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Approfondimento/ Corte conti, la riforma che riscrive danno erariale

- di: Jole Rosati
 
Approfondimento/ Corte conti, la riforma che riscrive danno erariale
Riforma Corte dei conti: cosa cambia su danno erariale e controlli
Dal tetto al risarcimento al “silenzio-assenso”: la mappa delle nuove regole, tra paura della firma e timori sui controlli.

 

(Foto: Una delle ultime inaugurazioni  dell’Anno giudiziario della Corte dei conti).
 

C’è un numero che, più di altri, racconta la filosofia della nuova riforma: 30. Trenta è la percentuale massima del danno che un pubblico ufficiale potrà essere chiamato a risarcire in caso di condanna; trenta sono anche i giorni (prorogabili) entro cui la Corte dei conti dovrà pronunciarsi su alcuni controlli preventivi, prima che scatti il meccanismo che fa discutere: il “silenzio-assenso”.

La maggioranza la presenta come un antidoto alla “paura della firma” e un acceleratore per investimenti e cantieri, PNRR incluso. I magistrati contabili e le opposizioni, invece, temono un effetto collaterale enorme: meno deterrenza, meno recupero del denaro pubblico e un controllo che rischia di diventare una corsa contro il cronometro.

Che cosa è stato approvato e perché adesso

Il provvedimento (Atto Senato n. 1457) chiude un iter iniziato alla Camera e culminato nel voto finale di Palazzo Madama il 27 dicembre 2025. Il calendario non è casuale: negli ultimi anni era stato più volte prorogato lo “scudo erariale” introdotto in epoca Covid, che limitava la responsabilità contabile soprattutto ai casi di dolo; il nuovo testo punta a rendere stabile un impianto più “selettivo” della responsabilità, tipizzando la colpa grave e ridisegnando controlli e pareri.

Sullo sfondo c’è anche un nodo istituzionale: secondo diverse ricostruzioni giornalistiche, l’accelerazione politica si è intrecciata con la tensione tra governo e magistratura contabile su dossier ad alta temperatura (come infrastrutture e PNRR). Su questo punto, però, l’esecutivo respinge la lettura “punitiva”.

Il cuore della riforma: colpa grave più stretta e tetto al risarcimento

La nuova “colpa grave”: non basta la negligenza pesante

La responsabilità per danno erariale resta piena nei casi di dolo. Ma quando si passa alla colpa grave, la riforma la definisce in modo restrittivo: deve emergere una violazione evidente della norma applicabile, oppure un travisamento del fatto, o ancora l’affermazione/negazione di un fatto che gli atti rendono incontrovertibile. In questa cornice, viene esplicitamente ridimensionato lo spazio della “grave negligenza” come grimaldello per far scattare la colpa grave.

Il “doppio tetto” che cambia la partita dei risarcimenti

Ecco la svolta più contestata: in caso di condanna, l’importo dovuto non può superare il 30% del pregiudizio accertato e, in ogni caso, non può andare oltre il doppio della retribuzione lorda annua del condannato. La logica dichiarata è pragmatica: recuperare somme “pagabili” e non cifre teoriche destinate a restare sulla carta. Il punto critico, secondo i detrattori, è l’effetto opposto: se la perdita per l’erario è enorme, il risarcimento individuale rischia di diventare una frazione minima, con il resto del danno che resta, di fatto, a carico della collettività.

La novità che fa più rumore: il “silenzio-assenso” sui controlli

La riforma interviene anche sul controllo preventivo di legittimità. Per gli appalti “sopra soglia” (cioè oltre la soglia europea) il controllo preventivo si applica in modo esteso; per gli affidamenti legati al PNRR, il controllo può arrivare anche alla fase dell’aggiudicazione provvisoria. Ma la clausola decisiva è temporale: se la Corte non si pronuncia entro 30 giorni (termine estensibile fino a 90), l’atto si considera registrato e viene esclusa la responsabilità erariale connessa.

È qui che si apre la faglia politica: chi sostiene la riforma vede un freno tolto alla macchina amministrativa; chi la contesta teme un incentivo implicito a “correre” verso la scadenza, trasformando il controllo in una prova di resistenza degli uffici della Corte, senza un parallelo rafforzamento di organici e risorse (tema sollevato più volte nel dibattito pubblico).

