La Casa Bianca mette sul tavolo sei gare tra il 2027 e il 2030 al largo della California e più spazio alle estrazioni nell’Est del Golfo del Messico. Sacramento prepara lo scontro, la Florida trema per il turismo, l’industria spinge. Ecco cosa cambia davvero, con tempi, ostacoli e rischi.
Una mappa di aste che riaccende vecchie ferite
Un nuovo schema federale per le concessioni offshore prevede sei vendite di diritti davanti alle coste californiane tra il 2027 e il 2030 e un allargamento nell’area orientale del Golfo del Messico. La mossa segna un rovesciamento di rotta rispetto al recente passato e rimette in gioco un tratto di costa che, nell’immaginario americano, è sinonimo di spiagge e parchi marini.
California, linea dura del governatore
Il governatore Gavin Newsom ha ribadito che la priorità dello Stato resta la tutela del litorale e dell’economia costiera. “Nuove trivellazioni in mare non hanno posto in California”, ha affermato in precedenza, segnalando che Sacramento è pronta a contrastare il piano con gli strumenti legali e regolatori a disposizione a livello statale. In parallelo, procuratori e amministrazioni locali preparano ricorsi su valutazioni d’impatto, rischi per ecosistemi e turismo balneare.
Florida, il nodo politico del turismo
Nell’Est del Golfo l’ipotesi di nuove attività estrattive ha già prodotto malumori nel fronte repubblicano della Florida, dove la rendita turistica è un pilastro. Il timore è che il semplice annuncio raffreddi investimenti e piani di marketing delle località costiere. L’ago della bilancia, qui, è l’elettorato suburbano delle contee costiere.
Iter, tempi e scogli legali
L’architrave è il piano quinquennale per l’offshore federale: bozza, consultazioni, studi ambientali, revisione e adozione finale. Ogni vendita richiede poi analisi sito-specifiche e autorizzazioni plurime. Anche con una corsia più rapida a Washington, tra carte e tribunali i tempi si misurano in anni. E in California il margine d’azione dello Stato su porti, servitù di passaggio, pipeline a terra e permessi costieri può di fatto allungare o bloccare i progetti.
Industria in pressing, ma la matematica dei conti pesa
Le compagnie e le loro associazioni di categoria sostengono che nuove aree in asta possano sfruttare infrastrutture esistenti, creare occupazione e ridurre importazioni. Resta però la prova del nove: tra capex elevati, volatilità dei prezzi e confronto con alternative onshore e shale, non ogni licenza si traduce in piattaforme operative. Gli investitori chiedono certezze normative più che slogan.
Offshore contro eolico: la grande sostituzione al contrario
Il cambio di priorità della Casa Bianca si accompagna a una stretta sui progetti eolici in mare, già finiti al centro di ordini esecutivi e revisioni. La traiettoria politica è netta: spingere su petrolio e gas, ridimensionare gli obiettivi di transizione nelle acque federali. La competizione per lo spazio in mare — corridoi, ormeggi, rotte, compatibilità ecologiche — diventa la nuova frontiera della politica energetica americana.
Cosa aspettarsi nei prossimi dodici mesi
Nel breve termine vedremo consultazioni pubbliche, prime impugnative e un serrato corpo a corpo istituzionale tra Washington e gli stati costieri. La California cercherà di usare ogni leva amministrativa per tenere lontane le trivelle; in Florida la pressione del comparto turistico condizionerà il dibattito. Nel frattempo, l’industria petrolifera proverà a dimostrare che il progetto è finanziabile e compatibile con economie locali e habitat marini. Sarà una battaglia lunga.