Polvere di (5) Stelle

- di: Diego Minuti
 
Se solo si avesse la pazienza di elencare tutte le beghe politiche che sono finite in un'aula di tribunale, occorrerebbero molte risme di carta per contenerle. Perché la politica è fatta così: se qualcuno ritiene di avere subito un torto (e se questo torto di traduce nella mancata possibilità di conquistare posizioni di potere) cosa c'è di meglio che investire la magistratura?
Male che vada, si mette pressione su chi, della denuncia, è il destinatario. E se alla fine il giudice dovesse dare ragione al denunciato e non al denunciante, poco male perché in ogni caso un qual certo fastidio è stato creato. Quindi nessuna sorpresa o scandalo per la decisione del tribunale di Napoli che ha ritenuto fondato il ricorso proposto da uno sparuto gruppo di dissidente grillini contro l'elezione di Giuseppe Conte a guida del Movimento 5 Stelle.

Beppe Grillo "congela" il Movimento 5 Stelle dopo la sentenza del Tribunale di Napoli

Non è il caso di entrare nel merito della decisione, di cui si dovrà tornare a parlare una volta che Conte ed il suo entourage decideranno cosa fare. Quel che emerge con grande evidenza è che l'originaria visione di Beppe Grillo di creare un movimento lontano dalla seduzione della politica, composto da puri, connotato solo esso dall'onestà che tutti gli altri non hanno, è miseramente fallita. E non per colpe di altri.
I Cinque Stelle si sono dimostrati alla fine solo un partito, senza che questo venga inteso con una accezione negativa. Per fare politica anche il movimento più destrutturato si deve dare un organigramma, deve radicarsi sul territorio, oltre che con la forza delle idee, anche con un rapporto diretto con gli elettori, che non esauriscono il loro colpito nel momento in cui appongono un nome o una croce sulla scheda.

Il delirio di onnipotenza che s'è manifestato in molti grillini non appena messo piede nell'agone della politica è una delle cause fondamentali della disintegrazione del Movimento 5 Stelle. Che ha avuto certamente il merito di inserirsi in un mondo della politica cristallizzato e che dialogava solo al suo interno, ma, contestualmente, non ha saputo darsi quel profilo alto che è necessario quando si arriva dentro il Palazzo.
Non avendo potuto - visto il brevissimo tempo dalla nascita al successo elettorale - creare una classe dirigente che si possa ritenere tale, i Cinque Stelle si sono fatti rappresentare da personaggi che, appena qualche anno fa, non sarebbero stati proposti nemmeno per assemblee elettive locali. Ma, in mancanza d'altro, chi aveva preso una manciata di voti nelle consultazioni tra iscritti si trovato catapultato in un mondo fatto di poltrone, stucchi e velluti, quando lui, fino ad allora, usava uno sgabello.

Il fallimento del modello grillino sta in questo: non tanto nelle proposte (alcune delle quali ancora oggi meritevoli di plauso), quanto nelle persone scelte per realizzarle. Il cammino del movimento, da quando è entrato nel governo, è stato quindi cosparso da strani figuri che ritenevano di essere diventati cardinali solo per avere sfiorato la sagrestia.
Giuseppe Conte ora deve rimettere insieme i cocci del movimento, tenendo ben presente che questa è la sua ultima opportunità perché altre non gliene saranno concesse. Tocca a lui decidere e i grillini che si riconoscono in lui magari sperano che, almeno questa volta, abbia la furbizia di fare il ''politico''.

Ma la sua reazione di ieri, alla notizia della decisione del tribunale di Napoli, non è che sia stata molto intelligente (la reazione, non lui, ovviamente), mostrando sorpresa mista a insofferenza. Conte ha detto una frase che la dice lunga su come la pensa: ''La mia leadership nel movimento non dipende dalle carte bollate, ma dalla condivisione di principi e valori''. Una affermazione che un ''politico'' non farebbe mai perché dire di avere una leadership crea un'ulteriore spaccatura con chi non è convintamente al suo fianco e poi quasi ridicolizza la decisione di un tribunale che, lo ricordiamo a chi l'avesse dimenticato, è chiamato a fare rispettare la legge e non certo a entrare nelle camarille di un partito (anche il suo ricordare al mondo che è un avvocato è stato un peccato di superbia che, in politica, solo pochi si sono mai permessi).

Una bordata non sappiamo sino a che punto pensata dal solo Conte, ma anche in questo si avverte la mancanza di chi possa temperare alcune sortite dell'ex premier che appaiono fuori registro. Che Conte non sia in sincrono con la politica lo conferma il fatto che ha incredibilmente condiviso il post su Facebook con cui Beppe Grillo lo ha invitato - sia pure indirettamente, ma con toni inequivocabilmente durissimi - a rispettare il silenzio, così come ha rivolto un appello al movimento a ''rimanere in silenzio e a non assumere iniziative azzardate prima che ci sia condivisione sulla strada da seguire''.
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