Legambiente: "In Italia ad oggi mancano all’appello dell’anagrafe canina almeno 2 milioni di cani"

- di: Barbara Leone
 

In Italia, ad oggi, mancano all’appello dell’anagrafe canina almeno 2 milioni di cani, di cui 1,5 milioni localizzati in sole 5 regioni del centro sud: Sicilia, Calabria, Campania, Puglia e Lazio. In particolare, a preoccupare nel 2022 è il numero dei cani vaganti (cani randagi e padronali con una gestione non controllata) che in tutta la Penisola oscilla tra 700 e 400 mila e quello dei cani randagi (senza proprietari che li rivendicano) tra 350 e 200mila. Il centro sud resta l’area del Paese più colpita dal fenomeno, con Sicilia, Calabria, Campania, Puglia e Lazio che registrano i numeri più significativi con un numero di cani vaganti complessivo che oscilla da 480 a 290 mila (solo nel Lazio ed in Campania, il numero di cani vaganti stimato oscilla da 200 a 120 mila cani) e un numero di cani randagi tra 240 a 145 mila.  Ad incidere su questo dato si aggiunge un tema che torna rovente come ogni estate, quello dei cani abbandonati. Nel 2022, dai dati forniti dalle Amministrazioni comunali, emerge la stima di 71.000 abbandoni – una lieve flessione dell’1% rispetto al 2021, anno in cui, però, si era segnato un significativo aumento sul 2020 pari al 43%, come conseguenza dell’acuirsi della crisi socioeconomica scaturita dopo la pandemia e del cessare delle condizioni nate con lo smart working una volta conclusa l’emergenza. Fattori questi che hanno influito anche sul numero delle adozioni dei cani dai canili rifugio, dato che a partire dal post pandemia segna un trend in diminuzione, passando dal 53% del 2020, al 41% nel 2022 (-12%).

Legambiente: "In Italia ad oggi mancano all’appello dell’anagrafe canina almeno 2 milioni di cani"

Questi, in sintesi, alcuni dei principali dati che emergono dal XII Rapporto “Animali in Città 2023” di Legambiente presentato questa mattina a Roma, in occasione della Giornata internazionale del Cane Randagio, presso la sede nazionale dell’associazione ambientalista, con il patrocinio di Associazione Nazionale dei Comuni Italiani, Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome, Ente Nazionale della Cinofilia Italiana, Federazione Nazionale Ordini dei Veterinari Italiani, Associazione Nazionale dei Medici Veterinari Italiani e Società Italiana di Medicina Veterinaria Preventiva. L’incontro di oggi è stata l’occasione per fare il punto della situazione con dati alla mano, premiare quelle realtà virtuose nell’offerta di servizi e in azioni dedicate alla prevenzione, e rilanciare in particolare tre proposte: potenziare l’approccio One Health, arrivare ad assumere a tempo indeterminato 10.000 veterinari pubblici in servizio entro il 2030, rendere pienamente operativo in tutte le regioni d’Italia il Sistema Informativo nazionale degli Animali da Compagnia (SINAC)” – alias anagrafe unica nazionale obbligatoria per tutti gli animali d’affezione – fondamentale per prevedere, organizzare e correttamente fornire i necessari servizi ai cittadini. I numeri del rapporto “Animali in città” parlano chiaro e tracciano un quadro a tinte fosche dove la mancanza di monitoraggio, di regolamentazione e controlli restano i principali talloni d’Achille sui cui Amministrazioni comunali e ASL devono lavorare, replicando al tempo stesso le buone pratiche già presenti nella Penisola. Ai questionari inviati da Legambiente, hanno risposto in modo completo 552 Amministrazioni comunali su 7.904 totali (di cui 57 Comuni capoluogo di provincia pari a circa il 53% dei Comuni capoluogo italiani) e 38 Aziende sanitarie su 112 totali. Il dato complessivo che emerge è che il 39,5% tra le Amministrazioni comunali (più di una su tre) ed il 94,7% tra le Aziende sanitarie (più di nove su dieci) che hanno fornito informazioni hanno raggiunto performance almeno sufficienti rispetto al complesso dei 36 indicatori* utilizzati per i Comuni e 25 per le Aziende sanitarie.

