CISL, Sbarra: "Prolungare il blocco dei licenziamenti fino a fine pandemia"

- di: Redazione
 
Italia Informa ha intervistato Luigi Sbarra, Segretario Generale della CISL, alla vigilia delle manifestazioni per il Primo Maggio.

Domani i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil terranno le manifestazioni ufficiali per il Primo Maggio in tre diverse località. Lei farà il suo intervento all'Ospedale dei Castelli in località Fontana di Papa in provincia di Roma. Una scelta significativa perché, mai come in questi mesi, il settore della Sanità pubblica reclama un'attenzione che gli è stata negata per troppo tempo, una cosa per cui abbiamo pagato un prezzo altissimo. Come, a suo avviso, sarà possibile per la Sanità pubblica recuperare il troppo tempo perduto?

Sì, abbiamo scelto una struttura ospedaliera in prima linea contro il Covid ed oggi anche centro di vaccinazione, perché, in questo Primo Maggio di speranza e di mobilitazione, non dobbiamo dimenticare il sacrificio ed il senso di responsabilità del personale sanitario dimostrato durante questi drammatici mesi di pandemia. Medici, infermieri, personale ausiliario, volontari della Croce Rossa hanno pagato un prezzo altissimo in termini di vite umane per prestare le cure necessarie ai malati di Covid. Sono persone straordinarie di grande umanità e competenza che meritano molto più della solidarietà dalle istituzioni e dai datori di lavoro. Sappiamo che nulla sarà come prima dopo questa emergenza sanitaria. Dobbiamo utilizzare le risorse del Recovery plan per investire molto di più nel nostro modello di sanità pubblica, assumere giovani medici ed infermieri, recuperando i tanti tagli che ci sono stati nell’ultimo decennio nei bilanci pubblici sul personale sanitario, sulla modernizzazione delle strutture ospedaliere e nella medicina di prossimità. Per la Cisl questa è una delle priorità.

Nel lessico sindacale italiano termini come smart working già esistevano, ma con la pandemia sono diventati non solo un modello attuato di modalità di lavoro, ma anche una filosofia imprenditoriale. Ma, a detta di qualcuno, questo modo di svolgere la propria attività colpisce la socialità del lavoro, il confronto, il contatto. Come il sindacato guarda a questa evoluzione ?
Noi pensiamo che il lavoro agile sia una opportunità per migliorare le condizioni del mondo del lavoro. Ma bisogna riportare questo importante strumento nel perimetro delle relazioni industriali. È importante che dal mese di maggio i datori di lavoro privati possano continuare ad essere esonerati dall’obbligo di accordo individuale solo in presenza di un accordo collettivo aziendale che regolamenti il lavoro agile, stabilendo, tra l’altro, le modalità dell’alternanza di lavoro in azienda, le fasce orarie, orari massimi e garanzie su privacy e diritto alla disconnessione. Continuare ad effettuare il lavoro agile senza accordo individuale né collettivo porterebbe ad aumentare le distorsioni che già snaturano il ‘lavoro in smart’, con un utilizzo continuativo da casa senza limiti di orari e di fasce di connessione. Uno smart working restituito alla contrattazione è invece un’opportunità formidabile per il benessere del lavoratore, per la sostenibilità ambientale, per la conciliazione vita-lavoro. È chiaro che per noi il lavoro è anche socializzazione, comunione con gli altri. Il fattore umano deve restare centrale in ogni realtà produttiva, pubblica, privata, nei servizi al cittadino. La persona ed il lavoro sono per noi un binomio indissolubile. Non dimentichiamolo mai.

Il sindacato nei mesi della pandemia ha dovuto affrontare molte vertenze, che, già esistenti, hanno subito un peggioramento repentino per la crisi. E' nella speranza di tutti che la macchina produttiva del Paese riparta presto. Come il sindacato si sta preparando ad una nuova stagione di vertenze che, purtroppo, si manifesteranno nel momento in cui le tutele garantite dalla pandemia per il lavoro dipendente decadranno?
Abbiamo perso un milione di posti di lavoro nell’ultimo anno, soprattutto giovani e donne. Ci sono più di cento vertenze aperte al Mise che riguardano il destino di centinaia di migliaia di lavoratori e delle loro famiglie. Alla soluzione di quelle crisi aziendali è legato anche il futuro di un pezzo importante della politica industriale. Occorre una svolta. Serve una struttura adeguata, mettendo in campo soluzioni vere ed innovative di sostegno alle riconversioni, attraverso reinvestimenti seri e duraturi. Non abbasseremo la guardia in difesa di tutti i posti di lavoro a rischio. Lo diremo con forza il Primo Maggio. Per questo abbiamo chiesto al Governo che il blocco del licenziamenti vada avanti sino a quando l’emergenza sanitaria non sarà finita per evitare ulteriori perdite di occupazione. Va prolungata anche la cassa Covid, estendendo le indennità a tutte le categorie finora escluse. Bisogna poi riformare gli ammortizzatori e cambiare finalmente il sistema di politiche attive del lavoro. Nessuno deve essere lasciato senza protezioni sociali, ma, nello stesso tempo, dobbiamo puntare ad una formazione adeguata per far incrociare la domanda e l’offerta di lavoro nel territorio, con una sinergia tra sistema scolastico ed universitario, le imprese ed il mondo del lavoro. Nelle prossime giornate vedremo quali saranno le risposte del Governo.

