La transizione ecologica rischia di frenare per mancanza di fondi. È questo il messaggio che accompagnerà l’apertura degli Stati Generali della Green Economy 2025, in programma domani e mercoledì a Rimini, nell’ambito di Ecomondo, il principale evento italiano dedicato alla sostenibilità.
Stati Generali Green Economy 2025: “Servono più risorse per la transizione ecologica"
Promossi dal Consiglio Nazionale della Green Economy e dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, gli Stati Generali rappresentano da oltre dieci anni il punto di incontro tra istituzioni, imprese e mondo della ricerca impegnati nel percorso verso un’economia decarbonizzata, circolare e rigenerativa.
Al centro dell’edizione 2025 ci sarà la presentazione della Relazione sullo stato della green economy, che offrirà una fotografia aggiornata dei progressi (e dei ritardi) dell’Italia e dell’Europa di fronte alla sfida climatica e alla competizione globale.
Europa in bilico tra ambizione verde e taglio ai fondi
Il documento contiene un focus sull’evoluzione della green economy europea, in un contesto geopolitico segnato da due tendenze opposte: la retromarcia del presidente americano Donald Trump su politiche ambientali e accordi climatici e, al contrario, l’accelerazione della Cina, che sta investendo massicciamente nelle tecnologie pulite e nella produzione di batterie, pannelli fotovoltaici e veicoli elettrici.
L’Europa, che secondo i climatologi è il continente che si sta riscaldando più rapidamente, vede crescere la pressione per mantenere la rotta del Green Deal, ma con risorse economiche sempre più limitate.
Il 2024 è stato l’anno più caldo degli ultimi 100mila anni, con una temperatura media di +1,6°C rispetto ai livelli preindustriali.
Gli eventi meteorologici estremi collegati alla crisi climatica hanno causato danni per 738 miliardi di euro tra il 1980 e il 2023, secondo le stime contenute nel rapporto. Allo stesso tempo, nel solo 2024 l’Unione europea ha speso 375,9 miliardi di euro per importare combustibili fossili, una dipendenza che continua a pesare sulla competitività del continente.
Il nodo delle risorse europee
La Relazione sottolinea con preoccupazione come la proposta di Quadro Finanziario Pluriennale (QFP) 2028–2034, presentata dalla presidente Ursula von der Leyen, preveda una riduzione della quota destinata agli investimenti verdi.
Il nuovo Fondo Europeo per la Competitività, previsto all’interno del QFP, disporrà di una dotazione di 409 miliardi di euro, da suddividere in cinque macro-settori:
- Transizione verde e decarbonizzazione,
- Transizione digitale,
- Salute,Biotecnologie, agricoltura e bioeconomia,
- Difesa e spazio, a cui andranno 131 miliardi, pari al 32% del fondo.
Una scelta che, secondo gli esperti del Consiglio della Green Economy, rischia di ridimensionare l’impatto del Green Deal.
Anche l’incremento del programma europeo Horizon Europe, che salirà a 175 miliardi di euro per la ricerca e l’innovazione, non sarà sufficiente a compensare la carenza di risorse dirette per la transizione ambientale.
Un appello a un nuovo patto finanziario verde
Il vero problema, osservano gli organizzatori, è la modestia della raccolta di risorse europee aggiuntive destinate a finanziare il nuovo bilancio pluriennale: appena 58,5 miliardi di euro all’anno.
Una cifra “insufficiente a sostenere la portata della trasformazione necessaria”, come sottolinea la Relazione.
Da qui, la proposta – rilanciata anche da Mario Draghi nel suo recente intervento a Bruxelles – di ricorrere a strumenti comuni di finanziamento europeo, come gli Eurobond, per sostenere investimenti strategici nel clima e nell’energia.
Tra le opzioni suggerite figurano inoltre una global minimum tax europea e una digital tax dedicata, per creare un flusso stabile di entrate proprie da destinare ai progetti green.“La transizione ecologica è un investimento, non un costo – ricordano dal Consiglio Nazionale della Green Economy –. Senza un quadro finanziario solido, l’Europa rischia di perdere la leadership industriale e climatica che ha costruito negli ultimi dieci anni”.
L’Italia tra ritardi e opportunità
Sul fronte italiano, il rapporto individua segnali positivi, ma anche criticità strutturali. L’adozione crescente di energie rinnovabili, la diffusione di pratiche di economia circolare e la crescita della green tech nazionale rappresentano punti di forza, ma gli investimenti pubblici e privati restano ancora troppo bassi rispetto agli obiettivi al 2030.
Secondo i dati della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, l’Italia investe in media l’1,4% del Pil annuo in transizione verde, contro una media europea del 2,2%.
Per accelerare, servirebbe un piano di incentivi mirati, l’uso più efficace dei fondi del Pnrr e un rafforzamento della filiera industriale nazionale in settori strategici come batterie, idrogeno verde e biotecnologie.
Un confronto decisivo per la strategia europea
Durante i due giorni di lavori a Rimini, rappresentanti delle istituzioni, economisti e imprese discuteranno di competitività sostenibile, finanza verde e politiche industriali.
L’obiettivo è fornire al governo e all’Unione europea una roadmap condivisa per sostenere la transizione senza rallentarne la velocità.
“Non possiamo permetterci una retromarcia sul Green Deal – avvertono gli organizzatori –. Ogni euro investito oggi in sostenibilità genera risparmi futuri in salute, innovazione e sicurezza energetica. Ma servono scelte coraggiose, e servono ora”.