ACI, il presidente Angelo Sticchi Damiani: "La crisi da Covid-19 ha colpito duro, senza incentivi il comparto non ripartirà"

 
Il sistema ACI, che ha natura di Pubblica amministrazione e gestisce rilevanti servizi pubblici a favore dei cittadini e delle Amministrazioni, è stato messo severamente sotto pressione dagli effetti del Covid-19. Ne abbiamo parlato con il presidente Angelo Sticchi Damiani.

Presidente, come ha risposto il sistema dell’Automobile Club d’Italia a questa emergenza? Come ve la siete cavata e ve la state cavando? Eravate pronti ad affrontare un’emergenza simile?
"Premesso che nessuno - e non solo nel nostro Paese - era preparato ad affrontare un’emergenza di questo tipo, devo riconoscere che la risposta dell’ACI, in tutte le sue articolazioni - struttura centrale, AC locali e provinciali, uffici PRA, soccorso stradale, infomobilità - è stata pronta ed efficace, su tutto il territorio nazionale. Una risposta degna di una grande organizzazione, che - nei fatti e non a parole - si è dimostrata all’avanguardia, sia per la preparazione e esperienza del proprio personale che per la qualità dell’infrastruttura informatica e delle applicazioni di cui si è dotata. Malgrado, nel massimo rispetto del lockdown, tutto il nostro personale abbia operato in smart-working, non c’è stata alcuna perdita di produttività né alcun allungamento dei tempi nel garantire tutti i servizi essenziali che l’ACI fornisce a cittadini e Pubbliche Amministrazioni: dalle pratiche automobilistiche urgenti, gestite via mail o pec - per l’assistenza alle quali abbiamo anche attivato un numero verde e un indirizzo mail - all’assistenza per il bollo auto, operata da un call-center dedicato, alle informazioni in tempo reale su mobilità e sicurezza - fornite da ACI Infomobility, Luceverde, CIIS e Viaggiare Sicuri (in collaborazione col Ministero degli Esteri) al soccorso stradale, garantito da ACI Global".

ACI, insieme a Anfia (Associazione nazionale filiera industria automobilistica), Fiom-Cgil, Fim-Cisl e Uilm-Uil, ha firmato un documento congiunto (“Incentivi per la rottamazione e l’acquisto di auto e veicoli commerciali eco-compatibili e per lo sviluppo infrastrutturale”) rivolto al Governo perché colga “l’occasione della drammatica situazione socio-economica” determinata dalla pandemia di Covid-19 per “adottare misure in grado di coniugare esigenze ambientali e commerciali con quelle industriali e di tutela dei lavoratori della filiera” automotive. Cosa chiedete in particolare e quali sono le risposte finora giunte dall’Esecutivo? Quale giudizio, in particolare, date sotto questo aspetto sul famoso decreto da 55 miliardi approvato dal Governo?
"Il parco auto italiano è il più vecchio d’Europa: l’età media delle autovetture è 11 anni e 6 mesi e ben 4,5 milioni di veicoli hanno più di 23 anni. I veicoli ante euro 5, ossia dagli euro 0 agli euro 4, rappresentano 2 veicoli su 3, circa 21 milioni di autovetture, ed hanno più di 9 anni. Cifre impressionanti. Una situazione che determina seri problemi sia per quanto riguarda la sicurezza delle nostre strade che la qualità dell’aria che respiriamo e dell’ambiente. I diesel euro 6, ad esempio, inquinano 28 volte meno di un euro 1; gli euro 4, il 50% in meno di un euro 3. Un euro 4 a benzina emette il 172% in meno di CO2 di un euro 1. Rinnovare il parco circolante, dunque, era una priorità già prima della pandemia di Covid-19 e lo è ancora di più oggi, dal momento che, a sicurezza e ambiente, si aggiungono i preoccupanti riflessi che il lockdown ha avuto e sta avendo sull’intera filiera italiana dell’automobile, dalla produzione alla commercializzazione, con possibili pesanti ricadute occupazionali e di capacità industriale per l’intero comparto automotive. Occorre ricordare che, in Italia, l’industria e il commercio dell’auto occupano quasi 400.000 addetti per oltre 200 miliardi di fatturato nel 2019. Ecco perché chiediamo al Governo interventi che, al contempo, rispondono alla necessità di migliorare sul piano ambientale e della sicurezza stradale il nostro parco auto e offrono un’opportunità di ripresa e rilancio a un settore che ha perso i tre mesi di lavoro statisticamente più importanti dell’anno. Non sta a noi un giudizio complessivo della manovra in approvazione, pur rilevandone la grande portata, ma non possiamo non segnalare l’assenza di interventi mirati al sostegno del più importante comparto manifatturiero italiano. A nostro avviso, il sistema di incentivi all’acquisto di un’auto nuova necessiterebbe - come mostra la tabella - della sospensione della tassazione malus prevista per autovetture con emissioni di CO2 superiore a 160 gr/Km, per il secondo semestre 2020, della rimodulazione della fascia 20-60 gr CO2/Km e dell’inserimento incentivi per la fascia 61-95 gr CO2/Km.
Per quanto riguarda, invece, le autovetture nuove in stock prodotte fino al 25/03/2020 - inizio del “lockdown” e dell’emergenza Covid-19 - e immatricolati fino al 31/12/2020, proponiamo 3.000 euro di bonus, in caso di acquisto con rottamazione, e 1.000, in caso di acquisto senza rottamazione".

