ANFIA, il presidente Paolo Scudieri lancia l’allarme: "Per la ripartenza del mercato auto servono misure mirate del Governo"
La crisi da Covid-19 ha travolto la nostra economia, nella quasi totalità dei comparti, come la filiera dell’automotive. I segnali sono inequivocabili, con la produzione che ha registrato una caduta del 55,8% a marzo, chiudendo il primo trimestre a -21,6%. Ne abbiamo parlato con Paolo Scudieri, presidente Anfia.
Dottor Scudieri, dal suo osservatorio come presidente di Anfia (Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica) ci può fornire una radiografia di questa crisi?
"La produzione di autoveicoli è calata del 24,5% nel primo trimestre (autovetture: -64% a marzo e -27% nel primo trimestre) e, avendo le fabbriche riaperto solo a partire dal 27 aprile, i risultati nel quarto mese dell’anno sono stati quasi pari a zero, mentre la produzione di parti e accessori per autoveicoli risulta in flessione del 48,7% a marzo e chiude il trimestre a -20,4%. Per il mercato auto, quasi azzerate le immatricolazioni: -85,4% a marzo e -97,6% ad aprile, con una perdita, nei due mesi insieme, di 361.000 unità rispetto allo stesso bimestre 2019 (-51%). A fine 2020, in assenza di interventi governativi, potremmo perdere tra le 500 e le 600.000 unità. Non è andata meglio per i veicoli industriali e trainati: ad aprile, -61% per gli autocarri e -70,7% per i veicoli trainati, con chiusura del quadrimestre a -26% e -47% rispettivamente. Ora che siamo nella fase 2, si prevede una ripresa molto lenta, che comincerà non prima del secondo semestre. Le conseguenze delle misure per contrastare la pandemia sono state pesanti anche negli altri principali Paesi europei, con un crollo della produzione industriale complessiva, a marzo, del 16,8% in Francia e del 14,2% in Germania, mercati per noi importanti, dove, tuttavia, si sono avviati importanti piani di rilancio. Se confrontiamo le vendite di auto in Europa ad aprile, l’Italia detiene la peggior performance tra i major market (incluso UK) per il secondo mese consecutivo, sia nel mese (-97,6%), sia nel cumulato (-50,7%)".
Anfia si sta impegnando, al massimo delle sua capacità, per sostenere le imprese della filiera, dialogando con il Governo, al quale ha chiesto provvedimenti ed impegni. Quali sono state le direttrici lungo le quali vi siete mossi?
"Dai primi giorni di lockdown, ci siamo focalizzati sugli interventi a supporto della liquidità e a sostegno del mercato e della produzione. Stiamo continuando a chiedere di estendere l’ecobonus attualmente in vigore anche alle auto ad alimentazione alternativa con emissioni medie di CO2 da 61 a 95 g/km, allargando così la platea dei beneficiari, ma in linea con gli obiettivi europei di decarbonizzazione. Nel medio-lungo periodo, occorrono misure che accompagnino la transizione tecnologica del settore verso l’elettrificazione e la guida autonoma, tra cui incremento e proroga del credito d’imposta per le attività di R&D, integrazione del piano Industry 4.0 con voci dedicate alla formazione per l’elettrificazione e stanziamento di risorse maggiori di quelle dell’attuale fondo unico IPCEI (Important Projects of Common European Interest), in riferimento ai progetti IPCEI 1 e IPCEI 2 batterie, nonché per quelli su veicoli autonomi e connessi e sull’idrogeno.
Il crollo delle vendite, con il conseguente aumento delle vetture accumulate in stock da concessionari e produttori, necessita di misure immediate ed efficaci.
Per le vetture e i veicoli commerciali leggeri (prodotti fino al 25 marzo 2020) attualmente in stock serve un incentivo temporaneo all’acquisto che ne faciliti lo smaltimento, agendo contemporane-amente sulla ripartenza del mercato e sulla ripresa di ritmi produttivi regolari".
Il governo, con il ‘’Decreto Liquidità’’, ha cercato di venire incontro alle imprese, soprattutto per quanto riguada il problema della liquidità. Presidente Scudieri, può dirci qual è il suo giudizio sul Decreto e se ANFIA avanzerà altre richieste?
"Le misure di garanzia del Decreto Liquidità non hanno ancora, nel complesso, prodotto gli effetti tempestivi invocati, ovvero far sì che le imprese possano contare subito sulla liquidità aggiuntiva. Bisogna semplificare al massimo le procedure di concessione della garanzia e velocizzare l’erogazione del credito. Gli strumenti di garanzia possono essere ancora potenziati e ne va assicurata la continuità nei prossimi mesi, attraverso stanziamenti adeguati che consentano alle imprese di tutte le dimensioni di beneficiarne. Anche grazie alla nostra azione, è stata invece soddisfatta la richiesta di permettere anche alle imprese medio-grandi di beneficiare delle flessibilità annunciate lo scorso 2 aprile dall’Autorità Bancaria Europea (EBA) sul trattamento delle moratorie, in aggiunta a quella di legge introdotta per le PMI dal Decreto Cura Italia. Grazie all’Addendum all’Accordo per il Credito 2019 siglato pochi giorni fa da Confindustria con ABI e le altre Associazioni imprenditoriali, infatti, la moratoria dei finanziamenti è stata esplicitamente estesa alle imprese di grandi dimensioni che auto-certifichino di essere state danneggiate dall’emergenza sanitaria.
Neanche le imprese di autotrasporto sono rimaste immuni dalla crisi.
