41 bis: lo Stato siamo noi tutti

- di: Redazione
 
Il 41 bis, il regime carcerario duro, che essenzialmente, oltre a imporre più rigide misure di sicurezza, limita in modo sostanziale la possibilità del detenuto ritenuto pericoloso di avere contatti con l'esterno (presupponendo che ci siano ancora e possano essere forieri di azioni criminali), è da qualche giorno tornato al centro di un dibattito. Un regime che colpisce soprattutto gli ''irriducibili'' tra gli ex terroristi e i vertici di consorterie criminali.
Oggi se ne torna a parlare perché un detenuto sottoposto appunto al 41 bis, il capo anarchico Alfredo Cospito, sta attuando da molte settimane uno sciopero della fame che, dicono il suo avvocato, un medico e il garante per i detenuti, ne sta mettendo in serio pericolo la vita.

41 bis: lo Stato siamo noi tutti

Una scelta estrema, che sta diventando una specie di braccio di ferro tra gli anarchici e lo Stato, con quest'ultimo invitato a prendere consapevolezza delle condizioni di Cospito e, quindi, ad alleggerirne la detenzione, o, addirittura, come sostiene una frangia del movimento, di disporne la scarcerazione.
Il problema non resta comunque tra chi chiede o reclama (gli anarchici) e chi si oppone (lo Stato), perché le ragioni di Cospito sono state affidate ad atti violenti, in Italia (manifestazioni degenerate o attentati a presidii delle forze dell'ordine) e all'estero (le intimidazioni alle nostre rappresentanze diplomatica in Grecia, Spagna e Germania), che, semmai ce ne fossero, hanno ristretto sino a cancellarli i margini non di una trattativa, ma di una attenzione alle condizioni fisiche di una persona reclusa. Per la quale magari decidere un regime carcerario meno duro, pur restando la gravità delle accuse che lo hanno giustificato.

Chi ha deciso di portare la violenza anarchica (che potrebbe essere un ossimoro) nelle piazze e fuori dai confini nazionali ha lanciato una sfida allo Stato sapendo di averla già persa in partenza. Perché è impossibile pensare che le Istituzioni si possano piegare ad atti contro uomini e cose dello Stato, che si traducono in un ricatto, come a minacciare che altri e ben più violenti potrebbero seguire.
Dal governo sono giunte solo risposte di netto rifiuto delle pressioni affidate alla violenza, e non è certo questione del ''colore'' dell'esecutivo, perché, anche se animato da altra ideologia, qualsiasi esecutivo non potrebbe che dire un chiaro ed inequivocabile no, come quello arrivato dall'esecutivo di Giorgia Meloni.

Certo, sapere che Alfredo Cospito rischia la vita (secondo le ultime informazioni sulle sue condizioni ha perso decine di chili di peso) è un fatto che tocca la sfera delle emozioni, ma non bisogna dimenticare che è stato dichiarato colpevole di atti di violenza che gli sarebbero costati probabilmente le stesse condanne anche se non avessero avuto una matrice anarchica.
Lo Stato, qualsiasi Stato, ha il dovere di difendere tutti e non potrebbe mai recedere dal rendere afflittiva una condanna perché i sodali di chi è stato ritenuto colpevole scendono in piazza. Perché resta un ricatto, come lo furono le bombe dei terroristi e dei mafiosi stragisti. Lo Stato ha diritto di difendersi, anche se non gli può appartenere la vendetta, che è degli uomini.
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Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
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