Lo stop all’H20 in Cina, il “95% di progetti falliti” del MIT e le parole di Altman colpiscono i listini. Valutazioni tirate e capex record trasformano l’euforia in stress test.
L’aria è cambiata, punto. In tre mosse – il freno di Pechino ai chip H20 di Nvidia, il report del MIT che misura l’impatto reale dell’IA nelle imprese e l’ammissione di Sam Altman che “sì, è una bolla” – il mercato ha visto materializzarsi il rischio che molti fingevano di non vedere: l’euforia sull’intelligenza artificiale può diventare fragilità finanziaria. L’America ha smesso (per ora) di comprare entusiasmo a scatola chiusa; l’Europa non è immune.
Cosa ha fatto pechino sull’h20
Il 12 agosto le autorità cinesi hanno inviato avvisi a grandi gruppi tech esortandoli a evitare l’uso dell’H20 di Nvidia – il chip “depotenziato” creato ad hoc per restare entro i limiti all’export USA – specie in progetti governativi e sensibili. Pochi giorni dopo, Nvidia ha chiesto ai fornitori di sospendere le lavorazioni sull’H20: la filiera si è fermata sul più politico dei nodi della nuova economia, il semiconduttore.
La società ha parlato di normale “gestione della supply chain”, ma l’interpretazione di mercato è univoca: il rientro in Cina, già complicato, ora è sotto condizionale.
Il 15% che fa discutere a Washington
Sul fronte USA, la Casa Bianca ha riaperto a luglio la porta ai chip “ridotti” per la Cina, trasformando il via libera in un inedito patto: licenze d’export in cambio del versamento del 15% dei ricavi cinesi di Nvidia e AMD al governo americano. Donald Trump ha difeso l’accordo pubblicamente. È un precedente che mescola politica industriale e gettito fiscale, con effetti difficili da stimare su prezzi, margini e concorrenza.
Nel frattempo, il segretario al Commercio Howard Lutnick – figura centrale dell’attuale linea dura – ha irritato Pechino con commenti giudicati “insultanti” sul chip H20, innescando ulteriore attrito.
Wall street scopre la fragilità
La settimana post-Ferragosto ha mostrato quanto l’IA sia diventata market driver… e market risk. Tech in correzione, rotazione verso settori difensivi, Nasdaq e S&P sotto pressione: la narrativa “solo su” si è incrinata.
Sul tema valutazioni, i numeri parlano. Nvidia tratta su multipli forward elevati – stime intorno a ~34x – ben sopra lo S&P 500 e oltre la media storica del settore, mentre l’indice IT americano oscilla sui 29–30x. Quando il prezzo incorpora anni di crescita futura, basta poco per invertire il flusso.
Deepseek, il precedente che ha fatto scuola
Il 27 gennaio lo shock DeepSeek – il lancio del modello cinese a costo irrisorio – ha provocato il crollo intraday di Nvidia vicino al 17% e un record di capitalizzazione bruciata in una sola seduta, trascinando il comparto semiconduttori oltre il trilione di dollari di perdite aggregate. È la prova empirica della concentrazione del rischio.
Mit raffredda gli animi: “il 95% non porta risultati”
Nel pieno della volatilità, è arrivata la doccia fredda del MIT: secondo “The GenAI Divide: State of AI in Business 2025”, il 95% dei progetti generativi in azienda non produce impatti misurabili su ricavi o profitti; solo il 5% accelera davvero, tipicamente quando l’IA viene applicata a problemi circoscritti e integrata nel lavoro quotidiano. Il punto non è la tecnologia in sé, ma l’adozione nei processi.
Altman toglie il velo: “sì, è una bolla”
Sam Altman ha smesso di girarci attorno: alla domanda se l’IA sia in bolla, “La mia opinione è sì”. Con un caveat cruciale: come nel 1999, dietro la bolla c’è “un nocciolo di verità” destinato a restare. Tradotto: l’IA è reale, l’esuberanza dei capitali forse no.
L’Europa non è un porto sicuro
Il tema non è “siliconvalley-centrico”. In Europa, vendite su software e semiconduttori: SAP ha guidato ribassi di settore; ASML resta cartina tornasole della domanda di macchinari e delle incertezze su Cina e tariffe.
Cosa guardare adesso (senza sconti)
- Utili e guidance, non storytelling. Nvidia pubblica i conti a mercato focalizzato su unit economics dell’IA: prezzi GPU, disponibilità, mix e – soprattutto – traduzione dei megacapex dei clienti in ricavi ricorrenti.
- Capex vs. ritorni. I giganti tech hanno promesso una spesa 2025 nell’ordine delle centinaia di miliardi per data center e modelli; la domanda è quanta parte si trasformi in margini e non in pura intensità di capitale.
- Politica industriale. Il “15% USA su vendite in Cina” è un meccanismo nuovo: può comprimere i margini, ma soprattutto crea precedenti imitabili. Se Pechino stringe sul lato sicurezza, il rischio è una regionalizzazione costosa dell’IA.
- Concentrazione e posizionamento. Poche mega-cap guidano gli indici. La storia insegna: quando il fattore moda incontra multipli alti, la volatilità diventa asimmetrica.
La tesi
Non siamo al 2000, ma la traiettoria ricorda quel copione: innovazione reale + capitali a basso costo (ieri), ora sostituiti da deregolazione e aspettative di tagli Fed + narrazione salvifica. Il pricing power dei leader regge finché l’offerta resta scarsa e l’alternativa è “nessuna IA”. Ma due fronti possono inceppare il meccanismo: 1) politico-regolatorio (quote, licenze, prelievi sugli utili cross-border, controlli di sicurezza); 2) economico-industriale (capex che inseguono promesse vaghe, integrazione aziendale lenta, ROI che non arriva).
La conclusione è netta: l’IA non è una bolla; i flussi su alcuni titoli sì. Per gli investitori, il discrimine è misurabile: unit economics positivi, ricavi “non-optional”, lock-in tecnologico, pipeline visibile di casi d’uso che pagano. Il resto è moda costosa.