5 dicembre, giornata del suolo: Italia paese a rischio

- di: Barbara Bizzarri
 
Il 5 dicembre di ogni anno si celebra la Giornata mondiale del suolo: iniziativa nata nel 2002 dall’Unione internazionale delle scienze del suolo e celebrata ufficialmente dall’ONU dal 2014, che vuole ricordare l’importanza di questo elemento naturale per la vita delle piante, degli animali, degli esseri umani e del Pianeta, e sensibilizzare le persone sulle minacce concrete e sempre più numerose che compromettono i suoli di tutto il mondo. Il suolo è fondamentale per la sopravvivenza: basti sapere che senza di esso non avremmo cibo. Dei 18 elementi chimici naturali che servono alle piante per crescere, 15 sono presenti nel terreno, mentre i restanti tre sono assorbiti tramite fotosintesi, e dal suolo proviene il 95 per cento degli alimenti di cui ci nutriamo. L’edizione 2022 della Giornata mondiale del suolo pone l’accento su questo vitale aspetto tramite il claim “Soils, where food begins”, per evidenziare l’urgenza di una gestione sostenibile della terra che sia anche in grado di aumentarne la fertilità.

5 dicembre, giornata del suolo: Italia paese a rischio

Proprio come noi, infatti, il terreno ha bisogno di un apporto equilibrato e vario di sostanze nutritive per essere in salute e produrre cibo sano e nutriente. Oggi, invece, il 33% del suolo del Pianeta è degradato e tra le cause si annoverano le pratiche agricole intensive che sfruttano il terreno rendendolo meno fertile, e lo inquinano con l’uso di fertilizzanti e pesticidi chimici mettendo in pericolo la biodiversità. Le conseguenze di tutto questo sono la denutrizione, la fame, in particolare quella “nascosta”, ovvero la carenza di micronutrienti di cui si stima siano affette due miliardi di persone a causa della drastica diminuzione, negli ultimi settant’anni, del livello di vitamine e sostanze nutritive negli alimenti. Prendersi cura del suolo diventa dunque fondamentale per la sicurezza alimentare: secondo le stime della Fao, per rispondere alla domanda globale di cibo, la produzione agricola dovrebbe crescere del 60% entro il 2050, tuttavia sarebbe sufficiente una gestione sostenibile dei terreni per produrre il 58% di cibo in più. La risposta alle coltivazioni intensive è l’agricoltura rigenerativa, che protegge la fertilità e la salute del terreno attraverso pratiche agricole rispettose come la rotazione e la diversificazione delle colture, l’utilizzo di fertilizzanti naturali come il letame, le lavorazioni manuali della terra.

La rigenerazione del suolo non ha effetti solo sulla produttività alimentare, ma anche sulla tutela degli ecosistemi e sulla lotta ai cambiamenti climatici. Il suolo, infatti, è il più grande serbatoio di carbonio dopo gli oceani contro il riscaldamento globale. In dieci anni la natura ha assorbito il 54% delle emissioni di CO2 di origine antropica, il 37% delle quali grazie a piante, suolo e animali. Inoltre, i suoli sani mitigano gli eventi climatici estremi perché fungono da ancoraggio per le radici delle piante che a loro volta proteggono dai venti e garantiscono frescura contro il caldo; inoltre, i terreni sono utili a drenare l’acqua contrastando le inondazioni. Abbiamo quindi davvero bisogno di più suolo e di porre un freno all’urbanizzazione, alla cementificazione, alla deforestazione e all’inquinamento. A questo proposito, qual è la situazione dell’Italia al riguardo? Manco a dirlo, allarmante. Secondo stime del Wwf nazionale, il Paese perde due metri quadri di suolo al secondo. “Per non ripetere altri drammi come quello di Ischia – ha detto Luciano di Tizio, presidente del Wwf Italial’ultima cosa che dobbiamo fare è continuare a costruire”.

Secondo i dati dell’Ispra, nel 2021 è stato raggiunto il valore più alto di consumo del suolo: la media è stata di 19 ettari persi al giorno. Oggi, 21.5000 chilometri quadrati del Paese sono cementificati e soltanto gli edifici occupano una superficie pari alla Liguria. Sul tema, il Wwf ha chiesto al Parlamento e al governo di approvare una legge che favorisca il recupero degli edifici inutilizzati e ostacoli nuove costruzioni nelle aree rimaste libere. Ma in Italia si discute di una legge contro il consumo del suolo dal 2012, che non è mai stata realizzata. Il suolo perso avrebbe garantito l’infiltrazione di oltre 360 milioni di metri cubi di acqua piovana che, non riuscendo a scalfire le superfici di asfalto e cemento, non hanno ricaricato le falde. Così si è aggravata la pericolosità idraulica dei territori: in Italia, tra il 2000 e il 2018, sono morte 417 persone morte a causa del dissesto idrogeologico e, secondo Sigea, oltre al numero delle vittime, bisogna considerare il bilancio complessivo che comprende ventuno dispersi, 679 feriti e 159.184 evacuati.

È bene considerare che l’Italia è un Paese in cui oltre il 16% del territorio è in aree ad elevato rischio idrogeologico e ben 6 milioni di persone vivono in aree di potenziale rischio. A ciò si aggiunge l’assenza di un Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, in stallo dal 2018, che, come preannunciato dal governo Meloni dopo la tragedia di Ischia, dovrebbe essere approvato entro l’anno. Mai come oggi appare urgente non soltanto approvare una norma che faciliti la rigenerazione urbana: soprattutto sarebbe cosa buona e giusta, in particolare dopo il vespaio di polemiche dovuto agli eventi, tragici, degli ultimi tempi, porre uno stop deciso ai condoni, causa di ecomostri e tragedie come l’ultima, tristemente annunciata, di Ischia: ne gioverebbe sia il suolo che la bellezza del Paese.

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