Anche la filiera produttiva dei veicoli industriali – che ha ripreso a pieno ritmo le attività il 4 maggio scorso, contestualmente alla riapertura dei concessionari e delle reti di vendita su tutto il territorio nazionale e alla ripartenza delle attività delle motorizzazioni provinciali – è stata messa a dura prova. La rapida attuazione delle misure di incentivazione agli investimenti delle imprese di autotrasporto è fondamentale per la tenuta del sistema produttivo nei prossimi mesi. Auspichiamo che le ingenti risorse del DL Fiscale e della Legge di Bilancio 2019 – necessarie anche per realizzare politiche di sostenibilità nel trasporto merci che garantiscano l’effettiva diffusione dei veicoli ad alimentazione alternativa – possano entrare in vigore prima dell’estate, prevedendo una gestione delle domande che risolva le molteplici criticità emerse con il nuovo sistema adottato lo scorso anno.
Secondo il ‘Logistic performance index’ della Banca mondiale, nel 2018 l’Italia si posiziona diciannovesima in classifica (perdendo due posizioni rispetto al 2016), con 10 Paesi dell’Ue davanti. Appare chiara la necessità che si investa sulla digitalizzazione della filiera distributiva e sulla formazione dei lavoratori, oltre che sulle infrastrutture.
L’emergenza sanitaria ha evidenziato il ruolo centrale dell’autotrasporto nell’approvvigionamento e nella distribuzione dei beni sanitari e dei beni primari, ma anche per il funzionamento delle catene di fornitura delle imprese rimaste in attività. Sono emerse, tuttavia, anche le criticità del settore e quanto la digitalizzazione e l’automazione della filiera distributiva rappresentino un asset strategico su cui investire per rendere più efficienti logistica e trasporti. Non dimentichiamo che l’Italia è ventiquattresima su 28 Paesi anche in fatto di efficienza digitale, misurata dall’UE mediante l’indice dell’economia e della società digitale (DESI). Si tratta di potenziare le nuove tecnologie, protagoniste della rivoluzione digitale già avviata prima della pandemia, in modo da garantire un’offerta di servizi smart, basati su big-data e ad alto valore aggiunto. L’accento non si pone soltanto sull’innovazione di processo - un processo che sappia migliorare la gestione delle informazioni, la loro disponibilità e la loro fruibilità e che, quindi, si sta organizzando secondo un modello di piattaforma - bensì anche sulla necessità di considerare e formare nuove competenze a tutti i livelli della governance aziendale, in un momento in cui le aziende di trasporto sono chiamate a modificare gradualmente il proprio modello di business".
Al di là della gravissima crisi da emergenza sanitaria Covid-19, a febbraio l’industria italiana dell’Automotive presentava il ventesimo mese consecutivo di flessione. Quanto è importante che la ripartenza sia congiunta e coordinata a livello dei maggiori mercati europei, avendo di fronte un comparto che si basa su catene di fornitura complesse e globalizzate?
"Facciamo nostro l’appello di ACEA (European Automobile Manufacturers’ Association) e CLEPA (European Association of Automotive Suppliers) alla Commissione europea per un allineamento dei maggiori Paesi sulla priorità di un robusto piano di rilancio coordinato del settore automotive, in primis agendo con interventi di sostegno al mercato e per il rinnovo del parco – per riattivare le attività produttive e mantenere l’occupazione – con l’intento di stimolare la ripresa dell’economia in generale e proseguire sulla strada dei già sfidanti obiettivi di decarbonizzazione e riduzione dell’impatto ambientale della mobilità.
La ripartenza del mercato sembra non potere prescindere da un rapporto proficuo tra aziende produttrici e concessionari.
La riapertura dei concessionari lo scorso 4 maggio, da sola, non basta certo a riportare le vendite ai livelli precedenti: la crisi ha colpito un’ampia fetta di popolazione e imprese e il clima di incertezza dilaga. Le case automobilistiche hanno avviato campagne promozionali per dare impulso alle vendite, ma in assenza di interventi governativi, secondo le stime dei rappresentanti della rete vendita, rischia la chiusura il 50% dei concessionari, mentre adeguati incentivi all’acquisto e alla sostituzione delle vetture, nel rispetto degli obiettivi ambientali europei, potrebbero farci tornare, nel 2021, ai livelli di mercato del 2019.
Tutti sembrano concordare sulla necessità di passare all’elettrico. Certo una opportunità da cogliere, ma senza incorrere in errori che potrebbero dimostrarsi gravi.
La transizione all’elettrico richiede ingenti investimenti non solo in R&D, ma anche nella riqualificazione del capitale umano, un adeguamento delle competenze non solo dei lavoratori addetti ai processi produttivi, alla progettazione e fabbricazione dei prodotti, ma anche delle reti di vendita (concessionari) e assistenza post-vendita (officine). Ma oltre alle misure di supporto agli investimenti prima citate, è fondamentale l’implementazione delle infrastrutture di ricarica, un processo che, in questo momento, rischia di rallentare pericolosamente, penalizzando l’Italia in ambito europeo.
Resta sempre d’attualità, inoltre, la questione fiscale, cioè il peso del fisco in Italia sul settore automotive rispetto a quello che si registra negli altri grandi Paesi Ue.
In Italia, il gettito fiscale annuo derivante da acquisto, utilizzo e possesso degli autoveicoli ammonta a 77 miliardi di euro, circa il 16% delle entrate fiscali complessive del 2018. La percentuale del gettito fiscale derivante dal comparto automotive sul PIL è del 4,3%, la più alta tra i maggiori Paesi europei (Francia, Germania, Spagna, UK e Italia), la cui media è attorno al 3,1%. Ricordiamo che i 5 major market raccolgono circa il 77% del gettito totale del comparto in Europa (stimato da ACEA in circa 428 miliardi di Euro nell’UE15). L’Italia è al terzo posto dopo la Germania e la Francia (quest’ultima poco sopra il nostro Paese) nel concorrere a determinare questa quota, con un contributo vicino al 20% del totale".