Nel nostro Paese la tutela del lavoratore non è stata sempre veramente efficace. Vicende come il trattamento economico e, più in generale, normativo di lavoratori non contrattualizzati, come coloro che recapitano cibo o altri generi alimentari a domicilio, sono paradigmatiche di come l'opinione pubblica si accorga di situazioni paradossali solo se esse hanno un risvolto di cronaca. O, come nel caso della pandemia, se questi lavoratori 'anomali' diventano necessari. Come il sindacato può assistere questi ''nuovi'' lavoratori, che hanno una loro specificità?

Guardi l’Italia può fare davvero da apripista in Europa e nel mondo in questa battaglia per tutelare attraverso i contratti tutte le nuove forme di lavoro e contro lo sfruttamento del caporalato digitale. Penso ai lavoratori della gig economy, delle grandi piattaforme on line, a quelli della logistica, ai tanti giovani ciclo fattorini costretti oggi a turni massacranti ed umilianti, senza ferie, riposi, tutela della maternità. Questa sarà una delle nuove frontiere della sindacalizzazione. Non partiamo da zero. Nello sciopero di Amazon abbiamo registrato una forte partecipazione dei lavoratori e con un azienda importante della Gig Economy abbiamo firmato qualche settimana fa un accordo sindacale che riconosce il lavoro subordinato ai Rider applicando il contratto delle merci e logistica. Questa è la strada giusta. Le buone relazioni sindacali e contrattuali producono risultati innovativi per la vita delle persone.

È nella logica delle cose - perché è questo l'indirizzo che si sta dando l'Unione europea - che anche l'Italia viri verso una economia verde, in cui la sostenibilità non sia accessoria, ma fondamentale. Ma la green economy avrà una forza lavoro in gran parte molto qualificata. Il sindacato, quindi, dovrà per l'ennesima volta rifondarsi, accettare nuove ed impegnative sfide o la struttura attuale basterà?
Costruire una economia verde è una delle sfide del Recovery Plan. Bisogna conciliare lo sviluppo industriale con la tutela ambientale e la salute delle persone. La transizione ecologica può e deve diventare una grande opportunità di sviluppo per il nostro Paese, investendo nella formazione delle nuove competenze e nelle nuove figure professionali per governare con equilibrio questa fase. Noi pensiamo anche che questa sia la stagione giusta per costruire un nuovo rapporto tra capitale e lavoro, facendo partecipare i lavoratori non solo alle scelte organizzative ma anche al controllo ed all’indirizzo delle strategie aziendali. Il Governo dovrebbe favorire questo processo con una legge di sostegno alla partecipazione in forma collettiva dei lavoratori al capitale e negli organismi di controllo delle aziende, a partire da quelle pubbliche, come Enel, Eni, Poste, Leonardo.

Parlare di parità di genere nel lavoro, nell'Italia del 2021, sembra un paradosso. E invece non è così perché, al di là di una bassa percentuale di donne che hanno raggiunto livelli apicali, la condizione femminile sul lavoro è ancora lontana dalla perfetta equivalenza con l'uomo. Qual è il suo giudizio sui perché di questa non conquistata parità di genere sul lavoro?
È evidente che paghiamo ancora gravi ritardi culturali ma soprattutto ci sono evidenti lacune sul piano della quantità e qualità dei servizi sociali e delle opportunità per garantire la piena partecipazione delle donne al mercato del lavoro. Non dimentichiamo che in Italia una donna su tre lascia il lavoro dopo il primo figlio. Nonostante gli sforzi degli ultimi anni, siamo ben lontani dalle politiche di conciliazione tra lavoro e famiglia esistenti in altri paesi Europei nostri competitor. Non è un caso che le donne siano state le più colpite dalle conseguenze della pandemia e dalla crisi economica. Molte di loro avevano un lavoro, precario, part - time o a termine e per la pandemia l’hanno perso. E con esso hanno visto sfumare progetti, sogni, vedere svilita la propria dignità. Una grande battaglia persa con 312 mila donne che sono rimaste senza lavoro da febbraio 2020, soprattutto nel terziario, negli studi professionali, nelle occupazioni meno garantite, dove tante passano spesso da un contratto a termine all’altro o sono costrette ad accettare mezze occupazioni in nero, soprattutto al Sud. Fino a quando le donne rimarranno ai margini del mercato del lavoro l’Italia non ripartirà, non tornerà a crescere. Le donne possono e devono essere un motore della ripresa, della nostra rinascita economica e sociale. Ma serve uno scatto, servono investimenti, sgravi fiscali e contributivi stabili per favorire le assunzioni, più asili nido, sostegni alla maternità, strumenti e politiche condivise tra il Governo, le Regioni, gli Enti locali, le parti sociali.
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