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Videogiochi: The Elder Scrolls VI, l’attesa che vale miliardi

- di: Anna Montanari
 
Videogiochi: The Elder Scrolls VI, l’attesa che vale miliardi

Nel lessico dell’industria videoludica globale, il ritardo non è più una colpa ma una strategia. The Elder Scrolls VI incarna meglio di qualsiasi altro titolo questa trasformazione: anni di sviluppo, pochissime informazioni ufficiali e una promessa implicita che vale quanto un bilancio. Non è solo un gioco che tarda ad arrivare, ma un investimento che continua a crescere mentre il prodotto resta fuori dal mercato.

Videogiochi: The Elder Scrolls VI, l’attesa che vale miliardi

A ribadire la linea è Bethesda Game Studios, che attraverso le parole di Todd Howard ed Emil Pagliarulo ha chiarito come lo sviluppo proceda, ma secondo tempi incompatibili con l’ansia dell’uscita rapida. In un’intervista a Game Informer, la direzione dello studio ha spiegato che la pre-produzione lunga e i cicli di lavoro sovrapposti sono parte integrante del metodo. Tradotto: più anni di costi fissi, ma anche maggior controllo sul risultato finale.

Costi che crescono, ricavi che aspettano
Dal punto di vista economico, TES VI è un caso scuola. Migliaia di ore di lavoro, stipendi altamente qualificati, infrastrutture tecnologiche e test continui generano spese senza ritorni immediati. Ma Bethesda scommette su un principio chiave: un titolo-evento, se centrato, ripaga l’attesa con vendite cumulative che durano anni. È una logica da capitale paziente, più vicina alle grandi produzioni cinematografiche che al software tradizionale.

La gestione delle aspettative come capitale
Emil Pagliarulo tocca il nodo più sensibile: le aspettative dei giocatori. Anticipare l’uscita significherebbe monetizzare prima, ma al prezzo di un rischio reputazionale enorme. Un The Elder Scrolls VI percepito come incompleto danneggerebbe un marchio che vale molto più delle vendite del day one. Per Bethesda, proteggere il brand è una forma di assicurazione sul futuro.

L’effetto Rockstar e la nuova normalità dei rinvii
Non è un caso che Pagliarulo richiami le scelte di Rockstar Games con Grand Theft Auto VI. Nell’alta fascia del mercato, i rinvii non sono più segnali di crisi ma strumenti di governo industriale. Meglio posticipare che bruciare valore. Il pubblico protesta, ma resta. E questa fedeltà è diventata una variabile economica centrale.

L’attesa come vantaggio competitivo
Dietro la metafora della “cottura lenta” evocata da Howard c’è una realtà precisa: più il mondo di gioco è grande, più il tempo diventa parte del prodotto. Open world complessi, sistemi narrativi stratificati e tecnologie avanzate impongono cicli lunghi. In cambio, promettono longevità e ricavi estesi nel tempo, tra vendite, riedizioni e nuove piattaforme.

Un’industria che punta su pochi colossi
Il caso The Elder Scrolls VI racconta un settore che ha cambiato pelle. Meno titoli, più costosi, più rischiosi, ma capaci di sostenere interi bilanci. In questo quadro, il silenzio di Bethesda non è un vuoto comunicativo, ma una scelta: trasformare l’attesa in valore economico e il tempo nel vero motore della crescita.

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