Molti britannici che votarono per la Brexit, si chiedono oggi se non sbagliarono

- di: David Lewis
 
La frase che più mi ha colpito l'ho sentita ascoltando, quasi involontariamente, uno scambio di battute tra due distinti signori che stavano aspettando, come me, che arrivasse la metropolitana. E' come, ha detto uno di loro, quando da bambini uscivamo da casa per andare a scuola e ci accorgevamo che pioveva a dirotto e che il cielo prometteva che la pioggia sarebbe andata avanti per ore, aspettandoci alla fine delle lezioni.

Molti britannici che votarono per la Brexit, si chiedono oggi se non sbagliarono

L'oggetto dello discussione non era certo il tempo di Londra in queste settimane, ma quanto sta accadendo nel Regno Uniti. Perché in molti (non tutti, perché di sostenitori della Brexit ce ne sono ancora molti in giro, non necessariamente solo conservatori) ora cominciano a pensare che uscire dall'Ue non è stata una idea geniale. Non che tutti i problemi dei britannici siano legati a quella decisione, ma certo le conseguenze dello ''strappo'' sono percepite da gran parte dei britannici come negative. Non che sia necessariamente corrispondente al vero, ma il clima che si respira è proprio questo. Un clima di incertezza che le decisioni dei governi (ne abbiamo avuti tre nel giro di pochi mesi e nessuno sembra raccogliere molti consensi, con la palma del peggiore che tocca sicuramente a quello di Liz Truss) stanno aggravando. Perché, a un Paese che si sente assediato dalla avversità (nella quasi totalità per responsabilità solo nostre), non si può sempre rispondere con inviti a capire che la situazione, per essere risolta, necessita di misure drastiche. Una definizione che spesso si accompagna a un'altra, ''impopolari'', questa però azzeccatissima.

Quando la gente ascolta dal ministro del Tesoro che sta per illustrare un bilancio di emergenza, puoi anche chiamarti Jeremy Hunt ed essere ritenuto un uomo politico capace e onesto, ma se dici che arriveranno 25 miliardi di sterline di aumenti di tasse alla gente non resta altro che prendersela con chi o cosa pensa abbia colpe di questo stato di cose.
E per molti il ''cosa'' è l'abbandono dell'Europa, che, pure con i tantissimi difetti che ha, almeno garantiva alle merci inglesi di avere uno sbocco sicuro, tante per ridurre la cosa a semplice economia da massaia.

Anche perché alcune recenti decisioni prese dal governo (come ''pagare'' la Francia per fermare le traversate della Manica da parte di migranti clandestini) sembrano mettere sale sulle ferite ancora fresche lasciate dalla Brexit sul corpo della Gran Bretagna, che oggi si ritrova sola e indipendente, ma con tanti problemi che prima, con le frontiere aperte e più liberali politiche per i lavoratori comunitari, non aveva assolutamente.
Molte delle fortune recenti del Regno Unito sono state anche conseguenza di avere aperto le porte non solo a splendide intelligenze, ma anche a braccia robuste, necessarie a mandare avanti l'economia, ad ogni livello. Te ne accorgi vedendo che i cartelli di ricerca di camerieri, baristi, operai sono più numerosi di quelli che pubblicizzano questo o quello spettacolo.

Ora, dicono anche coloro che tra i conservatori hanno amato la politica di Boris Johnson, siamo davanti a problemi che si potranno forse risolvere o ripensando alcuni ''paragrafi'' della Brexit o perché l'organismo del Paese farà crescere gli anticorpi. Una cosa che, se e quando si manifesterà, avrà comunque costi economici e sociali altissimi.
Il tradizionale distacco britannico si è andato attenuando, anche perché la stagnazione dei salati, combinata con l'inflazione, si tradurrà in un calo del 7% degli standard di vita nel Regno Unito nei prossimi due anni. Paul Johnson, direttore del think tank dell'Institute for Fiscal Studies, ha condensato la situazione in poche, ma taglienti battute: "La verità è che siamo diventati molto più poveri. Ci aspetta un viaggio lungo, difficile e spiacevole, indebitamento elevato, debito elevato, tasse elevate e spesa pubblica sotto pressione".

E mentre le bollette galoppano (certo più che in Europa), i giornali si accaniscono contro quanto il governo di Rishi Sunak fa (o non fa). ''Carnage”, "carneficina'', è stato il ''sobrio'' titolo in prima pagina del Daily Mirror, commentando gli annunci di Hunt. Non meno duri i commenti di Metro e del Daily Mail, generalmente sostenitore dei conservatori.

E la primavera che verrà si annuncia anche peggio, con bollette ancora più alte. E lo si dice, quasi sottovoce, guardando al di là della Manica.
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