Vatican Chapels, la Santa Sede alla XVI biennale di architettura

- di: Francesco d'Alfonso
 

Dopo le esperienze del 2013 e del 2015 all’Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia, la Santa Sede parteciperà quest’anno, per la prima volta, alla Biennale di Architettura, che aprirà al pubblico il prossimo 26 maggio. Un padiglione diffuso, sviluppato nella suggestiva cornice del bosco dell’Isola di San Giorgio Maggiore, a Venezia, che non prevede rappresentazioni grafiche o modelli, ma una vera e propria sequenza di cappelle, dieci per l’esattezza. Modello del progetto – promosso dal cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, e curato dallo storico dell’architettura Francesco Dal Co – è la “Cappella nel bosco” costruita nel 1920 da Gunnar Asplund nel cimitero di Stoccolma.

«Il numero delle cappelle è simbolico perché esprime quasi un decalogo di presenze incastonate all’interno dello spazio – chiarisce il cardinale Ravasi –. Sono simili a voci fatte architettura che risuonano con la loro armonia spirituale nella trama della vita quotidiana. Per questo la visita alle dieci Vatican Chapels è una sorta di pellegrinaggio non solo religioso ma anche laico, condotto da tutti coloro che desiderano riscoprire la bellezza, il silenzio, la voce interiore e trascendente, la fraternità umana, ma anche la solitudine del bosco ove si può cogliere il fremito della natura che è come un tempio cosmico».

Dieci architetti di comprovata esperienza e diversa formazione sono stati invitati a proporre e realizzare ciascuno una cappella, indagando le possibilità offerte dai differenti materiali: Andrew Berman (USA), Francesco Cellini (Italia), Javier Corvalàn (Paraguay), Eva Prats e Ricardo Flores (Spagna), Norman Foster (UK), Teronobu Fujimori (Giappone), Sean Godsell (Australia), Carla Juacaba (Brasile), Smiljan Radic (Cile), Eduardo Souto de Moura (Portogallo), mentre Francesco Magnani e Traudy Pelzel sono gli autori del settore che ospiterà la mostra dei disegni di Gunnar Asplund per la Skogskapellet, la “Cappella nel bosco” a Stoccolma. Ciascuno di loro è stato scelto «proprio per rappresentare questa “incarnazione” del tempio nella storia – continua Ravasi –, il dialogo con la pluralità delle culture e delle società e per confermare la cattolicità, cioè l’universalità della Chiesa».

Particolare attenzione, nella progettazione e nella realizzazione delle strutture, sarà data anche alla possibilità di riutilizzare le cappelle dopo l’esposizione, nella tutela e nel rispetto dello spazio naturale circostante.
«La richiesta rivolta agli architetti invitati ha implicato una sfida inusuale – spiega il professor Dal Co – poiché ai progettisti è stato chiesto di confrontarsi con un tipo edilizio che non ha precedenti né modelli. Le cappelle progettate saranno isolate e accolte da un ambiente naturale del tutto astratto, connotato unicamente dal suo emergere dalla laguna e dal suo aprirsi sull’acqua. Nel bosco dove il “Padiglione Asplund” e le cappelle verranno collocati – aggiunge il curatore del Padiglione della Santa Sede – non vi sono mete e l’ambiente è soltanto una metafora del peregrinare della vita. Questa metafora, nel caso specifico, è ancora più radicale di quella configurata da Asplund, che costruì la sua cappella tra gli alberi, ma all’interno di un cimitero. Per queste ragioni, gli architetti del Padiglione – conclude Dal Co – hanno lavorato senza alcun riferimento ai canoni comunemente riconosciuti e senza poter contare su alcun modello dal punto di vista tipologico, come dimostra la varietà, solo in apparenza sorprendente, dei progetti da loro elaborati». Il Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura spiega che la partecipazione della Santa Sede alla Biennale di Architettura – come già alle due precedenti Biennali d’Arte – rappresenta un’inversione di tendenza rispetto al passato recente, che ha registrato un crescente allontanamento dell’arte dalla fede.
«Si tratta di un percorso certamente arduo e complesso, che si nutre ancora di mutui sospetti ed esitazioni e persino di timori di eventuali degenerazioni – afferma Ravasi –. È un dialogo che in architettura ha già registrato tappe significative e che, a livello generale, è iniziato già a metà del secolo scorso non solo attraverso l’opera di teologi e di pastori ecclesiali sensibili, ma anche nella voce dello stesso magistero ufficiale della Chiesa, con Paolo VI, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI, e che continua oggi con papa Francesco».

Tra le iniziative promosse dal Pontificio Consiglio della Cultura nell’ambito della partecipazione della Santa Sede alla Biennale Architettura, il prossimo 21 settembre ci sarà un evento organizzato dal “Cortile dei Gentili”, durante il quale quattro architetti di fama internazionale si confronteranno tra loro e con il pubblico: un’ulteriore occasione, questa, per mostrare quanto possa essere fecondo il dialogo tra architettura e spiritualità.

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