Perché lavorare se si può guadagnare coi social? Cosa fare per mollare l'ufficio e usare le piattaforme

- di: Barbara Bizzarri
 
Gli stipendi italiani sono la vergogna d’Europa: bassi, bassissimi, i più miseri dell’Unione, inchiodati a loro stessi, non aumentano di un centesimo neanche per miracolo. Peggio va ai giovani, quindi non c’è da sorprendersi se molti disdegnano il semplice, sputtanato e usurante lavoro in azienda (o in fabbrica, o in qualsiasi luogo fisico) per provare a fare soldi sui social. Facciamo un po’ di conti: lo stipendio medio di un giovane in Italia tra i 18 e i 24 anni è poco più di mille euro al mese; a un anno dalla laurea triennale sono 1.332 euro, magistrale 1.366 euro, soprattutto se dice bene. Cifre ridicole non soltanto a sé stanti valutando l’attuale costo della vita, ma anche e soprattutto se rapportate ai guadagni di un influencer purchessia ma ben piazzato, o dei tanti più o meno vip che si sono riciclati sui social e astutamente pubblicano video e post sulle proprie passioni, che siano cosmesi, moda, videogiochi, musica, diritti civili, sport, serie tv, oppure sfruttando le proprie doti, magari fisiche, grazie anche un po’ di softporn su OnlyFans.

Perché lavorare se si può guadagnare coi social? Cosa fare per mollare l'ufficio e usare le piattaforme

Un’azienda specializzata in strategia di comunicazione e marketing sui social, DeRev, ha fatto qualche ricerca per appurare come guadagnare 2.000 euro lordi al mese. Innanzitutto va detto che i guadagni di un creator sono composti in percentuale dai pagamenti diretti da parte delle piattaforme (per esempio per la pubblicità che scorre sul video), per un’altra percentuale da collaborazioni con i brand per la sponsorizzazione dei prodotti, poi ancora dal sostegno dei follower (quando gli utenti pagano per abbonarsi al canale, o per mettere in evidenza i propri commenti nelle dirette streaming oppure fare regali virtuali convertibili poi in denaro vero). Essenziale avere 18 anni di età o essere autorizzati dai genitori, ma a parte questo aggirabile scoglio, ecco la lista dettagliata di quanto e come si può guadagnare sui social più conosciuti e usati.
Si inizia dal decano di tutti: Youtube, dove, per guadagnare con la pubblicità inserita su un video è necessario avere un minimo di 1.000 iscritti al canale e oltre 4 mila ore di visualizzazione negli ultimi 12 mesi o 10 milioni di visualizzazioni dei video da 60 secondi (short) negli ultimi 90 giorni.

Con 3.000 follower si assurge al rango di nano-influencer, tra 10 mila e 50 mila, micro-influencer: a queste condizioni il ricavo medio dalla pubblicità ogni mille visualizzazioni può essere di 2,80 euro che vuol dire che con circa 250 mila visualizzazioni si guadagnano 700 euro; dalle collaborazioni con i brand che pagano per sponsorizzare un loro prodotto altri 1.200 euro per un solo contenuto (60% dei guadagni); dal sostegno di un centinaio di follower con abbonamenti a 0,99 euro possono essere ancora altri 100 euro al mese (5% dei guadagni).
Instagram attualmente non paga direttamente i creator, ma con 150.000 follower si possono incassare dalla collaborazione con un brand 2.000 euro a video/post (98% dei guadagni); una seconda entrata economica molto residuale può provenire dal sostegno dei follower più fidelizzati all’interno delle dirette streaming (2% dei guadagni).

Il preferito dai più giovani per ora resta TikTok, che ha un fondo per creator e può pagare dai 2 ai 4 centesimi per 1.000 visualizzazioni, dunque 20-40 euro per 100 mila visualizzazioni al mese, il minimo per ricevere denaro (3% dei guadagni). Con 200 mila follower e un profilo specializzato, si possono ottenere dai brand 1.800 euro a contenuto (87% dei guadagni), e con le dirette streaming per rispondere a domande, o esibirsi in ciò che si ama fare (nei limiti del legale), si possono ricevere monete virtuali che, convertite in denaro da TikTok, possono aggiungere altri 200 euro al mese (10% dei guadagni).

OnlyFans, strombazzatissimo dai media italici non si capisce per quale ragione, fa guadagnare con il numero di abbonati: con 500 abbonati disposti a pagare un canone mensile di 4,99 euro i ricavi arrivano a 2.500 euro al mese, da cui scalare la commissione del 20% della piattaforma. Molto dibattute le foto di piedi.

Su Twitch (Amazon, specializzata in contenuti sui videogiochi) sono sufficienti 300 abbonati al canale a 3,99 euro ciascuno per raggiungere i 1.200 euro lordi al mese, ma bisogna trasmettere per almeno 25 ore mensili per almeno 12 giorni, totalizzando una media di 75 spettatori simultanei (60% dei guadagni); se le dirette hanno una community più numerosa si può essere cercati dai brand e ottenere così altri 750 euro (35%). È possibile anche pubblicare la stessa diretta sul proprio canale YouTube e monetizzare di conseguenza. Terza e ultima fonte di incasso, gli introiti pubblicitari per 50 euro al mese (5% dei guadagni): Twitch distribuisce quote delle entrate pubblicitarie (circa il 55%) generate dagli spot che vengono trasmessi sul canale del creator che stabilisce la durata e la frequenza delle inserzioni che possono comparire durante la riproduzione del video.

Dunque: pubblicizzando passioni e/o fortune si guadagna al netto quanto in ufficio senza muoversi da casa o forse di più, e se si ha talento è possibile raggiungere cifre da capogiro. Il numero esatto di chi ce la fa lo conoscono soltanto le piattaforme, che però ovviamente non lo dicono. In Italia circa 200 canali YouTube hanno più di un milione di iscritti; 2.500 canali ne hanno più di 100 mila; e 19 mila canali più di 10 mila iscritti, tutti in crescita. In ogni caso, si arriva a monetizzare dopo mesi, se non anni di lavoro duro e gratuito, e può bastare un nonnulla per perdere credibilità e follower. Non tutte le prestazioni prevedono l’emissione di una fattura, anzi sono molto più gettonate le vacanze gratis in cambio di pubblicità per l’albergo o il resort ma, per quanto riguarda le tasse, si tratta di eroi con partita Iva: se non vengono superati gli 85 mila euro annui, è possibile rientrare nel regime forfettario che prevede un’imposta sostitutiva con aliquota al 5% per i primi 5 anni e successivamente del 15%.

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Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
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