Moglie, madre e manager di successo, Diva Moriani si racconta: "In Italia c'è ancora strada da fare per la parità di genere"

 
Conosciamo da vicino Diva Moriani, una delle più affermate manager italiane, membro dei board di alcune tra le più importanti realtà imprenditoriali, ma anche moglie e madre.
Una donna di successo, a tutto tondo, fortemente impegnata nel sociale.


Dottoressa Moriani, lei ha contribuito alla redazione del ‘Piano Bridge’, presentato dall’Associazione ‘M&M - Idee per un Paese migliore’, che riunisce imprenditori, manager, banchieri, accademici e di cui lei è membro del Comitato direttivo. Un Piano - cha ha suscitato interesse in molti ambienti - per una straordinaria, ingente erogazione di credito con garanzia dello Stato agli operatori economici del Paese senza istruttoria da parte delle banche, così da superare l’emergenza Covid-19 sul piano economico. Può sintetizzarci i passaggi chiave del ‘Bridge’?
"Paradossalmente è molto più semplice parlare della validità del nostro Piano ora, mentre vediamo che il mancato recepimento di alcuni nostri suggerimenti - capisaldi del Piano - all’interno del Decreto Liquidità ne stanno compromettendo l’efficacia. La nostra idea si basava su un assunto molto semplice: le aziende tutte, piccole medie o grandi, sono state costrette a chiudere per ragioni di ordine pubblico. Per questa ragione, se non vogliamo che si ritrovino presto in crisi di liquidità, con le devastanti conseguenze che questo può significare per il sistema, lo Stato deve intervenire per indennizzarle o supportarle finanziariamente.
Un finanziamento bancario pari al fatturato perso a causa del lockdown a) di lunga durata (10 anni, così da non pesare eccessivamente in termini di rimborso), b) garantito al 100% dallo Stato (così da evitare l’istruttoria bancaria o passare attraverso istruttoria bancaria semplificata), e c) ad un costo vicino allo zero (in modo da non pesare eccessivamente nel conto economico dell’azienda), rappresentava l’unica soluzione per far affluire rapidamente i soldi dei mancati incassi alle aziende e salvarle da una crisi finanziaria. Purtroppo né a), né b), né c) sono entrate nel Decreto Liquidità ed i finanziamenti non stanno arrivando alle aziende. La situazione è oggi estremamente complessa.

Fattore cruciale per una rapida ripresa economica è la fiducia delle imprese e delle famiglie. Quali segnali vede al momento su questo fronte?
"Gli indicatori dell’Istat a proposito non sono buoni. La situazione, come dicevo, è estremamente complessa proprio perché il sistema impresa è in forte crisi. Questo determina incertezza nel futuro e paura di perdere il proprio posto di lavoro. In altre parole, consumer confidence molto bassa e scarsa predisposizione ai consumi e alla spesa. Quindi la ripresa non sarà quella vista in Cina post-lockdown ed i fatturati delle imprese ci metteranno un po’ di tempo a ritornare ai livelli pre-Covid. In mancanza di adeguati interventi sulle imprese e stimoli alla domanda che innestino un meccanismo virtuoso il sistema faticherà a riavviarsi, con conseguenze economiche di sistema estremamente serie".

Sul comportamento delle aziende - e più in generale della società italiana - durante la pandemia, lei ha scritto: “Dal mio personale osservatorio, come donna d’azienda e consigliere di alcune tra le più importanti realtà d’impresa italiane, posso dire che il mondo italiano è molto migliore di come viene raccontato (le ragioni di tale discrasia sfuggono a qualsiasi motivazione razionale). E questa tragedia che stiamo vivendo ce lo ha dimostrato”. Può approfondire questa affermazione?
"Durante questa pandemia ho osservato con entusiasmo come il sistema impresa ha reagito prontamente e unsolicited all’emergenza sanitaria, economica e sociale del Paese. Di fatto i primi (e per molto tempo gli unici) soldi effettivamente immessi nel sistema per la costruzione di padiglioni Covid, per la riconversione di impianti in produzione di materiale sanitario, per il supporto finanziario ad intere filiere di produzione o, più semplicemente, per il sostegno a famiglie o categorie in difficoltà, sono arrivati dalle imprese. E tutto questo è avvenuto in maniera estremamente naturale, nella consapevolezza che un sostegno dato al mondo che circonda l’azienda aiuta e protegge l’azienda stessa, perché nessuna ricchezza rimane tale in un mondo di poveri. E cos’è questo se non il principio che sta alla base del concetto di sostenibilità? Le aziende italiane hanno dato una grande prova di maturità…"

