Sul salario minimo europeo, dalla Scandinavia venti di exit

- di: Brian Green
 
L'ipotesi di un salario minimo europeo non sembra andare giù alle parti sociali di Danimarca e Svezia che arrivano a minacciare azioni legali se il relativo progetto di direttiva dovesse proseguire il suo cammino e, quindi, essere accolto. Come conferma il fatto che, qualche giorno fa, a Bruxelles, il governo svedese, guidato da Stefan Lofven, ha espresso alla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, la sua contrarietà al salario minimo europeo.

Quindi, al momento, nessuna minaccia di atti concreti, ma la presa di posizione dell'esecutivo Lofven è arrivata a distanza di pochi giorni da un intervista, al quotidiano Arbetet, in cui Torbjörn Johansson, responsabile dei contratti collettivi del potente centrale sindacale LO, ha detto che i sindacati svedesi devono "iniziare a chiedersi se l'adesione all'Unione europea sia stata una buona decisione". Una vera e propria bordata, che ha reso ancora più manifesta la posizione delle parti sociali - sindacati e padronato - di Svezia e Danimarca. Una posizione che ha il sostegno dell'intera classe politica, unanime nel suo rifiuto di un salario minimo regolato dalla legge.

"Siamo, ovviamente, favorevoli a un'Europa sociale e siamo convinti che l'agenda abbia buone intenzioni in questo senso. Ma l'unico modo per noi di accettare questa direttiva" - ha detto Therese Guovelin, vicepresidente di LO, ricorrendo ad un paradosso - "è esserne completamente esclusi".

Da mesi, ormai, le parti sociali danesi e svedesi si sono schierate contro quella che ritengono una minaccia al modello economico e sociale scandinavo.
Le situazioni in Svezia e Danimarca, su questo materia, sono simili: nei due Paesi non esiste un reddito minimo imposto da una legge. Il livello delle retribuzioni è infatti regolato nell'ambito di accordi collettivi, negoziati dalle parti sociali, senza intervento politico. In Svezia e Danimarca, rispettivamente per il 90% e l'80%, i posti di lavoro sono coperti da questi accordi.

Un salario minimo, imposto per legge, per Therese Guovelin, avrebbe gravi conseguenze perché, ha detto l'esponente sindacale, "indebolirà inevitabilmente il nostro modello di negoziazione di parità. Rischiamo di vedere un intervento crescente dello Stato che, secondo la direttiva, deve vigilare sulla sua applicazione e riferire a Bruxelles". Quindi, mentre si moltiplicano le prese di posizioni avverse al salario minimo, la prospettiva più probabile è un ricorso dinanzi alla Corte di giustizia europea.
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