Golfo: lo scontro Arabia Saudita-Qatar viaggia sulle fake news

- di: Jean Aroche
 
Una delle definizioni che ricorrono maggiormente nelle cronache di questi tempi è certamente fake news, notizie false dietro le quali si nascondono strategie le cui finalità vere spesso sfuggono. È il principio delle disinformazione, che si costruisce con la pubblicizzazione di notizie totalmente inventate alle quali si deve dare una parvenza di attendibilità, magari attribuendola a questo o quel personaggio pubblico, fidando nell'effetto traino. Cioè, quante più sono le persone che seguono sui social i personaggi pubblici cui vengono attribuire dichiarazioni, maggiore è la possibilità che la notizia falsa - con il meccanismo della condivisione- raccolga consensi oppure anche soltanto interesse.

Una di queste guerre di informazioni fasulle, ma che comunque possono passare per vere, ha come scenario il Golfo dove da anni è in atto un conflitto reale armato (nello Yemen). In questo contesto si è scatenata una guerra di screzi e notizie false tra, da un lato, l'Arabia Saudita (wahabita, ovvero della corrente più tradizionalista dell'islam), riconosciuta potenza regionale, ed i suoi tradizionali alleati, e, dall'altro, il Qatar, con l'obiettivo manifesto di riaffermare la primazia della rispettiva visione religiosa.
Oggi Le Monde, il più prestigioso quotidiano francese, riferisce di una vicenda che è talmente surreale che potrebbe apparire - e questo sarebbe un errore - ridicola.
Tre personaggi pubblici, che mai potrebbero essere diversi per estrazione sociale ed impegno civile, così come sono totalmente disinteressati a quanto accade nel Golfo, si sono ritrovati, a loro insaputa, arruolati tra i sostenitori del regno saudita, in funzione anti-qatarina.

Si tratta del giocatore professionista di baseball americano Joey Krehbiel (attualmente in forza ad una squadra minore della franchigia dei Minnesota Twins), lo sciatore norvegese Kjetil Jansrud (tra i massimi interpreti della discesa e campione olimpico e mondiale) e il giornalista sudafricano Siyabonga Sesant, uno dei cronisti più noti del suo Paese.
Secondo quanto Krehbiel, Jansrud e Sesant hanno dovuto rilevare, i rispettivi account Twitter sono stati hackerati e usati per portare avanti delle offensive mediatiche pro-saudite ed anti-Qatar, con notizie false, tra le quali anche quella che riferiva di un fantomatico colpo di Stato a Doha.

Questo conflitto, al momento solo virtuale, ma non per questo dai toni accesi, è in atto da circa tre anni, in coincidenza con l'embargo decretato da Arabia Saudita, Emirati arabi uniti e Bahrain nei confronti dei vicini del Qatar, protagonisti di una aggressiva politica di espansione della propria sfera di influenza nei paesi islamici. Una politica che si è sostanziata nell'erogazione di ingenti quantità di denaro a Paesi musulmani, ma anche nel finanziamento di religiosi radicali, mandati in giro a predicare la parte più conservatrice dell'Islam.
Facendo proprie le tattiche della cyber-informazione, l'Arabia Saudita ha schierato un piccolo esercito di hacker, ma anche di manipolatori della verità, inondando la rete ed i social con notizie non vere, mirate a screditare il Qatar e le sue politiche non solo nel mondo islamico.
Una girandola di notizie vere, verosimili e palesemente false che, creando un mix molto aggressivo, hanno determinato intorno al Qatar un'aura di inaffidabilità e di doppiezza nei confronti del vero Islam.

Uno degli esempi di questa guerra che si combatte sulla Rete e, in essa, nel variegato e fragile - in termini di sicurezza - mondo dei social è stata la notizia fasulla di un presunto colpo di Stato che stava per rovesciare i governanti qatarini. La notizie è stata veicolata su decine di migliaia di profili, ritenuti riconducibili all'Arabia Saudita ed agli Emirati.
Notizie false suffragate anche da un video che, secondo gli account anti-Qatar, ritraevano un'esplosione a Doha, mentre invece si trattava di uno scoppio accaduto in Cina nel 2015.
Altro video - che ritraeva uno spettacolo pirotecnico - è stato spacciato come il resoconto filmato di non meglio specificati scontri nella capitale qatarina.
Anche la crisi del Covid-19 è stato utilizzato in questa offensiva contro il Qatar. In marzo, infatti, senza alcuna prova, l'Emirato è stato accusato di diffondere il Coronavirus con il solo obiettivo di ostacolare Vision 2030, l'ambizioso piano di riforme del principe ereditario saudita, Mohammed Ben Salman.

L'ultima perla risale a qualche giorno fa quando, su Internet, ha cominciato a girare l'audio di una registrazione - che definire dubbia è riduttivo - in cui l'ex presidente degli Stati Uniti Barack Obama viene definito uno "schiavo" dall'ex emiro del Qatar, Hamad Ben Khalifa Al Thani.
Secondo l'accademico Marc Owen Jones, uno specialista dei social media che insegna in Qatar, ci si trova davanti ad una ''deliberata campagna di destabilizzazione a Doha". Il docente ha anche chiosato sul fatto che diffondere false informazioni è vietato in Arabia Saudita così come negli Emirati. ''Il fatto che giornalisti di spicco possano realizzarli senza conseguenze legali - ha commentato - suggerisce che tutto ciò sia orchestrato in alto loco''.
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