Lei è nel board di Aziende e Gruppi di grande importanza: è vice Presidente esecutivo di Intek Group S.p.A, vice Presidente di Kme AG (di cui è stata anche Amministratore delegato), membro del Cda di Eni, Assicurazioni Generali, Moncler, e potremmo andare avanti. Ha affermato che, nel mondo che si sta plasmando sotto gli effetti della pandemia, le imprese possono diventare i capisaldi di una nuova organizzazione sociale. “La ripresa - ha scritto - o, meglio ancora, la ricostruzione, potrebbero acquisire uno slancio ed una velocità che non abbiamo mai sperimentato nel nostro Paese”. Quali elementi supportano questa sua convinzione?
"Il comportamento virtuoso delle aziende di cui parlavamo ha creato anche molto senso di comunità, ed in pieno lockdown il punto di riferimento delle persone, oltre alla famiglia, è stata l’azienda. E se l’azienda diventa comunità, aperta e attenta al benessere dei singoli come si è dimostrata in questo periodo, perché non potrebbe essa stessa diventare capisaldo fondamentale di una nuova organizzazione sociale? Oggi, in epoca di pandemia, presidio periferico di controllo dei contagi e di tracciamento dei contatti tra le persone, grazie alle sue regole e organizzazione gerarchica che ne garantisce il rispetto. Domani, magari, centro propulsore di trasformazioni sociali in materia di salute, prevenzione, istruzione e formazione, mobilità o organizzazione dei figli…e magari molto altro ancora. Il concetto è quello della decentralizzazione, facendo leva sulla velocità ed efficacia d’intervento delle imprese rispetto ad organismi pubblici centralizzati".

Aldo Carotenuto, psicoanalista, scrittore a accademico italiano, affermava che una ferita può essere anche una feritoia, anzi invitava a trasformare ogni ferita in una feritoia. Si possono individuare, in questa grave ferita che abbiamo subito e stiamo subendo, una o più feritoie? In altre parole, guardando al futuro quali elementi potranno aiutarci in maniera permanente per una vita più prospera e migliore? E nell’immaginario collettivo potrà esserci un capitalismo dal volto umano?
"Il dramma che abbiamo vissuto e che ha portato a rinchiuderci nelle nostre case e a privarci delle nostre libertà fondamentali ha messo a nudo tutte le nostre paure ed insicurezze, ma anche la capacità di guardarsi dentro ed analizzare errori commessi e distorsioni di prospettiva. Ecco, ci siamo fermati ed abbiamo avuto tempo di riflettere e di guardare il mondo con altri occhi. La feritoia nasce così, da semplici domande che dobbiamo porci sul perché di un pianeta malato o di un mondo pieno di pericolose disuguaglianze, e da soluzioni che dobbiamo immaginare perché non più rinviabili. E il sistema impresa non può esimersi dal dare queste risposte e deve fare la sua parte, potendo assumere anche un ruolo di guida stante l’artiglieria che può mettere in campo per ciò che dicevamo sopra. Sono certa che l’impresa saprà giocarsi egregiamente questa partita, evolvendo nella direzione della sostenibilità, unica strada possibile per affrontare preparati le grandi sfide ed i grandi cambiamenti che ci aspettano nel prossimo futuro".

