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Via alla vendemmia anticipata tra caldo record e minaccia dei dazi Usa

- di: Jole Rosati
 
Via alla vendemmia anticipata tra caldo record e minaccia dei dazi Usa
Si raccolgono le prime uve in Sicilia. Produzione in aumento, qualità alta, ma il vino italiano rischia sul mercato americano da 14 miliardi.

Un’annata che comincia sotto il sole rovente

La vendemmia 2025 è iniziata in anticipo in Sicilia, con la raccolta dei primi grappoli di Pinot nero destinati agli spumanti nelle campagne trapanesi. Il caldo anomalo ha accelerato la maturazione, anticipando i tempi per il secondo anno consecutivo. Secondo Coldiretti, la produzione si attesterà intorno ai 45 milioni di ettolitri, in crescita rispetto ai circa 41 milioni dell’anno scorso. La qualità delle uve viene giudicata “tra il buono e l’ottimo”, ma il bilancio definitivo si farà – come da tradizione – a San Martino, l’11 novembre.

L’avvio precoce è un segnale evidente di come il cambiamento climatico stia ridisegnando i ritmi della viticoltura italiana. Le temperature elevate hanno favorito la maturazione ma hanno anche aumentato i costi per irrigazione e difesa fitosanitaria. A differenza degli anni peggiori, però, i danni da malattie come peronospora e oidio sono stati contenuti, così come gli attacchi di insetti alieni.

Differenze regionali, rese altalenanti

Non mancano però le criticità sul territorio. Nel Lazio si prevede una lieve contrazione della produzione, mentre nelle Marche la siccità preoccupa soprattutto tra Pesaro e Ancona. In Calabria, invece, l’annata è positiva, con l’eccezione del Crotonese, dove le gelate primaverili potrebbero aver compromesso fino al 20% del raccolto.

Meglio la Puglia, dove si stima un aumento produttivo del 20% rispetto al 2024. In Trentino-Alto Adige, al contrario, la vendemmia inizierà nei tempi consueti, senza anticipo, con una crescita stimata intorno al 5%.

Il calendario delle operazioni seguirà l’ordine tradizionale: dopo Pinot e Chardonnay, ad agosto toccherà agli altri bianchi, poi a settembre e ottobre le grandi uve rosse come Sangiovese, Montepulciano e Nebbiolo. Le ultime saranno le varietà tardive come Aglianico e Nerello, che si raccoglieranno a novembre.

Il vino italiano alla prova dei dazi Usa

La vendemmia parte in un momento delicato per il settore. A partire dal 1° agosto, gli Stati Uniti applicheranno un dazio del 15% sui vini europei. La misura è una ritorsione alla politica agricola dell’Ue che penalizzerebbe i produttori americani.

Secondo Coldiretti, il comparto del vino in Italia vale oltre 14 miliardi di euro, con 241mila aziende su 675mila ettari e 1,3 milioni di addetti, tra agricoltura, cantine, commercio e logistica. Gli Stati Uniti sono il primo mercato extra-Ue per l’export italiano, e un dazio del 15% rischia di colpire duramente le vendite.

L’Unione Italiana Vini ha stimato perdite potenziali superiori ai 300 milioni di euro annui. L’effetto immediato è già visibile: importatori statunitensi chiedono sconti per assorbire i maggiori costi, riducendo i margini dei produttori italiani.

L’allarme dei territori: “Serve una strategia”

Il presidente del Consorzio Valpolicella, Christian Marchesini, ha spiegato che le etichette più vulnerabili saranno i vini meno premium come il Valpolicella base e il Ripasso: “L’Amarone può reggere meglio, ma il resto della gamma rischia grosso”.

In Toscana, i produttori di Chianti e Brunello stanno valutando campagne promozionali mirate e contratti diretti con importatori canadesi e asiatici per compensare eventuali cali in Nord America.

La filiera teme anche le incertezze legate al ritorno dei dazi “trumpiani”, che minano la stabilità del commercio transatlantico. Il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida ha detto: “L’Italia farà valere la qualità dei suoi prodotti. Ma serve una politica commerciale europea più solida e meno esposta ai capricci di Washington”.

Il settore tiene, ma servono investimenti mirati

La resistenza del settore vitivinicolo italiano è ammirevole, ma il rischio è che si adatti a un equilibrio più fragile. Le imprese che possono contare su export diversificato, alta qualità e marchi forti reggeranno meglio. Quelle piccole, spesso più esposte sul mercato Usa, dovranno fare i conti con contrazione dei ricavi e incertezza di programmazione.

La Coldiretti chiede un piano nazionale di sostegno per la promozione sui mercati terzi e per investimenti in sostenibilità. Anche perché i cambiamenti climatici continueranno a incidere. Lo stesso anticipo della vendemmia, che oggi appare gestibile, in prospettiva potrebbe creare squilibri nei cicli vegetativi delle piante e nella composizione zuccherina delle uve.

Una sfida che si gioca su più fronti

La vendemmia 2025 racconta un’Italia che non si arrende. Nonostante il caldo record, la siccità a macchia di leopardo, le minacce commerciali e i margini sempre più compressi, le imprese vitivinicole italiane rispondono con forza, capacità di adattamento e qualità.

Il banco di prova sarà nei prossimi mesi: tra settembre e novembre arriveranno le grandi uve rosse e i primi dati consolidati sull’export. E proprio in quei mesi si capirà se la vendemmia anticipata sarà anche una vendemmia vincente.

Intanto, il vino italiano continua a essere una bandiera del Made in Italy nel mondo. Ma oggi più che mai servono strategie lungimiranti, regole certe e un’Europa capace di proteggere i propri campioni economici senza paura.

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