, Commissione nazionale per la salute, al 28 novembre 2022. Nota: Totale dei nuovi casi positivi giornalieri riportati dalla Commissione nazionale cinese per la salute, che corrisponde alla somma dei nuovi casi asintomatici giornalieri e dei nuovi casi confermati.

In Cina, le autorità stanno gradualmente allentando le rigorose restrizioni Covid in vigore dal 2020. In seguito alla Conferenza del Partito di ottobre, sono state alleggerite le restrizioni sui controlli e sulle quarantene. Di conseguenza, i casi di Covid sono nuovamente schizzati alle stelle (grafico 8), superando i massimi di aprile. Il processo ha subito un rallentamento, innescando ampie proteste e un ulteriore allentamento. La riapertura nei prossimi mesi sembra comunque inevitabile; la Cina è infatti l’unico Paese che mantiene rigide restrizioni da più di un anno e i consumi rimangono bassi, come evidenziato dai recenti indicatori PMI ben al di sotto della media. La crescita delle esportazioni nel terzo trimestre del 2022 è stata la più bassa mai registrata dal 2020. Dal punto di vista economico, gli stimoli alla riapertura non sono mai stati così forti e, dopo il Congresso, il costo politico si è ridotto. Ciononostante, il processo sarà difficoltoso. L’uscita dalla politica zero-Covid comporta un maggior numero di ondate locali e di episodi di stop and go. Il percorso di riapertura risulterà quindi intermittente e non ci aspettiamo una riapertura completa prima dell’estate 2023. La riapertura della Cina durante il rallentamento degli Stati Uniti determina un aumento del divario nella crescita relativa. Qualora la Cina riuscisse a raggiungere una crescita del 5% nel 2023, il divario potrebbe sfiorare i 500 punti base, il livello più alto dal 2013.

Ucraina | In stallo

L’Ucraina rimane la principale incognita per il 2023, ed anche il più grande rischio. Sia la guerra che i negoziati sembrano trovarsi in una situazione di stallo, e le aspettative del mercato sono dunque basse. A fine novembre, il territorio liberato dalle forze ucraine è all’incirca pari alla porzione di Ucraina orientale conquistata dalla Russia. Di conseguenza, nessuno dei due è prossimo a prevalere. I contatti tra Stati Uniti e Russia si sono intensificati di recente, ma gli Stati Uniti non hanno fretta di raggiungere un accordo, soprattutto perché il G7 sta intensificando le sanzioni attraverso i massimali del prezzo del petrolio. D’altra parte, Putin si dichiara pubblicamente aperto a un accordo, data la mancanza di soluzioni alternative. A novembre, il Presidente Zelensky ha illustrato un programma di pace in 10 punti ma la maggior parte dei punti è inaccettabile per la Russia. L’Ucraina non ha finora mai accettato una soluzione non militare. La situazione rimane in stallo, sebbene tutte le parti mostrino una maggiore propensione alla discussione. La posizione della Russia si indebolisce col tempo, mentre la dipendenza energetica europea dalla Russia si riduce. La soluzione non è ancora dietro l’angolo, tuttavia i segnali stanno emergendo e i mercati stanno prezzando una guerra prolungata.


Fonte: Financial Times Dati al 24 novembre 2022

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