Pareri “salvagente” sul PNRR: più consulenza, meno rischio

Un altro tassello è la spinta sulle competenze consultive. Amministrazioni centrali e periferiche possono chiedere pareri alla Corte anche su questioni giuridiche legate a casi concreti connessi al PNRR, purché di valore almeno pari a 1 milione di euro. Il meccanismo è pensato come “scudo” decisionale: ottenuto il parere, viene esclusa la colpa grave per gli atti compiuti in coerenza con quel pronunciamento.

Sospensione, assicurazione, buona fede: gli altri tasselli

Sospensione dalla gestione di risorse pubbliche

Nei casi ritenuti più gravi, il giudice contabile può disporre la sospensione dalla gestione di risorse pubbliche per un periodo compreso tra sei mesi e tre anni. È la clausola “sanzionatoria” che, nelle intenzioni del legislatore, bilancia l’effetto del tetto risarcitorio.

Obbligo di copertura assicurativa

Per chi assume incarichi che comportano gestione di risorse pubbliche, scatta l’obbligo di copertura assicurativa. Nella narrativa dei favorevoli, serve a normalizzare il rischio professionale; per i critici, può diventare un costo ulteriore e un mercato assicurativo complesso da regolare.

Buona fede presunta per la politica, responsabilità concentrata sugli uffici tecnici

Per gli atti di competenza degli uffici tecnici, la responsabilità non si estende agli organi politici (sindaci, assessori): la loro buona fede viene presunta, salvo prova contraria. È una scelta che ridisegna i confini tra indirizzo politico e responsabilità amministrativa: per i sostenitori chiarisce ruoli e responsabilità; per i detrattori rischia di “blindare” la catena decisionale politica.

La partita del 2026: delega per il riordino della Corte dei conti

La riforma non chiude la storia: apre un capitolo nuovo. Il governo riceve una delega per adottare entro 12 mesi uno o più decreti legislativi destinati a riorganizzare e riordinare funzioni e assetti della Corte dei conti. In altre parole: molte scelte operative – e parte del bilanciamento tra rapidità e controllo – passeranno da qui.

Le reazioni: tra “svolta coraggiosa” e “pagina buia”

Dal fronte governativo, la riforma viene rivendicata come un cambio di passo: l’obiettivo dichiarato è sbloccare decisioni legittime in tempi più rapidi e ridurre il “congelamento” amministrativo. In questo senso, una delle frasi più citate in giornata è stata: "Non c’è nessuna vendetta… legarla al provvedimento sul Ponte sullo Stretto mi sembra una forzatura", attribuita al sottosegretario Alfredo Mantovano durante i colloqui con i cronisti in Senato.

Sul lato opposto, l’Associazione dei magistrati contabili e diversi esponenti dell’opposizione hanno insistito sul rischio di un arretramento della tutela delle finanze pubbliche. Una formula che ha fatto il giro delle cronache è quella di una "pagina buia per i cittadini" (espressione riportata da più testate nel racconto delle critiche interne alla magistratura contabile).

Il punto di contesa, in sintesi, è uno solo ma enorme: la riforma serve a far correre la pubblica amministrazione o a far correre i controlli fin quasi a scomparire? La risposta, probabilmente, dipenderà meno dai titoli e più da due fattori concreti: come verranno scritti i decreti attuativi e con quali risorse verranno messi in condizione di lavorare gli uffici coinvolti.

Che cosa guardare da qui in avanti

  • Tempi reali del controllo preventivo: la soglia dei 30 giorni sarà sostenibile senza colli di bottiglia?
  • Effetto deterrente: il tetto al 30% ridurrà davvero la “paura della firma” senza incentivare superficialità?
  • Assicurazioni: come sarà regolato l’obbligo e che impatto avrà su dirigenti e funzionari?
  • Decreti delegati entro 12 mesi: qui si gioca l’assetto finale della Corte dei conti.
  • PNRR: tra pareri e controlli, si vedrà se la riforma accelera davvero la spesa o sposta soltanto il rischio.   
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