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Taiwan, il braccio di ferro sale di livello: armi Usa e razzi cinesi

- di: Bruno Coletta
 
Taiwan, il braccio di ferro sale di livello: armi Usa e razzi cinesi

Tra maxi-commesse, esercitazioni a fuoco vivo e avvertimenti politici: lo Stretto torna a “scottare”.

Due mosse, una reazione a catena. Da un lato Washington che mette sul tavolo nuove forniture militari per Taiwan; dall’altro Pechino che alza il volume con esercitazioni a fuoco vivo attorno all’isola e un messaggio politico senza fronzoli. Il risultato è un nuovo picco di tensione nello Stretto, dove ogni annuncio è un segnale e ogni segnale diventa un test di nervi.

Wang Yi: una linea dura e senza sfumature

Il tono lo ha dato il ministro degli Esteri cinese Wang Yi, intervenendo a Pechino mentre le manovre militari entravano nel loro secondo giorno. La linea ufficiale è netta: le vendite di armi Usa a Taiwan vengono considerate una provocazione e un incentivo alle forze “separatiste”.

Wang ha ribadito che Pechino intende reagire con decisione alle forniture statunitensi e ha avvertito che ogni tentativo di ostacolare l’unificazione con Taiwan sarebbe destinato a fallire.

Le esercitazioni: il messaggio militare attorno all’isola

La cornice militare non è di routine. Le manovre sono state descritte come ampie e complesse, con attività in mare e in aria e una forte componente dimostrativa. Nelle ricostruzioni internazionali, il focus operativo includerebbe scenari che ricordano la logica del blocco e l’addestramento a ingaggiare obiettivi in ambiente marittimo e aereo.

Nel corso della giornata sono circolate segnalazioni anche su lanci missilistici e su detriti caduti in aree sensibili attorno allo Stretto: elementi che, anche quando non alterano gli equilibri sul campo, hanno un impatto immediato sul clima politico e sulla percezione del rischio.

Taipei: allerta alta e condanna delle “provocazioni”

Le autorità taiwanesi hanno risposto con la doppia leva: monitoraggio militare e condanna pubblica. Da Taipei la lettura è che queste manovre siano intimidazioni e provocazioni capaci di destabilizzare la regione. La comunicazione ufficiale insiste su due parole chiave: prontezza e normalità, per evitare che l’escalation narrativa produca panico o un senso di accerchiamento ingestibile.

Il detonatore: la partita delle armi Usa

Nel racconto cinese, la “causa scatenante” è l’ennesimo passo militare tra Stati Uniti e Taiwan. I pacchetti di assistenza e vendita di armi vengono interpretati da Pechino come una violazione dello spirito dei rapporti con Washington e come un sostegno politico implicito all’autonomia dell’isola.

Dal punto di vista americano, la logica dichiarata è opposta: rafforzare la deterrenza e aumentare il costo di qualsiasi opzione militare, privilegiando capacità considerate “asimmetriche”, mobili e reattive.

Il sottotesto: deterrenza, linee rosse e propaganda

Dietro la cronaca, c’è una partita di strategia. Pechino vuole dimostrare di poter circondare l’isola e “stressare” le sue rotte; Washington punta a rendere Taiwan più difficile da colpire. L’effetto collaterale è che ogni passo di deterrenza viene letto come escalation dall’altra parte.

La politica: minimizzare o alzare il tono

Nel mezzo, la politica americana tende a non apparire trascinata dal ritmo cinese, alternando rassicurazioni e messaggi di fermezza. Anche la comunicazione cinese segue una traiettoria codificata: definire la questione Taiwan come identitaria e non negoziabile, trasformando ogni episodio in una prova di volontà.

Non sono preoccupato

Perché adesso: il calendario del rischio

La tempistica pesa: esercitazioni e annunci sulle forniture militari si alimentano a vicenda, soprattutto quando avvengono a breve distanza. In questi passaggi la Cina tende a dimostrare che la pressione militare può salire in poche ore; Taiwan risponde alzando l’allerta e ribadendo la propria resilienza; gli Stati Uniti mantengono il sostegno senza trasformare ogni episodio in una crisi formale.

Cosa aspettarsi: tensione “gestita”, ma più pericolosa

La traiettoria più probabile è una tensione persistente, con picchi legati a forniture militari, visite politiche e momenti di frizione diplomatica. L’elemento più delicato resta il rischio di incidenti: più mezzi in mare e in aria significano più possibilità di errore, fraintendimenti o contatti ravvicinati che costringono le leadership a reagire in pubblico.

Per ora, la fotografia è questa: armi Usa come moltiplicatore di deterrenza per Taiwan; fuoco vivo cinese come dimostrazione di forza e avvertimento politico; retorica di Wang Yi che inchioda la questione a una promessa: Pechino non intende arretrare sul dossier che considera identitario.

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