La rinoplastica è stato uno dei primi interventi di chirurgia estetica. Forse perciò è il più diffuso e quello che si affronta con maggior disinvoltura. Le persone ormai hanno un approccio sereno nei confronti di questa operazione e non si prova più disagio ad andare in giro con il piccolo gesso o il cerotto postoperatorio. Inoltre la rimozione dei tamponi, un tempo fastidiosa, oggi non provoca il minimo dolore.
Il naso è un elemento così importante della fisionomia che se viene modificato non tenendo conto dell’insieme del viso sarà difficile evitare la sensazione di una nota stonata nella propria immagine. Ecco perché sconsiglio di effettuare modifiche importanti fino ai diciotto/vent’anni. In età più adulta è preferibile effettuare ritocchi che modellano e addolciscono i lineamenti senza produrre un cambiamento eccessivo. Nella visita che precede l’intervento analizzo le fotografie del paziente per mostrargli le imperfezioni e, dopo un attento esame delle immagini, si vedono insieme quali sono le parti da correggere. E’ fondamentale dedicare molto tempo a questo incontro per non creare malintesi o aspettative che potrebbero essere deluse, ed è bene chiarire che l’uso del computer serve per dare un’idea delle possibili trasformazioni ma non produce il risultato finale.
Lo scopo della rinoplastica però non è solamente estetico, può essere anche funzionale: con la rinoplastica funzionale si interviene per migliorare la respirazione, resa difficile dalla riduzione del passaggio d’aria causato dalla deviazione del setto o dall’ipertrofia dei turbinati – delicate strutture ossee rivestite da mucose che regolano il flusso d’aria.
Nella maggior parte dei casi bisogna agire sia sul setto che sui turbinati. Il trattamento del setto si effettua di solito in anestesia generale, abbinata a un’ infiltrazione locale di anestetico.
L’operazione consiste nello scollare il setto cartilagineo dalla mucosa fino a liberarlo. Si asporta poi una parte della cartilagine settale al di sotto della mucosa per ridurre la deviazione che impedisce il passaggio d’aria. Sui turbinati si effettua o una semplice causticazione o una parziale asportazione.
Spesso il disagio respiratorio diventa una buona giustificazione per sottoporsi all’intervento estetico. Quando si parla di intervento estetico sul naso ci si riferisce soprattutto a due zone: la punta e il dorso. E’ possibile operare solo la punta o solo il dorso, l’importante è raggiungere una giusta proporzione tra i due. Una punta eccessiva infatti determina in genere un naso sellato, con il dorso piccolo e basso e un’incurvatura accentuata, mentre la punta ridotta, con un dorso molto evidente, rende il naso aquilino.
Un dorso molto stretto verrà allargato riproporzionandolo con la punta. Se invece si devono ridurre sia la punta che il dorso, bisogna fare attenzione a non creare un naso troppo sottile, che può non star bene, o cambiare così tanto la fisionomia da non essere gradito.
Per modificare la punta si aggrediscono le cartilagini – alari e triangolari – che ne determinano la forma attraverso una serie di incisioni: una all’interno del vestibolo nasale che può essere marginale, transcartilaginea o intracartilaginea; oppure una esterna, a V detta – rino open – sulla columella – la parte tra la punta del naso e il labbro – completata da un’incisione marginale che permette di accedere all’impalcatura osteocartilaginea del naso.
Nella fase preoperatoria si sceglie l’incisione in base al tipo di intervento da effettuare: la rino open si usa principalmente nei casi di nasi già operati – secondari – e nelle deformità complesse. Questo tipo di incisione lascia un’impercettibile cicatrice esterna che nel giro di quattro/cinque mesi scomparirà.
Per la medicazione della punta vengono posizionati due tamponi che già dal giorno dopo possono essere rimossi. I tamponi per la deviazione del setto invece vengono tenuti una settimana così come il gessetto applicato sul naso per ottenere anche una compressione esterna. Questa doppia compressione è importante per ridurre lo spazio morto interno e il gonfiore nel postoperatorio.
L’accesso al dorso avviene attraverso le stesse incisioni nominate in precedenza: la rino open, la marginale, la transcartilaginea e l’intercartilaginea.
Il trattamento ha inizio nel formare un angolo di circa 100° all’altezza della glabella – punto di convergenza tra fronte e dorso del naso –, utilizzando apposite raspe ricurve. Successivamente si tratta il dorso raggiungendo le ossa nasali che vengono modellate, con la raspa e/o con lo scalpello.
La struttura del naso viene paragonata ad una piramide formata dalle ossa del montante del mascellare e da quelle nasali: quando asportiamo una parte del dorso, il vertice della piramide si abbassa e si allarga, determinando una condizione definita open roof, cioè tetto aperto. Per chiuderlo, ricreando un nuovo vertice della piramide, si provoca una frattura alla base del montante del mascellare, evitabile solo se il tetto non si è aperto o se si vuole lasciare un dorso un po’ più largo.
La medicazione del dorso è simile a quella della punta: si applicano dei tamponi più piccoli e si posiziona il gesso.