Baxdrostat abbassa la “massima” di ~10 mmHg e punta alle prime autorizzazioni nel 2026. Sfida a Mineralys, focus su aldosterone e sicurezza.
Il fatto: dossier entro il 2025, target via libera nel 2026
AstraZeneca depositerà entro fine 2025 le richieste di approvazione del suo nuovo farmaco per la pressione, baxdrostat, con l’obiettivo di ottenere i primi via libera nel 2026 negli Stati Uniti e nell’Unione europea. È la mossa decisiva della strategia cardiovascolare del gruppo, che vede in questa molecola un contributo potenziale da miliardi di dollari a regime.
Perché conta: una malattia enorme, poco controllata
L’ipertensione resta uno dei principali fattori di rischio per ictus e infarto. Nel mondo oltre 1,28 miliardi di adulti convivono con valori elevati e molti non raggiungono un controllo stabile nonostante terapie multiple. In questo scenario, un meccanismo d’azione nuovo può cambiare davvero la pratica clinica.
Il meccanismo: colpire l’aldosterone alla fonte
Baxdrostat appartiene alla classe degli inibitori della sintesi dell’aldosterone: invece di bloccarne i recettori (come gli antagonisti mineralcorticoidi tradizionali) o lavorare su vie indirette (diuretici, ACE-inibitori), ne riduce la produzione a monte, agendo sull’enzima surrenalico responsabile. L’obiettivo è superare il cosiddetto “aldosterone breakthrough” e garantire un controllo più stabile nelle 24 ore.
I dati: ~10 mmHg in più del placebo, fino a ~17 mmHg su 24 ore
Nel trial di fase III BaxHTN (quasi 800 pazienti con ipertensione non controllata o resistente, in terapia standard), baxdrostat una volta al giorno ha centrato l’endpoint di efficacia:
- 2 mg: riduzione della sistolica di 9,8 mmHg oltre il placebo a 12 settimane;
- 1 mg: riduzione di 8,7 mmHg oltre il placebo.
Le analisi su monitoraggio pressorio nelle 24 ore indicano cali assoluti che possono arrivare attorno a 16–17 mmHg nelle coorti più responsive, con circa il doppio dei pazienti che raggiungono valori “normali” rispetto al placebo.
Sicurezza: potassio da sorvegliare, ma stop rari
Il segnale di sicurezza atteso è l’iperkaliemia. Gli episodi clinicamente rilevanti sono risultati poco frequenti e prevalentemente precoci, con interruzioni di terapia rare. In pratica: serve un attento monitoraggio del potassio, soprattutto nelle prime settimane e nei pazienti con funzione renale compromessa, ma il profilo di tollerabilità appare gestibile.
Le parole dei protagonisti
“L’ipertensione va trattata in modo molto più aggressivo”, ha dichiarato Ruud Dobber, a capo della biofarmaceutica di AstraZeneca, spiegando la scelta di accelerare il deposito regolatorio.
La concorrenza: Mineralys spinge su lorundrostat
Non è una corsa in solitaria. Mineralys Therapeutics sviluppa lorundrostat, un inibitore della stessa via ormonale che ha mostrato riduzioni placebo-aggiustate nell’ordine di 9–12 mmHg (misurazioni d’ufficio) e circa 8 mmHg su monitoraggio nelle 24 ore. La sfida si giocherà su potenza, durata d’azione, aderenza e sicurezza.
Due strade, una stessa idea: perché l’aldosterone è tornato centrale
Dal punto di vista fisiopatologico, l’asse aldosterone–rene regola ritenzione di sodio e acqua, tono vascolare e rimodellamento. Ridurne la sintesi promette un controllo pressorio più consistente e, potenzialmente, benefici oltre il numero sul misuratore (cuore e rene). Non a caso i risultati migliori emergono nei pazienti resistenti, già in trattamento con combinazioni multiple.
Il contesto regolatorio e industriale: cosa aspettarsi nei prossimi 12–18 mesi
Con i dati di BaxHTN sul tavolo, AstraZeneca si prepara a depositi paralleli in USA e UE. Sulla carta, baxdrostat può ambire a uno status di first in class nell’ipertensione resistente. In parallelo sono in corso o in preparazione studi su nefropatia e prevenzione dello scompenso, a conferma del potenziale cardiorenale della via dell’aldosterone.
Il rovescio della medaglia: non tutto è risolto
Tre punti fermi. Primo, cali di 9–10 mmHg sono clinicamente solidi ma vanno confermati sul lungo periodo e su end-point duri (ictus, infarto, mortalità). Secondo, la sorveglianza del potassio resta obbligatoria. Terzo, la competizione interna alla classe può comprimere i prezzi ma accelerare l’innovazione: confronto tra efficacia 24h, interazioni e tollerabilità deciderà i ruoli reali nella pratica.
Il salto non è cosmetico
Il salto non è cosmetico: colpire l’ormone e non soltanto il recettore porta un’opzione diversa, potenzialmente complementare a diuretici, ACE-inibitori e antagonisti mineralcorticoidi. Se i regolatori confermeranno i tempi, baxdrostat può diventare il nuovo standard nell’ipertensione resistente, mentre lorundrostat garantirà competizione e scelta clinica. Il tema chiave, da qui al 2026, sarà tradurre i millimetri di mercurio in vite salvate, senza perdere di vista il potassio.