A febbraio inflazione (+9,9%) rallenta in Italia, ma non in altri maggiori paesi Ue

- di: Confartigianato
 
La stretta monetaria in corso ha registrato un rialzo dei tassi di 300 punti base tra luglio e febbraio, mentre nella prossima riunione del prossimo 16 marzo il Consiglio direttivo della Bce intende innalzare i tassi di interesse di altri 50 punti base.

Le autorità monetarie dovranno trovare un equilibrio tra il rischio di una stretta non sufficiente, che potrebbe sostenere le aspettative di inflazione e le spinte salariali, e quello di un rialzo dei tassi eccessivo che potrebbe riaprire gli scenari di recessione (e di stagflazione), che le più recenti proiezioni macroeconomiche delineano come meno probabili.

Una nostra recente analisi evidenzia che gli effetti della stretta in corso sui tassi pagati dalle imprese sulle nuove operazioni di finanziamento bancario sono già rilevanti, con un aumento di 246 punti base tra febbraio e dicembre 2022. In parallelo, si registra la ‘crescita zero’ dei prestiti alle imprese a dicembre 2022, in decelerazione rispetto al +4,7% di agosto e al +1,3% registrato a febbraio 2022. La stretta monetaria rallenta gli investimenti, influenza negativamente la propensione ad innovare e la dinamica della produttività, ostacolando i processi di  transizione green e digitale delle imprese.

Considerato che le autorità monetarie europee hanno l’obiettivo statutario di rientro dell’inflazione al 2%, l’analisi dei dati pubblicati stamane da Eurostat è fondamentale per decifrare le prossime decisioni della Bce.

L’inflazione in UE

A febbraio 2023 l’inflazione dell’Eurozona rallenta all’8,5%, rispetto al +8,6% di gennaio. La dinamica dei prezzi segna un rallentamento in Italia, con un +9,9% rispetto al +10,7% di gennaio; la frenata non è confermata in Germania (+9,3% dal 9,2% di gennaio), in Francia (+7,2% dal 7,0% di gennaio) e Spagna (+6,1% dal 5,9% di gennaio).

Lo scorso febbraio la Bce aveva preannunciato il rialzo dei tassi a marzo “alla luce delle spinte inflazionistiche di fondo”. Sulla base di questa chiave di lettura, si osserva che nell’Eurozona sale l’inflazione di fondo – al netto di energia e alimentari freschi – che passa dal +7,1% di gennaio al +7,4% di febbraio 2023. Anche in Italia si conferma l’accelerazione della componente di fondo, che passa dal +6,6% di gennaio  a +7,1% di febbraio 2023.

Si consolida il trend di rallentamento dei prezzi dei beni  energetici, la cui variazione su base annua in Italia passa da +42,8% di gennaio a +28,2% di febbraio 2023, con un -4,5% su base mensile. L’Italia rimane al primo posto tra i maggiori paesi Ue per inflazione energetica davanti a Germania (+21,6%) e Francia (+14,0%), con un livello più che doppio rispetto al 13,7% della media dell’Eurozona.

L’inflazione a inizio 2023 nel territorio

Secondo i dati territoriali pubblicati dall’Istat, disponibili per gennaio 2023, si registra una tasso di inflazione più elevato della media nazionale in Liguria con il +12,0%, Sicilia con +11,9%, Sardegna con +11,5%, Umbria  e Abruzzo (entrambe con 10,7%), Puglia con 10,6%, Piemonte, Trentino Alto-Adige e Toscana (tutte con +10,1%). Tensioni sui prezzi relativamente più contenute in Basilicata (+7,7%) e Valle d’Aosta (+7,6%).

Nei capoluoghi delle regioni e delle province autonome e nei comuni non capoluoghi di regione con più di 150mila abitanti  l’inflazione più elevata, superiore alla media nazionale, si osserva a Catania (+12,6%), Genova (+11,8%) Palermo (+11,7%), Messina (+11,5%), Modena e Perugia (+10,9%), Milano e Ravenna (+10,8%), Bari (+10,5%), Torino e Bolzano (+10,4%) e Padova (+10,3%). All’opposto, le variazioni tendenziali più contenute si registrano a Parma (+8,6%), Ancona (+8,5%), Catanzaro (+8,4%), Aosta (+7,6%) e Potenza (+7,5%).
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