Lo “Studio di ricognizione e approfondimento sullo sviluppo delle attività legate alle risorse energetiche alternative (impianti eolici off-shore) e delle interazioni con le attività di pesca e acquacoltura”, realizzato dal Consorzio Mediterraneo, struttura di ricerca aderente a Legacoop Agroalimentare, ha evidenziato che la costruzione dei 67 impianti eolici off-shore progettati nei mari italiani, con le geolocalizzazioni attualmente previste, sottrarrebbe una superficie di circa 13.000 Km quadrati alle attività di pesca professionale, in particolare lo strascico, e di maricoltura, con inevitabili ripercussioni sulla loro sostenibilità economica, in relazione ai volumi del pescato e all’occupazione, producendo effetti particolarmente pesanti per le marinerie attive nelle acque marittime della Puglia Centrale e meridionale, della Sardegna Meridionale e della Sicilia Sud-Occidentale. Relativamente all’impatto occupazionale, si stima una perdita di oltre 4.000 addetti -senza tenere conto del ridimensionamento che subirebbe l’ampio indotto industriale e commerciale – concentrati soprattutto nella Sicilia Sud-Occidentale (oltre 2.000 addetti in meno), in Puglia centrale e meridionale (-1.000), Sardegna meridionale (-500). Seguono Romagna (-300), Lazio (-200), Calabria e Sicilia Ionica (-200).
Eolico off-shore, allarme di Legacoop Agroalimentare: a rischio attività di pesca
“Facendo tesoro delle esperienze europee, di documenti recenti, e dell’esperienza di pescatori e maricoltori - sottolinea Cristian Maretti, presidente di Legacoop Agroalimentare (nella foto) - avanziamo una serie di proposte operative come base per un confronto costruttivo con i decisori politici e le società del settore, a cominciare da un coinvolgimento di tutti gli stakeholder nella fase di recepimento e attuazione della Direttiva UE 2023/2413 per analizzare attentamente, in fase di progettazione degli impianti eolici off-shore, le loro interazioni negative con le attività di pesca basandosi non solo sui dati A.I.S., ma anche e soprattutto su dati ed elementi conoscitivi che possono essere forniti dalle Associazioni di Categoria e dalle marinerie”. In dettaglio, le proposte avanzate da Legacoop Agroalimentare sono: inserire le aree occupate dagli impianti eolici nelle aree di protezione ambientale, ai fini del raggiungimento del 30% delle aree marine protette richiesto dall’Unione europea entro il 2030; interrare e proteggere i cavi di trasporto dell’energia elettrica a terra, in modo da consentire alle imbarcazioni a strascico di non interrompere le cale in loro prossimità; prevedere norme e strategie per consentire la piccola pesca artigianale con attrezzi fissi, all’interno delle aree occupate dagli impianti eolici; progettare canali per la navigazione ed eventualmente anche per la pesca a strascico all’interno delle aree occupate dagli impianti eolici; promuovere attività di maricoltura all’interno delle aree occupate dagli impianti eolici e valutarne l’attuabilità sul piano tecnico e legislativo; concordare con le Associazioni del settore e le Cooperative di pesca e acquacoltura le modalità per l’accesso alla raccolta dei mitili dalle strutture immerse e ad altre eventuali forme di allevamento per favorire l’uso polivalente delle zone in linea con gli obiettivi della Direttiva UE 2023/2413 sulla promozione dell’energia da fonti rinnovabili; promuovere una comunicazione efficace sulle sinergie tra i settori di pesca/maricoltura ed eolico offshore; accordi e protocolli tra società elettriche di gestione e cooperative di pesca e acquacoltura.
L’eolico off-shore riveste un carattere essenziale per l’obiettivo, indicato dal PNIEC, di raggiungere entro il 2030 una percentuale di energia prodotta da fonti energetiche rinnovabili pari al 30% dei consumi finali lordi relativi al nostro Paese. A partire da questa valutazione, lo Studio prende in esame le conseguenze che la riduzione della superficie marina utilizzabile conseguente alla destinazione di spazi alla realizzazione degli impianti eolici off-shore previsti produrrebbe sulle attività di pesca professionale, in particolare lo strascico, e di maricoltura. Si tratta, come detto, di 67 impianti, compreso l’unico per ora attivo in Italia, posizionato nella rada esterna del porto di Taranto e insediato su una concessione di modeste dimensioni: 18 proposti per la Sicilia, 18 per la Sardegna, 15 per la Puglia, 6 per la Calabria, 6 per il Lazio, 3 per l’Emilia Romagna. Tra l’altro, per molti impianti si evidenziano aree di sovrapposizione, che sarebbe opportuno evitare avviando, prima della definizione di nuovi impianti eolici in mare, un’attenta analisi sulle autorizzazioni già concesse o in via di rilascio. Considerando che l’attuale superficie marittima utilizzabile per la pesca a strascico è di poco più di 112mila km², pari a poco più del 32% della superficie complessiva delle acque marine italiane (oltre 350 mila km², dei quali quasi 200 mila interdetti alla pesca a strascico), la riduzione di 13.000 km² determinata dalla realizzazione degli impianti previsti significherebbe sottrarre un ulteriore 11,6% della superficie dei mari di giurisdizione italiana utilizzabile per questo tipo di attività. Un valore che può apparire trascurabile su scala nazionale, ma che assume ben altro rilievo se si considera che gli impianti progettati non sono uniformemente distribuiti lungo le coste italiane, ma fortemente concentrati, sovrapponendosi su zone di mare fortemente sfruttate dalla pesca professionale.
Pescatori e maricoltori guardano con attenzione alle potenzialità della produzione di energie rinnovabili attraverso l’eolico offshore, ma anche alle criticità, in particolare la consistente sottrazione di superfici utili e le notevoli complicazioni per quanto riguarda la navigazione, cui si aggiunge il rischio di un’ulteriore forte limitazione alle attività per la presenza dei cavidotti per il trasporto dell’energia a terra. Non a caso la Corte dei Conti europea nella relazione speciale “Energie rinnovabili offshore nell’UE-Piani di crescita ambiziosi ma rimane la sfida della sostenibilità” sottolinea che “la coesistenza di diversi settori con le energie rinnovabili offshore non è ancora una pratica comune: in particolare, in alcuni paesi dovrà essere affrontato meglio il conflitto irrisolto con la pesca”.
Lo Studio è basato sulla geolocalizzazione degli impianti eolici in mare esistenti e di quelli progettati, effettuata utilizzando i dati disponibili sull’archivio del MASE poi trasposti su piattaforma GIS (Geographic Information System), individuandone il posizionamento in relazione alle linee batimetriche, alle linee di base e alla linea di individuazione delle acque territoriali. Per due aree campione (Puglia centrale e Sardegna meridionale) sono poi stati incrociati con i dati relativi alla consistenza effettiva della flotta di pesca e dello sforzo di pesca dello strascico demersale per le imbarcazioni di oltre 15 m di lunghezza fuori tutto, utilizzando sistemi informativi di rilevamento (AIS, Automatic Identification System).