Leonardo: con i sindacati si discute di smart working, ma non tutto è rosa

- di: Daniele Minuti
 
Il ricorso allo smart working, diventato necessario nel Paese nel periodo di maggiore incidenza della pandemia e, quindi, con l'esigenza di alzare il livello delle misure per contenere il contagio, non può essere cancellato o essere accettato senza avere su di esso avviato un confronto tra aziende e rappresentanze sindacali per trovare un punto di equilibrio tra le istanze di cui le parti sono portatrici. Un confronto è sempre utile, anche se la tematica è molto ricca di implicazioni che non sembrano essere state tutte prese in considerazione.

Leonardo ha discusso coi rappresentanti sindacali dell'applicazione dello smart working

A partire dall'impatto fortissimo che determinerà ovunque la desertificazione di uffici per il ricorso allo smart working, una volta che questo tipo di lavoro sarà codificato e applicato su la larga scala. Perché, e lo hanno già detto in molti, se il lavoro da remoto aveva tutte le giustificazioni di questo mondo quando il Covid-19 la faceva da padrone, è difficile pensare che il modello possa essere applicato e replicato meccanicamente in forma continuativa anche quando non sussistono più le cautele dettate dalla emergenza sanitaria. Forse, prima di fare lavorare da casa decine di migliaia di impiegati (magari abbagliati dalla comodità del momento, come lavorare in pantofole e dando un'occhiata ai figlui), bisogna pensare che, a fronte di aspetti comunque positivi, i lati negativi ci sono e anche tanti.

Lo smart working, se significa un abbassamento dei costi ''vivi'', come l'energia elettrica, comporta anche la ''morte'' per gran parte dell'indotto che ruota intorno agli uffici, a cominciare da aziende e cooperative che si occupano di pulizie o, senza che questo induca al sorriso, a chi fornisce bibite e snack. Potrebbe poi essere banale, ma è necessario, parlare di come il lavoro da remoto di fatto impedisce il contatto umano e sociale tra persone che lavorano nello stesso ambiente e che hanno la necessità di dialogare in presenza e non per telefono o su altri arzigogoli della tecnologia. E poi lavorare in questa condizione restringe gli spazi vitali nelle case, un angolo delle quali dovrà essere destinato ad ospitare una postazione di pc.

Banale? Forse, ma ditelo a chi vive in case non grandi, quando addirittura piccole, e non può cederne un pezzo al lavoro. Un caso che, parlando di smart working, può diventare importante, per i numeri, ma anche per il profilo dell'azienda, riguarda l'applicazione in Leonardo del lavoro in luoghi diversi da quello tradizionale, Un argomento che, con l'imminenza della scadenza dello stato di emergenza - di cui ha annunciato la fine lo stesso presidente del Consiglio - è già oggetto di un confronto. Un accordo che, dicono Fim-Fiom-Uilm, deve essere definito per evitare che, in mancanza di una intesa e quindi senza essere normato, l’unico riferimento rimanga la Legge in materia, che può essere applicata in autonomia dall’azienda.

Leonardo, nel corso di un recente incontro con le sigle sindacali, svoltosi il 24 febbraio, ha illustrato ai rappresentanti aziendali i dati relativi a come lo smart working sia stato applicato e i risultati di un sondaggio, su un bacino di oltre 19 mila lavoratrici e lavoratori che, ad avviso dell'azienda, potrebbero essere utilizzati da remoto. Non è la prima volta che azienda e sindacati si confrontano sull'applicazione del lavoro da remoto, avendone già discusso nella consultazione relativa al Patto integrativo, nel corso della quale era stato deciso di normare in maniera strutturale lo smart working, in vista della fine dell'emergenza pandemica.

La Fiom-Cgil, in una nota, sottolinea come due siano stati i punti sui quali insiste con forza, ritenendoli imprescindibili: ''la volontarietà di accedere alla modalità Sw e l’esigibilità dello stesso da parte dei lavoratori una volta normato tra le Parti''. Le risposte di Leonardo sono state quasi bocciate, non essendo state ritenute ''incoraggianti'', ma questo non ha avuto ripercussioni sul prossimo incontro per riprendere la trattativa (è fissata per il 7 marzo) . Un appuntamento al quale Leonardo ha anticipato che arriverà con una bozza di accordo. Per la Fiom-Cgil, comunque, ''non siamo di fronte a una discussione su chi è favorevole o contrario allo smart-working, ma in una fase dove serve contrattare uguali diritti e condizioni per tutte le lavoratrici e i lavoratori, in quanto lo SW non è sostitutivo del lavoro in presenza, semplicemente su base volontaria una modalità che lo integra''.
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