L’università italiana mette a segno un avanzamento significativo nella corsa globale alla sostenibilità. Nella nuova edizione del Qs World University Rankings: Sustainability 2026, l’Italia porta in classifica 57 atenei, cinque dei quali al debutto. È un numero che colloca il Paese tra quelli più presenti nel ranking — circa 200 istituzioni da 106 Paesi — e fotografa un sistema che aumenta il proprio livello di partecipazione e di competitività.
L’università italiana accelera sulla sostenibilità: 57 atenei nella classifica Qs 2026
Non è solo una questione numerica: 16 università migliorano la loro posizione, sei tengono la stessa, e diversi atenei centrano la migliore performance della loro storia. Tra questi figurano il Politecnico di Milano, l’Università Bocconi, l’Università di Trento, l’Università Politecnica delle Marche, Roma Tre, Salerno e l’Aquila. Una tendenza che si irrobustisce nonostante un contesto internazionale più affollato e selettivo: quest’anno, infatti, oltre 250 nuove università sono entrate nel ranking globale.
L’effetto delle politiche nazionali
Il miglioramento del sistema universitario non avviene nel vuoto. Gli analisti di Qs lo leggono come un riflesso di una più ampia trasformazione in corso nel Paese, sospinta da tre direttrici di policy: il Pnrr, il Green Deal europeo, il Pniec.
Gli investimenti canalizzati attraverso questi strumenti stanno finanziando progetti sulla transizione energetica, gli interventi di efficientamento, le infrastrutture digitali, la ricerca e le competenze “verdi”. Le università — tradizionalmente motore dell’innovazione e dell’upskilling — si stanno collocando al centro di questo processo. Rafforzano la governance ambientale dei campus, allargano i progetti interdisciplinari sul clima, integrano la sostenibilità nei piani di studio e adottano metriche più rigorose nel reporting.
L’onda lunga di questa stagione di riforme sta disegnando un cambiamento strutturale, che va oltre i singoli posizionamenti: l’ecosistema accademico italiano appare oggi più consapevole del proprio ruolo e più capace di interagire con le linee strategiche nazionali ed europee.
Le tensioni della competizione globale
Con l’ingresso massiccio di nuove istituzioni, la classifica 2026 presenta un livello di concorrenza mai sperimentato nelle precedenti edizioni. Gli esperti parlano di “volatilità fisiologica”: l’ampliamento del perimetro, insieme all’invio di dataset più completi da parte degli atenei, ha portato a un affinamento di molte posizioni.
Il quadro italiano resta comunque orientato al miglioramento. Agli estremi superiori della lista, gli atenei più consolidati non solo reggono l’urto della competizione internazionale, ma in alcuni casi rafforzano la loro capacità di attrazione. Nella fascia intermedia si osserva un fenomeno nuovo: un allargamento della partecipazione, con istituzioni che fino a pochi anni fa non figuravano nel ranking e che oggi recuperano terreno verso la media europea. Più sotto, aumenti significativi indicano che anche le università di dimensione minore stanno beneficiando della spinta complessiva.
La leva della sostenibilità come fattore di sistema
Il ranking, nelle sue varie dimensioni — impatto ambientale, impatto sociale, governance — non misura solo l’aderenza degli atenei agli standard internazionali. Fotografando il capitale intellettuale prodotto dalle università, descrive anche la capacità degli ecosistemi territoriali di agganciare la transizione verde.
Per l’Italia la sfida è particolarmente rilevante. Il Paese ha avviato un massiccio processo di riallineamento agli obiettivi europei, ma rimane sotto pressione su vari fronti: produttività, costi dell’energia, capacità di innovazione delle filiere. In questo contesto, la performance universitaria diventa un indicatore anticipatore del potenziale trasformativo: una rete accademica più competitiva, più internazionale e meglio strutturata sulla sostenibilità contribuisce ad alimentare lo stock di competenze richieste dalle imprese.
Un sistema che cambia volto
La classifica Qs 2026, pur con i suoi limiti, consegna l’immagine di un sistema in evoluzione. L’università italiana non si muove più in ordine sparso: costruisce alleanze, attiva partenariati pubblico–privati, valorizza la verticalizzazione disciplinare senza perdere di vista la necessità di approcci integrati.
Il messaggio più evidente è che la sostenibilità sta diventando un criterio di posizionamento strategico, non solo reputazionale. La pressione competitiva globale non è destinata a diminuire, ma l’Italia mostra di avere imboccato un percorso che, per la prima volta da anni, la rende più riconoscibile e più presente sulla mappa internazionale della ricerca.