Un nuovo patto per le Pmi: staffetta generazionale e occupazione giovanile

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 

Un modello di sviluppo che guarda al futuro senza dimenticare il passato. Il Governo Meloni, con il Disegno di legge annuale sulle Pmi, punta a rilanciare il cuore pulsante dell’economia italiana: le micro, piccole e medie imprese. Attraverso una serie di interventi mirati, si cerca non solo di favorire l’innovazione e migliorare l’accesso al credito, ma anche di risolvere una delle problematiche più delicate del sistema produttivo italiano: il ricambio generazionale.

Un nuovo patto per le Pmi: staffetta generazionale e occupazione giovanile

Al centro del provvedimento c’è la cosiddetta “staffetta generazionale”. Un’idea tanto ambiziosa quanto necessaria in un Paese in cui la forza lavoro invecchia rapidamente e i giovani faticano a inserirsi stabilmente nel mercato del lavoro. Questo meccanismo prevede che, nelle Pmi con meno di 50 dipendenti, i lavoratori prossimi alla pensione possano scegliere un regime di part-time incentivato, consentendo alle aziende di assumere giovani under 35 con contratti agevolati.

Il processo, però, non si ferma al semplice ingresso dei giovani: l’obiettivo è un passaggio di competenze, un vero e proprio “mentorship” professionale. Chi ha trascorso decenni all’interno dell’azienda trasferisce il proprio know-how ai nuovi ingressi, garantendo non solo la continuità operativa ma anche la salvaguardia di quella cultura aziendale che è stata il motore del successo delle Pmi italiane. Una volta terminato il rapporto di lavoro del pensionando, il neoassunto subentrerà completamente nella sua posizione.

Un modello economico sotto pressione

Le Pmi, che rappresentano oltre il 90% del tessuto imprenditoriale italiano, non sono solo un simbolo della nostra economia ma una realtà complessa, fatta di tradizioni, legami territoriali e capacità di innovazione. Tuttavia, negli ultimi decenni, queste imprese si sono trovate a dover affrontare trasformazioni profonde. La globalizzazione, l’avvento della digitalizzazione e l’emergenza climatica hanno messo sotto pressione un modello che, sebbene vincente in passato, fatica a reggere il passo.

Il disegno di legge del Governo non si limita alla staffetta generazionale. Introduce, infatti, una serie di misure che puntano a rendere le Pmi più competitive: dai “Mini Contratti di Sviluppo” per il settore moda, pensati per rilanciare un’industria simbolo del Made in Italy, alle Centrali consortili, che mirano a coordinare meglio le filiere produttive, fino agli incentivi fiscali per le reti d’impresa, strumento fondamentale per favorire la collaborazione tra aziende di piccole dimensioni.

Le sfide da affrontare

Sebbene la proposta sia articolata e ambiziosa, restano alcune criticità da affrontare. La “staffetta generazionale”, per esempio, ha un potenziale trasformativo, ma perché funzioni sarà necessaria una forte sinergia tra pubblico e privato. Serviranno incentivi concreti e ben strutturati, un accompagnamento delle imprese nel processo di transizione e, soprattutto, un monitoraggio costante per evitare che la misura si riduca a un beneficio temporaneo per pochi.

Le esperienze passate non lasciano del tutto tranquilli: altri provvedimenti volti a favorire l’ingresso dei giovani nel mercato del lavoro, come i contratti di apprendistato, hanno spesso avuto risultati altalenanti, con poche aziende realmente disposte a investire nel lungo termine.

Il ruolo dei giovani e la sfida del futuro

La forza della “staffetta” sta nel suo simbolismo: un passaggio di testimone che richiede coordinazione, fiducia e una visione comune. Da un lato, offre ai lavoratori anziani una transizione graduale verso la pensione, con una maggiore conciliazione tra vita privata e lavoro; dall’altro, garantisce ai giovani un’opportunità concreta di entrare in un mondo del lavoro spesso chiuso, che ha bisogno di innovazione per affrontare le sfide future.

C’è però una domanda che non si può eludere: le Pmi, già messe alla prova dalla concorrenza internazionale e dai costi crescenti, saranno davvero in grado di reggere questa transizione? Il rischio è che, senza un adeguato sostegno, molte aziende possano non trovare le risorse necessarie per attuare queste trasformazioni.

Eppure, se c’è una lezione che il passato ci ha insegnato, è che le Pmi italiane hanno saputo reinventarsi più volte. Il distretto del nord-est, ad esempio, è passato da una zona depressa a una delle aree più ricche d’Europa proprio grazie alla capacità di coniugare tradizione e innovazione.

La speranza è che questo nuovo patto intergenerazionale possa segnare una svolta. Perché le Pmi non sono solo numeri o fatturati: sono storie di famiglie, territori e comunità che hanno fatto grande l’Italia. E oggi, più che mai, è il momento di scrivere una nuova pagina di quelle storie.

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