Dottoressa Moriani, lei è una manager affermatissima. Qual è lo stato dell’arte, in Italia, sull’affermazione delle donne nella vita economica, civile e sociale anche in ruoli di vertice? Quanta strada c’è ancora da fare per la parità di genere? A tale proposito, quanto ha aiutato in tale direzione l’entrata in vigore della legge 120 del 2011, meglio conosciuta come legge ‘Gallo-Mosca’? Non sarà un caso che, dal 2011, la percentuale femminile nei board delle Società quotate italiane sia salita dal 7% al 36,4%. La strada giusta per accelerare, in altre parole, sono provvedimenti come quella legge?
"Purtroppo la risposta è sì. Esiste ancora un problema culturale molto importante nel nostro Paese, che ogni donna in prima linea tocca con mano tutti i giorni. La legge del 2011, purtroppo “a scadenza” ma fortunatamente reiterata di recente, ha fatto emergere tantissime donne professionalmente molto valide e modificato sostanzialmente in senso migliorativo la composizione ed il funzionamento dei consigli di amministrazione, dal punto di vista qualitativo e di diversity. Ma posso assicurare che il mancato rinnovo della legge 120 avrebbe rapidamente fatto regredire la percentuale di donne nei board fino ad annullarla. A questo punto è necessario un impegno concreto da parte delle donne che siedono nei board o che si trovano in posizioni di vertice affinchè le organizzazioni sottostanti assumano, facciano crescere, trattengano e promuovano donne professioniste di qualità. Senza vergogna e sfidando i sorrisi “compassionevoli” dei colleghi maschi, si deve avere la forza di spingere questi temi nelle discussioni al vertice per cambiare e far crescere le organizzazioni dal basso. Nel loro interesse, perché le caratteristiche di leadership che ci vogliono per affrontare periodi di forte cambiamento, se non addirittura di disruption, come quelli che stiamo vivendo sono proprio quelle più facilmente riscontrabili su modelli di leadership al femminile: sensibilità, flessibilità, capacità di adattamento al cambiamento, capacità di mediazione, pensiero laterale".

Come è riuscita e riesce a conciliare, con tanti impegni, i tempi di vita familiare e di lavoro? Ha qualche rimpianto?
"Ho cercato di fare del mio meglio, con responsabilità ed esercizio della delega, senza provare mai a fare l’eroe. Ci sono compromessi da fare, certo, ma l’importante è viverli con serenità e senza sensi di colpa, perché io sono e voglio essere, allo stesso tempo, una professionista, una mamma, una moglie e una donna. È possibile farlo ed è un dovere farlo, se vogliamo trasmettere alle nuove generazioni il messaggio di un mondo più equo e giusto".

La sua caratteristica è di essere una manager caratterizzata da un forte tratto di impegno sociale e civile. Citiamo solo un esempio: una delle cose più belle che avete fatto con Intek è ‘Dynamo Camp’ a Limestre (Lucca). Ce ne può parlare?
"Dynamo è un’avventura meravigliosa. Aperto nel 2007, Dynamo è il primo camp di terapia ricreativa dedicato a bambini con patologie gravi o croniche che vengono a trascorrere brevi periodi di vacanza in totale serenità e spensieratezza, in un contesto protetto dove - come recita il nostro claim - “la vera cura è l’allegria”. Ospitiamo gratuitamente oltre 1500 bambini all’anno in un posto bellissimo immerso nell’Appennino Pistoiese, dove abbiamo recuperato una vecchia cartiera e capannoni industriali trasformandoli in un posto straordinario. A Dynamo ospitiamo inoltre famiglie di bambini con gravi patologie per brevi periodi di vacanza. Oltre al Camp, il mondo Dynamo oggi è cresciuto ed è composto da una Social Academy, imprese sociali e imprese profit che devolvono i propri utili a sostegno di Dynamo. Un posto magico e pieno di energia positiva: assolutamente da visitare!"
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