La crisi del Movimento 5 Stelle e dell’area liberale spinge alla polarizzazione

- di: Redazione
 
Nella storia politica italiana – e più ancora nella cosiddetta Seconda Repubblica - non è certamente inconsueto imbattersi in partiti che nascono, magari hanno un certo successo elettorale, e poi spariscono o confluiscono in qualche modo in contenitori più ampi (ad esempio, chi si ricorda più di Scelta Civica, il partito di Mario Monti, o dell’Italia dei Valori di Antonio Di Pietro?).
Ma quello cui stiamo assistendo in questi giorni è difficilmente paragonabile ad altri momenti degli anni recenti.
Perché rischiano, se non di crollare, almeno di modificarsi radicalmente e contemporaneamente tre partiti, uno dei quali protagonista assoluto delle ultime legislature e del governo, e altri due che erano nati con l’aspirazione di raccogliere una – presunta - vasta area liberal democratica.
Stiamo ovviamente parlando del Movimento 5 Stelle, di Azione di Carlo Calenda e di Italia Viva di Matteo Renzi.

La crisi del Movimento 5 Stelle e dell’area liberale spinge alla polarizzazione

I 5 Stelle stanno vivendo una profonda crisi di identità che però si sostanzia nello scontro fra il fondatore, Beppe Grillo, e il leader, Giuseppe Conte. Al di là di questioni procedurali, cavilli e minacce di tagliare i fondi e consulenze, lo scontro è fra due personalità che, in realtà, non si stimano né si sopportano, e sta provocando una reazione di rigetto nel fluidissimo elettorato pentastellato.
Nel M5S delle origini potevano confluire voti provenienti da destra, sinistra, o più ancora dall’area del non voto.

Una forza politica nata da un "vaffa" e che – lungi dall’aver aperto il parlamento "come una scatoletta di tonno" – si va a strutturare come un qualsiasi altro partito, cancellando anche il "totem" del tetto dei due mandati, rischia di far fuggire buona parte degli elettori, come si è visto nelle recenti elezioni e come i sondaggi stanno prevedendo.
Parallelamente a questo c’è la polverizzazione del "Terzo Polo": Matteo Renzi, che ha già perso Luigi Marattin, cerca sponde nel "campo largo", ma viene respinto; Carlo Calenda deve assistere alla fuga di alcuni pezzi da novanta

I due scontano il loro protagonismo narcisista politico, che gli ha impedito di saldarsi, e le elezioni europee hanno terremotato i due partiti.
Non aver raggiunto neanche il 4% ha fatto probabilmente pensare ad alcuni esponenti di Azione (Gelmini, Carfagna, Costa, Versace), che per essere rieletti sarebbe stato meglio cercare altrove. E così hanno fatto.
Resta l’amaro in bocca per quella fascia di elettori liberal, che si riconoscono nell’europeismo e nel progressismo, per non avere offerte politiche convincenti (e forse di questo potrebbe approfittare Più Europa).
Alla fine, buona parte degli elettori dei 5 Stelle è prevedibile che torni all’ovile (Pd, Avs, forse FdI e al non voto), mentre ai liberal resta poco, in un quadro di polarizzazione che lascia poca scelta al di fuori di centrodestra e centrosinistra.
A meno che non si riesca a costruire una vera gamba riformista del "campo largo". Ma, prima, bisogna costruirlo, questo "campo largo"…
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