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Tajani accelera: “La legge sul consenso va approvata. Basta violenza, è questione culturale”

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Tajani accelera: “La legge sul consenso va approvata. Basta violenza, è questione culturale”

Antonio Tajani decide di non lasciare margini di incertezza: la legge sul consenso “libero e attuale” – quella che definisce violenza sessuale ogni atto compiuto senza un sì chiaro e presente – deve andare avanti. E lo dice con toni che segnano una scelta politica precisa. “Siamo favorevoli alla legge, c’è qualche aggiustamento normativo, ma va assolutamente approvata”, afferma il ministro degli Esteri a “Mattino Cinque News”, mettendo il sigillo del Governo su un testo che divide la maggioranza e infiamma il dibattito pubblico. Tajani, che difficilmente interviene su questioni di giustizia a meno che non intraveda un’urgenza politica e sociale, sceglie di farlo adesso. Perché la cronaca lo impone e l’opinione pubblica anche.

Tajani accelera: “La legge sul consenso va approvata. Basta violenza, è questione culturale”

Il ministro non nasconde la gravità del contesto. “La linea è quella: protezione assoluta delle donne, troppi femminicidi. Basta stupri, basta violenza”. Una sequenza di parole che colpisce come una staffilata e restituisce l’immagine di un Paese che continua a contare vittime, spesso annunciate, troppo spesso ignorate. Tajani incrocia dati e politica: il numero dei femminicidi cresce, l’indignazione si ripete, ma la risposta istituzionale fatica a tenere il passo. Da qui la scelta di sostenere apertamente la riforma, inserendola in un quadro più ampio, che non riguarda soltanto la definizione giuridica del consenso. E che non può limitarsi a inasprire norme o pene, perché – dice – non sarebbe sufficiente.

Il nodo culturale prima di quello penale
È in questo passaggio che Tajani sposta il baricentro del discorso: “È anche una questione culturale, non solo penale”. Un’affermazione che, letta nella sua semplicità, tocca il cuore del problema. Perché la violenza non nasce nelle aule dei tribunali, ma ben prima: nelle case, nelle relazioni, nei modelli educativi che i bambini interiorizzano. E Tajani lo esplicita: “Dobbiamo cominciare dai bambini a spiegare che la mamma va rispettata, la sorella va rispettata e che non ci sono differenze fra uomo e donna”. La responsabilità si fa collettiva. La scuola, la famiglia, i media: per il ministro devono diventare parte integrante di una strategia che non si limiti a intervenire quando il danno è già fatto.

Il messaggio politico alla maggioranza
Dietro le parole, tuttavia, c’è anche una dinamica interna. La legge sul consenso non è un testo neutro: divide, per ragioni politiche e culturali, parte della maggioranza. C’è chi teme un appesantimento normativo, chi vede rischi interpretativi, chi teme un cambio troppo radicale del paradigma giuridico. Intervenendo in diretta tv, Tajani manda un segnale: la posizione del Governo deve essere unitaria, e la riforma va portata a casa. Non una generica simpatia, ma un impegno esplicito. Un modo per chiudere un fronte interno prima che diventi una crepa evidente.

L’eguaglianza come punto fermo
Il ministro chiude il suo intervento con una frase che suona come una dichiarazione di principio, quasi un manifesto civile: “L’uomo non è superiore alla donna, siamo tutte persone e abbiamo tutti gli stessi diritti”. Parole semplici, volutamente elementari, che intercettano un pubblico più ampio della sola platea politica. Non sono slogan, ma un messaggio diretto, pensato per essere ripetuto. È la cornice valoriale che Tajani vuole associare alla riforma: non un tecnicismo giuridico, ma un passo verso un Paese più moderno. E più giusto.

La posta in gioco per il Governo
La legge sul consenso diventa così un terreno decisivo per testare la capacità dell’esecutivo di rispondere a una delle grandi emergenze sociali italiane: la violenza contro le donne. Non è una riforma qualunque. Ha un valore simbolico, politico, culturale. Chi la sostiene deve dimostrare di voler cambiare davvero la narrazione pubblica sul tema. Chi la ostacola rischia di ritrovarsi fuori tempo rispetto alla sensibilità del Paese. Tajani, rompendo gli indugi, tenta di dare una direzione. Ora la maggioranza dovrà verificare se seguirlo o continuare a procedere in ordine sparso. Perché, nella lotta alla violenza di genere, le mezze misure non bastano più.

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