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Tensione Giappone-Cina, allarme incrociato: Taiwan accende la miccia

- di: Jole Rosati
 
Tensione Giappone-Cina, allarme incrociato: Taiwan accende la miccia
Giappone-Cina, allarme incrociato: Taiwan accende la miccia
Tokyo invita i connazionali in Cina alla prudenza dopo le parole della premier su Taiwan. Avvisi di viaggio incrociati, timori per la sicurezza, turismo in affanno e diplomazie sotto pressione in un Pacifico sempre più nervoso.

L’avviso di Tokyo ai giapponesi in Cina

Il governo giapponese ha alzato il livello di attenzione per i propri cittadini che vivono o viaggiano in Cina. L’ambasciata a Pechino ha diffuso una comunicazione straordinaria in cui invita i residenti e i turisti nipponici a mantenere alta la soglia di attenzione, a evitare grandi assembramenti e, per quanto possibile, i luoghi dove è facile riconoscere una forte presenza giapponese.

Nel messaggio – recapitato via e-mail alla comunità giapponese e pubblicato sul sito dell’ambasciata – si legge che “è consigliabile prestare particolare cura all’ambiente circostante e allontanarsi rapidamente qualora si notino situazioni o gruppi dall’atteggiamento sospetto”, avverte la rappresentanza diplomatica, che raccomanda anche di non spostarsi da soli nelle ore serali e di prestare attenzione speciale alle famiglie con bambini.

L’allerta arriva in un momento di forte irritazione politica tra Tokyo e Pechino: una crisi a bassa intensità che si è accesa, ancora una volta, attorno alla questione più delicata della regione, Taiwan.

La frase di Takaichi che ha fatto infuriare Pechino

Al centro della tempesta c’è un intervento della nuova premier giapponese Sanae Takaichi davanti al Parlamento di Tokyo all’inizio di novembre. Rispondendo a una domanda sull’eventualità di un’azione militare cinese contro l’isola, la leader conservatrice ha affermato che un uso della forza da parte di Pechino potrebbe configurare per il Giappone una “situazione di minaccia alla sopravvivenza”, aprendo la strada – secondo la legislazione sulla sicurezza – a un possibile coinvolgimento delle forze di autodifesa.

Un messaggio che, in linguaggio diplomatico, equivale a dire che un conflitto sullo stretto di Taiwan non sarebbe un problema “lontano” per Tokyo, ma un dossier direttamente legato alla sicurezza nazionale giapponese.

La reazione di Pechino è stata immediata. Il ministero degli Esteri cinese ha convocato l’ambasciatore giapponese e accusato Takaichi di “interferire gravemente negli affari interni della Cina”, chiedendo alla premier di ritrattare le sue parole. La leadership cinese considera Taiwan parte “inalienabile” del proprio territorio e, da decenni, reagisce con durezza a qualsiasi dichiarazione che sembri mettere in discussione il principio di “una sola Cina”.

Tokyo, dal canto suo, ha ribadito di rispettare il quadro fissato nel 1972 con il comunicato congiunto che stabilì le relazioni diplomatiche tra i due Paesi, ma non ha alcuna intenzione di fare marcia indietro sulle affermazioni della premier. Il portavoce del governo ha ricordato che “il Giappone auspica che la questione di Taiwan sia risolta in modo pacifico, ma ha il dovere di discutere con trasparenza le implicazioni per la propria sicurezza”, ha sottolineato.

Gli avvisi incrociati di viaggio e l’effetto sul turismo

Prima ancora dell’allerta giapponese ai connazionali in Cina, era stata proprio Pechino a premere il grilletto dei consigli di viaggio. Nei giorni scorsi, le autorità cinesi hanno infatti invitato i propri cittadini a evitare i viaggi in Giappone, citando un clima ostile e possibili rischi per la sicurezza dopo le dichiarazioni di Takaichi.

L’avviso cinese include anche una raccomandazione specifica per gli studenti che si trovano già in Giappone o che progettano di trasferirvisi per motivi di studio, affinché “valutino con attenzione i rischi, adottino misure di protezione adeguate e pianifichino con prudenza il proprio percorso”, secondo la formula scelta da Pechino.

Le conseguenze si sono fatte sentire subito sui mercati: le azioni delle compagnie aeree, degli operatori turistici e dei grandi retailer giapponesi hanno registrato forti cali in Borsa, mentre alcune compagnie cinesi hanno iniziato a offrire rimborsi e cambi gratuiti per i biglietti diretti in Giappone, segnale che una parte dei viaggiatori sta riconsiderando i propri programmi.

In Cina, la tensione politica ha trovato eco anche nel campo culturale. Alcuni distributori hanno sospeso o rinviato l’uscita di film giapponesi, definendo la scelta una decisione “prudente” in un contesto di sentimenti nazionalisti accesi e campagne online che invitano a boicottare prodotti e contenuti giapponesi.