In occasione delle ultime elezioni politiche nazionali avete lanciato un Manifesto fatto di 10 proposte. Una ‘ricetta’, quella dell’ACI, che permetterebbe a 34 milioni di automobilisti di risparmiare 26,8 miliardi di euro, riducendo la spesa annuale per l’auto da 3mila 500 a 2mila 800 euro (-700 euro, pari al 20% dei costi totali). Quali sono i principali cardini del ‘Manifesto’ e, anche in questo caso, quale attenzione avete ricevuto da Parlamento e Governo?
"Le dieci proposte formulate da ACI vertono su quattro ambiti principali: aumento degli standard di sicurezza stradale, semplificazione della tassazione su vetture e carburanti, contrasto alle truffe assicurative, modelli più efficienti ed efficaci di trasporto pubblico urbano. Abbiamo calcolato che, se adottate, queste misure si tradurrebbero in un minor costo per gli automobilisti, una maggiore rapidità della mobilità di tutti, una minore spesa energetica e un minore impatto ambientale da trasporto privato".

I dati di aprile, dopo quelli già negativi di marzo, evidenziano un crollo verticale per l’intero mercato degli autoveicoli in Italia. In media nel mese sono state 12mila 835 le pratiche totali lavorate giornalmente dagli uffici del Pubblico registro automobilistico, rispetto alle 66mila 890 formalità dell’aprile 2019. Un’eclatante flessione dell’80,8%. Quali segmenti colpiti maggiormente da un tale crollo? Con la fine - o almeno la forte attenuazione del ‘lockdown’ - cosa prevedete per il secondo semestre 2020?
"Il crollo ha riguardato l’intero comparto automotive, ma fare previsioni a breve termine è davvero impossibile. Le variabili sono troppe e l’incertezza è ancora troppo forte. Mi riferisco sia all’andamento della cosiddetta “fase 2” - per capire come si muoverà la curva dei contagi occorrerà aspettare almeno la seconda metà di giugno - sia alla situazione - reale ma, soprattutto, psicologica - delle famiglie italiane. In che condizioni si troveranno nel momento nel quale il ritorno alla normalità smetterà di sembrare un miraggio e comincerà ad apparire un passo concreto? Quali saranno situazione economica, capacità di spesa e propensione all’acquisto? E, soprattutto, cosa sarà in cima alla lista delle priorità? Una cosa, però, è certa: se non ci sarà una seria politica di incentivi è impossibile immaginare che - al di là di un qualche rimbalzo fisiologico del mercato - il comparto possa ritrovare ritmi e volumi ai quali è abituato. E dubito fortemente che - senza un sostegno forte da parte dello Stato - un settore così strategico per la nostra economia potrà pareggiare i conti entro il 2020. E temo che, se non correremo ai ripari, la crisi prolungherà i suoi effetti per tutto il 2021".

