Minori online, l’allarme dei pediatri: "300 foto sui social già a un anno di vita"
- di: Barbara Leone
Sono online già dalla pancia della mamma. Basta girare per i social per rendersene conto: foto a gogò, video, storie… L’importante è condividere, mostrare a tutti la prima ecografia possibilmente in 3D, il primo dentino, la prima candelina, la prima volta che dicono papà. Non li lasciano in pace manco quando dormono attaccati alla tetta. Selfie sempre, dovunque e comunque. Anche a scapito della loro privacy che, vista la tenera età, non possono far tutelare. I numeri sono allarmanti: il 14% delle mamme in dolce attesa condivide sui social l’ecografia del pancione.
Minori online, l’allarme dei pediatri: "300 foto sui social già a un anno di vita"
E a solo un anno le foto online sono già 300. Entro il secondo anno, il 70% dei genitori ha documentato per filo e per segno sui social i progressi dei propri pargoli. Il tutto, spesso, anche con dettagli come nome, età e dove vive. Genitori affamati di social e totalmente, si spera, inconsapevoli dei rischi connessi allo “sharenting”, ossia l'abitudine a divulgare online contenuti, come foto, video o altre informazioni, che riguardano i propri bambini. A fare il punto su questa preoccupante abitudine è uno studio dell'European Pediatrics Association, di cui è primo autore Pietro Ferrara, responsabile del Gruppo di Studio per i diritti del bambino della Società italiana di pediatria (Sip). Nella maggior parte dei casi i genitori, spiegano i pediatri, intendono documentare la crescita dei piccoli, condividere ansie e preoccupazioni in cerca di un supporto emotivo, ricercare informazioni in ambito educativo, pediatrico, scolastico. Le tre tipologie di foto che vengono maggiormente pubblicate sono di vita quotidiana (mentre il bimbo dorme, gioca, mangia), di viaggi e di momenti speciali (Natale, battesimo, primo giorno di scuola, compleanni).
“Non va sottovalutato però che questa pratica può associarsi ad una serie di problematiche che principalmente ricadono sui bambini - spiega Ferrara -. Spesso, infatti, i genitori non pensano che quanto condiviso sui social media, a volte anche molto personale e dettagliato, esponga pericolosamente i bimbi ad una serie di rischi, primo fra tutti il furto di identità. Senza contare che informazioni intime e personali, che dovrebbero rimanere private, oltre al rischio di venire impropriamente utilizzate da altri, possono essere causa di imbarazzo per il bambino una volta divenuto adulto (ad esempio in colloqui di lavoro, test di ammissione all'università). Infine, questo tipo di condivisione da parte dei genitori può inavvertitamente togliere ai bambini il loro diritto a determinare la propria identità”.
In un'indagine su alcuni bimbi svedesi pubblicata nel 2020 emergeva che, praticamente all'unanimità, i bambini volevano che venisse chiesto loro il permesso prima di scattare o condividere foto che li ritraevano. Tra i rischi c'è anche quello che i contenuti finiscano su siti pedopornografici: un'indagine condotta dall'eSafety Commission australiana ha evidenziato come circa il 50% del materiale presente su questi siti provenga dai social media dove era stato precedentemente condiviso da utenti sicuramente ignari del pericolo. Anche perché poi, come sottolinea ancora Ferrara, “oggi molti ragazzi hanno atteggiamenti da adulti”. Ragion per cui, ad esempio, una foto di una bambina che senza malizia mostra la spalla nuda non andrebbe mai pubblicata in rete. Immagini per noi assolutamente, come un bimbo che fa il bagno al mare, possono assumere tutt’altro significato in mano a certi malintenzionati. O, per essere ancora più chiari, in mano ai pedofili. Il problema c’è e va affrontato. Innanzitutto attraverso il più elementare buon senso.
“Non stiamo parlando di condividere dei ricordi con i nonni o di farle circolare in gruppi ristretti di persone conosciute - spiega Ferrara -, ma di pubblicarle su siti dove le regole della privacy sono incerte e dove possono essere copiate da chiunque”. Senza contare che alcune immagini sono diffuse sui social dagli adulti al solo scopo di ottenere like o addirittura per pubblicizzare delle marche (un po’ come fanno i Ferragnez, insomma). E mentre in Francia un progetto di legge mira a difendere la privacy dei bambini, arrivando a vietare la pubblicazione delle foto da parte dei genitori o togliendo (nel caso di grave danno ai minori) la potestà genitoriale, da noi la Garante per l'infanzia e l'adolescenza Carla Garlatti ha chiesto che alla pratica siano applicabili le norme sul cyberbullismo, che consentono ai minorenni di chiedere la rimozione delle foto. Governo (da cui non è arrivato alcun riscontro in merito) se ci sei batti un colpo.