Diplomazie al lavoro, ma nessuno vuole arretrare

Mentre gli avvisi di viaggio si incrociano e l’opinione pubblica si scalda, i canali diplomatici restano aperti. Tokyo ha annunciato l’invio a Pechino di un alto funzionario del ministero degli Esteri con il mandato di raffreddare la temperatura dello scontro e ribadire la volontà giapponese di mantenere relazioni stabili con il vicino.

Il ministro degli Esteri giapponese ha definito “incompatibile con una relazione costruttiva” il severo avvertimento ai turisti cinesi diretto contro il Giappone, aggiungendo però che “Tokyo continuerà a impegnarsi per un dialogo franco, evitando che le divergenze si trasformino in una spirale incontrollabile”.

Dal lato cinese, le parole sono di tutt’altro segno. Organi di stampa vicini al governo hanno attaccato Takaichi, dipingendola come una leader incline allo scontro e chiedendo risposte “forti e mirate” contro il Giappone, anche sul piano economico. È il linguaggio di una crisi che, pur restando per ora sul terreno diplomatico e mediatico, mostra un potenziale di escalation difficile da ignorare.

Taiwan osserva la crisi e pesa i suoi effetti

In questa partita a scacchi la terza protagonista, ovviamente, è Taipei. Il governo taiwanese ha invitato Pechino alla moderazione e alla rinuncia a qualsiasi minaccia militare, ma osserva con attenzione anche le mosse di Tokyo. Le parole di Takaichi sono state lette da molti analisti come un segnale di deterrenza rivolto alla leadership cinese e, al tempo stesso, come un messaggio di sostegno politico a Taiwan.

La premier giapponese, da anni schierata su posizioni dure verso la Cina, appare determinata a mantenere una linea di fermezza. In patria, questa postura parla a un’opinione pubblica sempre più sensibile al tema della sicurezza regionale e alle ripetute incursioni aeree e navali cinesi nei pressi di Taiwan e delle isole contese nel Mar Cinese orientale.

Dal punto di vista taiwanese, la crescente attenzione del Giappone può essere vista sia come una garanzia in più, sia come un rischio: se Pechino dovesse percepire un fronte sempre più compatto tra Tokyo, Taipei e gli alleati occidentali, la tentazione di alzare la posta in gioco – anche solo sul piano militare dimostrativo – potrebbe aumentare.

Economia, opinione pubblica e il fattore memoria storica

Oltre ai dossier militari e ai calcoli strategici, la crisi ha una forte dimensione economica e sociale. La Cina è uno dei principali partner commerciali del Giappone e la prima fonte di turisti stranieri per il Paese del Sol Levante. Ogni tensione politica si traduce quasi automaticamente in meno visitatori, meno acquisti, meno investimenti: un prezzo che pesa sia sulle aziende giapponesi sia sugli operatori cinesi che vivono di scambi con il Giappone.

In Cina, la narrativa ufficiale lega spesso le frizioni attuali con il Giappone alla memoria ancora vivissima delle atrocità commesse dall’esercito nipponico nel XX secolo. Non è un caso che molti commenti sui media statali evochino le “ombre del passato” per interpretare le parole di Takaichi, presentate come la prova che Tokyo non avrebbe mai davvero reciso il cordone con il proprio passato militarista.

In Giappone, al contrario, una parte dell’elettorato vede nella postura assertiva di Takaichi un ritorno a una politica estera più decisa verso una Cina percepita come sempre più assertiva, se non apertamente minacciosa. L’idea che un attacco a Taiwan renderrebbe vulnerabile il Giappone – sia per ragioni geografiche sia per il ruolo strategico dell’isola sulle rotte marittime e sulle catene di approvvigionamento tecnologiche – è ormai entrata nel dibattito pubblico.

Quali scenari per Tokyo e Pechino

Nel breve periodo, il copione più probabile è quello di un braccio di ferro controllato: Pechino continuerà a esercitare pressione con strumenti economici e propagandistici, affidandosi anche alle campagne online e all’arma dei viaggi turistici, mentre Tokyo cercherà di difendere le proprie posizioni senza rompere del tutto i ponti con il vicino.

Il rischio è che, alimentata da nazionalismi contrapposti, la crisi esca dai binari. Basterebbe un incidente – un episodio di violenza contro cittadini, una provocazione militare mal gestita, un nuovo giro di sanzioni simboliche – per spingere i due Paesi in una spirale di ritorsioni. È proprio questo scenario che le diplomazie di Tokyo e Pechino, almeno a parole, dicono di voler evitare.

Nel frattempo, per i cittadini giapponesi in Cina, il messaggio è chiaro: “evitare le folle, osservare ciò che accade intorno a sé e reagire con sangue freddo a ogni segnale di rischio”, raccomandano le autorità di Tokyo. Per i governi, la sfida è opposta ma speculare: mantenere la rotta, difendere le proprie posizioni e, allo stesso tempo, impedire che la questione di Taiwan trasformi l’ennesima crisi diplomatica in qualcosa di molto più grande. 

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