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Meloni attacca: “La sinistra vuole eliminarci per via giudiziaria, ha rinunciato alla democrazia”

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Meloni attacca: “La sinistra vuole eliminarci per via giudiziaria, ha rinunciato alla democrazia”

Giorgia Meloni affonda il colpo. In un post pubblicato su Facebook, la presidente del Consiglio ha accusato apertamente alcuni esponenti dell’opposizione di voler ricorrere alla magistratura internazionale per eliminare l’attuale esecutivo. “Leggo che alcuni vorrebbero segnalare il governo italiano alla Corte Penale Internazionale”, scrive, “un’idea che mostra come la sinistra abbia ormai rinunciato alla strada democratica, scegliendo quella giudiziaria per cercare di liberarsi di noi”.

Meloni attacca: “La sinistra vuole eliminarci per via giudiziaria"

Una dichiarazione forte, che arriva in un momento di crescente tensione politica, alimentata dal clima pre-elettorale e dalle inchieste giudiziarie che toccano vari livelli della pubblica amministrazione. La premier sceglie di portare lo scontro sul piano istituzionale, trasformando quella che sembrava una provocazione politica in un atto di accusa vero e proprio verso l’opposizione.

Il nodo Corte Penale Internazionale: tra retorica e realtà

Le affermazioni della premier nascono da un dibattito interno alla sinistra, in particolare ad alcune componenti più radicali, che nei giorni scorsi hanno evocato l’ipotesi di denunciare il governo per la gestione delle politiche migratorie e dei respingimenti. Ipotesi che, pur prive di riscontri concreti sul piano giuridico, sono bastate per innescare la reazione di Meloni, decisa a difendere la legittimità delle azioni del suo esecutivo e a denunciare una presunta “giudiziarizzazione” dello scontro politico.

Il riferimento alla Corte Penale Internazionale – organo con sede all’Aia che si occupa di crimini di guerra e contro l’umanità – ha un valore più simbolico che pratico. Nessuna procedura ufficiale è stata avviata, ma la sola evocazione del tribunale penale viene percepita dal governo come un attacco alla sovranità e alla legittimità democratica del potere esecutivo.

Nordio interviene: “Le decisioni spettano ai ministri, non ai magistrati”

A sostenere Meloni arriva anche il ministro della Giustizia Carlo Nordio, che in un’intervista chiarisce: “Le decisioni ministeriali sono solo mie e rientrano nella sfera della responsabilità politica, non giudiziaria. Chi propone scorciatoie giudiziarie dimostra di non avere fiducia nel giudizio degli elettori”. Una presa di posizione che mira a rafforzare l’argine contro quella che la maggioranza interpreta come una campagna di delegittimazione.

Nordio, già protagonista di scontri con alcune procure, torna così a difendere l’autonomia del potere esecutivo e ad attaccare l’uso della giustizia come strumento politico. In questo clima, il confine tra legittimo controllo dell’operato governativo e tentativi di destabilizzazione diventa sempre più sottile e controverso.

Nel centrosinistra si infiamma il dibattito interno
Nel frattempo, il Partito Democratico prova a smarcarsi dalle accuse, ma anche a chiarire la propria linea. Nessuna iniziativa formale è partita in direzione della Corte Penale Internazionale, e da parte dei vertici dem non sono arrivate dichiarazioni a sostegno di tale ipotesi. Tuttavia, alcune frange del centrosinistra continuano a parlare apertamente di “violazioni sistematiche dei diritti umani” da parte del governo, in particolare sul fronte dell’immigrazione.

Il segretario del Pd Elly Schlein non ha commentato direttamente le parole di Meloni, preferendo concentrarsi sulle elezioni regionali, dove intanto il partito ha ufficializzato la candidatura di Eugenio Giani – attuale presidente della Regione Toscana – come capofila del centrosinistra per un secondo mandato.

Uno scontro che va oltre la campagna elettorale
Lo scontro tra governo e opposizione si sposta così su un terreno inedito, quello del diritto internazionale, riflettendo una polarizzazione sempre più marcata nel dibattito pubblico. Meloni ha dimostrato in più occasioni di voler trasformare gli attacchi giudiziari in argomenti politici, rivendicando una legittimazione popolare diretta e accusando gli avversari di non accettare l’esito delle urne.

In questo contesto, la premier punta a rafforzare il rapporto con la sua base, lanciando il messaggio che “l’establishment” – giudici, media e opposizione – stia tentando di ostacolare il cambiamento. Una strategia che ha già dato risultati in passato, ma che ora rischia di infiammare ulteriormente il confronto democratico.

Il dibattito, intanto, continua anche fuori dal Parlamento. La questione del ruolo delle istituzioni giudiziarie nel conflitto politico diventa centrale, con implicazioni che vanno ben oltre le singole polemiche. E l’Italia si avvia a una nuova stagione di tensioni tra poteri, nel cuore di un sistema democratico che appare sempre più sotto stress.

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