Il governatore della Toscana resta in corsa ma senza l’ok dei 5 Stelle. Trattative in salita, telefonata con Conte, mentre nel centrodestra Zaia agita le acque in Veneto.
La lunga attesa del Nazareno
Quattro ore di confronto, tre comunicati separati e una passeggiata silenziosa per prendere tempo. L’incontro tra Eugenio Giani ed Elly Schlein (foto) al Nazareno non ha sciolto il nodo politico della ricandidatura del governatore toscano. Al contrario, ha restituito l’immagine plastica di un Partito Democratico ancora diviso sulle prossime Regionali.
Giani ha ribadito la sua disponibilità a correre per il bis, ma per ora l’investitura ufficiale non c’è. L’ostacolo più grande? La mancanza di un’intesa con il Movimento 5 Stelle.
“Stiamo lavorando in tutte le sei regioni che andranno al voto per costruire alleanze inclusive e competitive per battere queste destre”, ha dichiarato Schlein, lasciando intendere che il tema del “campo largo” è tutt’altro che archiviato.
Giani, da parte sua, ha tentato di mostrarsi sereno: “Macché passo indietro?”, ha risposto secco ai cronisti, dopo l’incontro, accompagnato da Igor Taruffi, responsabile dell’organizzazione Pd e stretto collaboratore della segretaria.
Il rebus a cinque stelle
Il M5S, per ora, resta fermo sul no. Francesco Silvestri, capogruppo a Montecitorio, è stato chiaro: “Non è assolutamente la soluzione migliore”.
Eppure, una timida apertura potrebbe esserci stata. In serata sarebbe avvenuta una telefonata tra Schlein e Giuseppe Conte proprio per provare a riannodare i fili. Nulla di ufficiale, ma abbastanza per spiegare la scelta del Nazareno di non affrettare l’annuncio.
Il tempo, però, stringe. Le urne sono fissate per il 12 ottobre e trovare un candidato alternativo – in grado di tenere insieme Pd, M5S e le altre forze civiche e di sinistra – diventerebbe complicato. All’interno del partito, i sostenitori di Giani fanno notare che in un eventuale voto nell’assemblea regionale, il presidente uscente avrebbe ancora i numeri. Ma è proprio questo lo scenario che Schlein vuole evitare: un braccio di ferro che spaccherebbe il partito e brucerebbe energie in una fase già delicata.
Dalla Toscana alla Campania: le sfide del centrosinistra
Se in Toscana il clima resta incerto, in Campania si intravede un orizzonte più nitido. Il nome forte è quello di Roberto Fico, ex presidente della Camera. Vincenzo De Luca, mai tenero con lui, ha riconosciuto che “Conte ha avuto una posizione corretta: prima di fare chiacchiere al vento, bisogna iniziare a discutere di un programma”.
Un’apertura che non passa inosservata. Anche perché – come ha sottolineato ancora Silvestri – sulla Campania “a breve avremo una risposta e, secondo me, sarà un’ottima risposta”.
Il campo largo cerca geometrie variabili
L’ipotesi di un “campo largo” resta strategica per Schlein, ma sempre più difficile da tradurre in realtà uniforme. In Toscana l’intesa traballa, in Campania sembra prendere corpo, in Veneto è ancora tutto fermo.
È il prezzo dell’eterogeneità di una coalizione che tiene insieme mondi diversi: dalla sinistra radicale ai centristi di +Europa, passando per i Verdi e i 5 Stelle. Una pluralità che non facilita le scelte dei candidati, né consente una campagna elettorale compatta.
Lo stesso Giani, che si è detto pronto a rispettare le decisioni dei vertici, sa che il tempo lavora contro le mediazioni. E lo dice tra le righe in una nota: “Affido alla segretaria nazionale e al segretario regionale la guida del percorso politico. Da parte mia, ne rispetterò le decisioni e la conclusione”. Nessun brindisi, per ora.
Zaia agita le acque nel centrodestra
Mentre il centrosinistra si interroga, il centrodestra si prepara al vertice di mercoledì 17 luglio con Meloni, Salvini, Tajani e Lupi. Ma anche qui le certezze vacillano. In Veneto, il governatore uscente Luca Zaia ha evocato nuovamente la possibilità di una propria lista civica.
“Ho sempre pudore a parlare delle ‘mie’ liste – ha detto – ma ovviamente se ne parlerà al tavolo nazionale”.
Un’uscita che ha fatto rumore. Zaia ha precisato che la lista “non sarebbe contro nessuno”, ma aperta “anche a chi non vota Lega o centrodestra”. Un messaggio diretto a Giorgia Meloni? O una mossa per rafforzare il suo profilo autonomo in vista di nuove ambizioni nazionali?
Difficile dirlo ora. Ma l’effetto è stato quello di aumentare la tensione dentro una coalizione che si avvicina al voto regionale con più rivalità interne che unità.
Fedriga invoca il rinvio del voto
A complicare ulteriormente il quadro ci ha pensato il presidente del Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, che ha proposto di rinviare le elezioni d’autunno.
Il motivo? “C’è il rischio di bilancio provvisorio”, ha detto, rilanciando l’idea di uno slittamento di qualche mese o di una norma ad hoc. Una proposta che, se venisse accolta, cambierebbe completamente lo scenario e riaprirebbe il gioco in molte regioni.
Un equilibrio sempre più precario
In attesa del vertice di mercoledì e delle prossime mosse di Conte, il quadro resta incerto. Giani è appeso a un filo, Schlein cammina sul crinale del compromesso e i 5 Stelle giocano al rialzo.
La strategia del “campo largo” rischia di franare prima ancora di cominciare, se non si trovano regole comuni, candidati condivisi e soprattutto un programma credibile.
Perché il vero rischio, come ammette uno stretto collaboratore della segretaria, “non è solo perdere le elezioni, ma perdere l’occasione di dare un senso a un’alleanza politica in grado di durare oltre le urne”. E oggi quel senso sembra ancora tutto da costruire.