Roma marca il passo insieme a dieci capitali, stop ai lavori fino al nuovo negoziato: nel mirino le ambizioni verdi dell’Europa.
Durante la lunga sessione del Consiglio europeo sull’ambiente, tenutasi a Bruxelles il 5 novembre 2025, l’Italia ha guidato un’alleanza di almeno dieci Stati membri che hanno espresso forti riserve sul testo iniziale della legge Ue sul target climatico al 2040. Il risultato è stato la sospensione dei lavori e l’apertura di un nuovo negoziato con la Commissione Europea e la presidenza danese dell’Ue.
Il dossier 2040 entra nel vivo
La European Commission ha proposto di ridurre a vettore netto le emissioni di gas a effetto serra dell’Unione europea del 90% rispetto al 1990 entro il 2040, come tappa verso la neutralità climatica al 2050.
Il punto è che la proposta si trova ora in forte contrasto con alcuni Stati, tra cui l’Italia, che ritengono il testo troppo rigido o mal calibrato rispetto agli impegni industriali e agli interessi nazionali.
L’Italia al centro della “minoranza di blocco”
Il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, ha orchestrato il coordinamento del gruppo, in cui l’Italia figura come capofila delle riserve e delle richieste di modifica. L’azione combinata ha provocato lo stop dei lavori dopo oltre 15 ore di negoziato. La scelta di costituire questo nucleo di dissenso pone Roma nella posizione di contraltare del corso europeo standard.
Le ragioni dietro il no
Tra le motivazioni addotte dal fronte guidato dall’Italia vi sono preoccupazioni per l’impatto sui comparti industriali, sulla competitività europea e sul carico degli obblighi nelle aree più vulnerabili. Inoltre, si segnalano richieste di maggiore flessibilità nella metodologia di calcolo delle emissioni e nella tempistica degli impegni.
Il rischio per la leadership climatica dell’Ue
Il confronto ha reso evidente che l’Europa è divisa su quanto velocemente e con quali strumenti realizzare la transizione. Secondo analisti internazionali, questa dinamica indebolisce la posizione dell’Ue come leader globale del clima e alimenta incertezze rispetto alla presentazione degli impegni all’COP30 in Brasile.
Quali scenari si aprono
Con la sospensione dei lavori e il rilancio del negoziato, le opzioni sono essenzialmente due: o il testo viene ammorbidito con maggiori margini di azione per gli Stati membri, oppure si rischia un rinvio decisionale che potrebbe compromettere l’entrata in vigore del target 2040 nei tempi previsti.
Il giudizio critico
Se l’Italia rivendica un ruolo assertivo, è tuttavia evidente che questa posizione comporta una battuta d’arresto rispetto al progetto europeo di transizione verde. Il risultato è che non si tratta di una difesa dell’autonomia ambientale nazionale, bensì di una forma di opposizione alla crescente integrazione delle politiche climatiche europee sotto la guida di Bruxelles.
Il calendario ora prevede nuovi round negoziali, probabilmente sotto la presidenza danese dell’Ue, e l’inclusione di altri attori chiave. La posta in gioco è alta: il futuro assetto energetico e ambientale del continente, le regole per industrie e imprese e la credibilità internazionale dell’Europa nel contrasto al cambiamento climatico.
In conclusione, l’Italia ha deciso di giocare una partita di potere nella cornice europea del clima: ma il rischio è che questa scelta paghi un prezzo elevato in termini di ritardo e indebolimento politico.