Lei ha affermato più volte “che L’Automobile Club d’Italia è assolutamente contrario all’assurda demonizzazione dei diesel Euro6, al centro del mirino di tante Amministrazioni, con blocchi del traffico ingiustificati, che non hanno alcun fondamento scientifico e non garantiscono risultati certi”. E ha continuato: “È assurdo che, da un lato, si blocchino le Euro6 e, dall’altro, si incentivino con sgravi fiscali la conservazione e la circolazione di 4,2 milioni di auto - il 10,77% del parco circolante italiano - che hanno da 20 a 30 anni”. Insomma, il diesel in versione moderna è da salvare?
"Il diesel nelle sue ultime versioni Euro 6 è assolutamente da salvare, per le bassissime emissioni di CO2 (gas serra) e le quasi assenti emissioni nocive inquinanti, quali polveri sottili e NOx. Demonizzare questi motori significa spaventare gli automobilisti e deprimere il mercato, rischiare posti di lavoro, sia nella produzione che nella vendita. Certa demagogia penalizza famiglie e imprese, e tradisce anche le istanze ambientaliste. La transizione a motori ancora meno inquinanti - quali i motori ibridi plug-in o quelli a trazione elettrica - è in atto ma ancora agli inizi, per autonomia e per la necessaria infrastruttura di ricarica. ACI, per prima in Italia, fin dal 2006 ha iniziato a operare a sostegno della elettrificazione e affinché questa transizione sia la più rapida possibile. A tal proposito si ricordano anche la promozione delle gare sportive di auto elettriche, ad esempio il Gran Prix di Formula E a Roma, e l’accordo con Enel X per lo sviluppo di tecnologie dedicate alla mobilità elettrica mettendo a disposizione per le sperimentazioni il Centro di Vallelunga. Nel mentre, prevedibilmente i prossimi dieci anni, la forma più sostenibile e compatibile con le necessità della mobilità contemporanea rimane il diesel, quanto meno per i veicoli destinati alle medie e lunghe percorrenze".

L’ACI non si occupa solo di automobili, ma di tutto ciò che afferisce alla mobilità, e sta affrontando la grande sfida della mobilità complessa del futuro prossimo, affinché tutti, nessuno escluso, ne possano cogliere le opportunità che si prospettano, senza dover rinunciare alla massima libertà di spostamento. Cosa significa in concreto per ACI “mobilità inclusiva e accessibile per tutti?”

"Per noi la mobilità è sostenibile a quattro condizioni: che aumenti la sicurezza di tutti gli utenti della strada - inclusi i più vulnerabili - che riduca il suo impatto ambientale, che sia più rapida e comoda e soprattutto, come da lei citato, che sia più economica e che tutti possano accedervi. Se non tutti potranno utilizzare le attuali e future forme di mobilità innovativa, allora non sarà una mobilità realmente sostenibile, ma solo una mobilità privilegiata, a disposizione di chi è in grado di accedervi. Una mobilità sicura, pulita, economica ed efficace è un diritto di tutti e non può e non deve diventare un elemento di esclusione sociale. Mobilità sostenibile, però, non significa qualche migliaio di auto elettriche, accessibili ancora a pochi per costi e flessibilità di utilizzo. Come non lo è un car sharing sfruttabile principalmente dalle generazioni più giovani o più dinamiche, che non si integra al meglio con le altre forme di trasporto. Per centrare questo obiettivo - tanto ambizioso quanto irrinunciabile - occorre mettere in campo tutte le capacità, le esperienze, le conoscenze utili a realizzare un trasporto concretamente integrato tra pubblico (bus, metro, taxi), condiviso (sharing di auto, moto e bici) e privato. Occorre partire dalle necessità della mobilità di oggi, analizzando l’enorme patrimonio di dati che possediamo, i cosiddetti Big Data, per individuare le soluzioni più aderenti per semplicità, economicità e senza aggravio di fatica o complicazioni".

Collegandoci alla domanda precedente, ha fatto colpo la grande campagna sociale lanciata dall’ACI e basata su tre pilastri: mobilità intelligente, sicurezza stradale, sport e motori. Può illustrarci brevemente i messaggi principali che avete inviato con questa campagna?
"Innanzitutto abbiamo voluto indicare che mobilità, sicurezza e sport sono fortemente connessi tra loro. Senza la ricerca degli sport motoristici non avremmo la gran parte delle innovazioni che rendono le auto oggi più sicure e con minori consumi. Se non sviluppiamo una mobilità più intelligente, nelle modalità e nel come la usiamo, non potremo tutti migliorare i nostri spostamenti e non riusciremo a sfruttare le enormi potenzialità offerte oggi dalle tecnologie. Il messaggio è quindi semplice: l’automobile da inizi ‘900 è stato il più grande strumento di libertà e sviluppo, grazie al miglior utilizzo delle tecnologie e ad uso consapevole lo rimarrà ancora a lungo, aiutandoci ancora nella crescita sociale ed economica".

Vi siete apertamente schierati con le Associazioni dei consumatori nella campagna affinché gli introiti delle multe stradali vadano effettivamente alla sicurezza stradale, stando a fianco dei cittadini nella battaglia contro il fenomeno delle multe vessatorie per fare cassa. C’è stato qualche risultato tangibile di questa importante battaglia?
"Rimaniamo convinti che l’autovelox sia uno strumento che deve servire a moderare la velocità, soprattutto nei tratti “pericolosi”, per diminuire l’incidentalità e aumentare la sicurezza. Se però un autovelox emette troppe sanzioni significa che c’è qualche criticità! Probabilmente non c’è idonea segnalazione oppure è incoerente il limite di velocità imposto con la velocità prevalente dei veicoli in transito in quel tratto di strada. Non è più un problema di sicurezza, anzi viene da pensare che l’obiettivo sia quello di “fare cassa”. Quindi non tolleriamo gli autovelox “invisibili”, “mal segnalati” e inopportuni, istallati per incrementare le entrate delle Amministrazioni gestori delle strade. Siamo comunque soddisfatti delle precisazioni che ci sono state da parte del Ministero degli Interni (Circolare del Ministero dell’Interno n. 300-A-5620-17-144-5-20-3 del 21 luglio 2017) sul corretto modo di istallare gli autovelox. Le raccomandazioni della Circolare alle forze di Polizia per contrastare i comportamenti a rischio, vanno nella giusta direzione e perseguono l’obiettivo comune di “maggiore sicurezza sulle strade”.
Voglio infine ricordare che nell’audizione del 20 febbraio 2019 presso la IX Commissione “Trasporti, Poste e Telecomunicazioni”, con tema le modifiche al Codice della strada, abbiamo ribadito la necessità di una corretta destinazione dei proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie al Codice della strada, così come previsto dall’art. 208 dello stesso Codice. Per far sì che questi proventi siano effettivamente reinvestiti in programmi di manutenzione ordinaria e straordinaria, nonché in progetti di messa in sicurezza delle infrastrutture stradali e di infomobilità, occorre rendere la norma cogente, anche con meccanismi di bonus/malus, premiando le Amministrazioni locali diligenti e penalizzando quelle negligenti. In tal senso abbiamo proposto l’introduzione di meccanismi sanzionatori a carico di quei Comuni che non ottemperino all’obbligo di rendicontazione dei proventi spettanti ai sensi dell’art. 208 e alla pubblicazione sui siti istituzionali dei Comuni e del MIT della relazione riferita all’ammontare dei proventi".

A proposito di Codice della strada, chiedete che venga integralmente sostituito da un Codice dei conducenti fatto di soli 50 articoli. Può entrare nel dettaglio di questa proposta?
"Il vigente Codice della strada (Decreto Legislativo 30 aprile 1992, n. 285) risulta ormai datato e non più adeguato alle attuali esigenze della mobilità. Si tratta infatti di un testo che nel corso degli anni è stato oggetto di continue interpolazioni e interventi modificativi che, pur nel condivisibile intento di adeguare il contenuto dello stesso alla costante evoluzione della tecnologia, della legislazione speciale e degli orientamenti giurisprudenziali, ne hanno condizionato la sistematicità e l’organicità.
In esso peraltro trovano disciplina non solo i principi generali, le prescrizioni comportamentali e le sanzioni, ma anche una serie di disposizioni tecniche di dettaglio che risultano di difficile comprensione anche per gli specialisti della materia. L’ACI propone pertanto un «codice breve», ispirato a principi di delegificazione delle norme e di semplificazione delle procedure, che racchiuda, in non più di 50 articoli, le sole norme di comportamento relative ai conducenti, rinviando ad altre sedi regolamentari, quello della normativa tecnica, la disciplina degli aspetti tecnologici concernenti i veicoli e le infrastrutture stradali. Si tratta di una soluzione che, oltre a rappresentare un efficace strumento sotto il profilo della certezza del diritto, contribuirebbe al rafforzamento della sicurezza della circolazione stradale, in quanto la chiarezza e l’organicità delle norme potrebbero rappresentare uno strumento più efficace per assicurare il rispetto delle regole da parte degli utenti della strada, facilitando nel contempo le attività di controllo e accertamento delle Forze dell’Ordine".
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