Entrando nel dettaglio nel report ecco quanto emerge: di fronte ad una crescente spesa pubblica italiana del settore, che nel 2022 è stata pari a 229 milioni di euro (+ 5% rispetto al 2021) di cui 181 milioni in capo ai Comuni (3,1 euro/cittadino) e 48 milioni alle Aziende sanitarie (0,82 euro/cittadino), non ne corrisponde una gestione efficiente. Ad influire: la mancanza di monitoraggio, regolamentazione e controlli.  Una spesa pubblica che equivale a circa 6 volte la somma impegnata per la gestione di tutti i 24 Parchi nazionali e addirittura a 30 volte la somma impegnata per la gestione di tutte le 27 Aree marine protette. Una gestione carente del settore che si evince anche dalla scarsa conoscenza da parte dei Comuni, delle strutture dedicate agli animali d’affezione presenti sul territorio (tra le quali rientrano anche i canili rifugio). Infatti, solo il 43,8% delle Amministrazioni comunali che ha fornito dati dichiara di conoscere con esattezza tali numeri, percentuale che cala al 40% per quel che riguarda la conoscenza delle colonie feline. Ancora più bassa la soglia dei Comuni che hanno dichiarato di avere spazi aperti dedicati agli animali d’affezione (solo il 37%) con differenziazioni tra nord e sud (ad esempio a Grignasco (No) è presente 1 area ogni 105 cittadini, contro Mazara del Vallo (TP) con 1 ogni 50.000 abitanti).  Solo il 41,8% dei Comuni (231 su 552) dichiara di conoscere il numero complessivo dei cani iscritti in anagrafe canina presenti nel proprio territorio, pari ad 1.176.322 cani. Percentuale che cala al 39,3% per quel che riguarda la consapevolezza delle nuove iscrizioni avvenute nell’anno 2022, pari a 70.128 cani. Negativi anche i dati relativi alle attività di regolamentazione previste per il settore e che sono fondamentali per una corretta e serena convivenza tra animali e cittadini. Solo il 7,4% dei Comuni ha regolamentato possibili agevolazioni fiscali per le adozioni dei cani e appena il 6% quelli che hanno previsto regolamenti con agevolazioni o oneri fiscali per il controllo delle popolazioni.  Per quanto riguarda la sterilizzazione, i numeri sono ancora lontani se si vuole puntare ad una seria politica di controllo demografico. Nonostante un leggero incremento rispetto al 2021 del 3%, solo il 50% delle Aziende sanitarie ha dichiarato di aver effettuato azioni di prevenzione, con la sterilizzazione di 4.881 cani (il 18% rispetto ai cani dichiarati entrati nei canili sanitari) e 21.042 gatti (circa il 14% di quelli presenti nei gattili sanitari o nelle colonie feline, nelle quali oltre 130.000 gatti risultano non sterilizzati). Infine, per quel che riguarda i controlli, meno di 1 Comune su 2 (il 42,9%) ha effettuato specifici controlli e solo il 53,6% dichiara di aver dotato il proprio personale di lettore microchip. Di questi, ne risultano in totale 491, ossia in media 1,7 per ciascuna delle 296 Amministrazioni comunali che li hanno dichiarati. 

Con il nuovo rapporto Animali in Città – dichiara Antonino Morabito, responsabile nazionale Fauna e Benessere animale di Legambiente e curatore del rapporto – torniamo a ribadire che salute e benessere umano, animale e ambientale sono inestricabilmente interconnessi e devono essere affrontati in modo coerente e olistico, consapevoli che le malattie infettive di origine zoonotica sono sempre più comuni. Per questo è fondamentale aderire pienamente all’approccio “One Health” e puntare al rafforzamento della cooperazione, delle sinergie istituzionali in stretta collaborazione con la società civile. Le esperienze positive che raccontiamo all’interno di Animali in Città 2023 confermano che è possibile passare in Italia da un approccio basato sulla cura dei problemi ad uno che li prevenga”.  Gli fa eco Enrico Fontana, responsabile Osservatorio nazionale ambiente e legalità di Legambiente, che aggiunge: “Al Governo Meloni e al Parlamento chiediamo di dare concreta attuazione a quanto stabilito dal nuovo articolo 9 della Costituzione, approvato all’unanimità nel febbraio del 2022 in cui si afferma che la legge disciplina i modi e le forme della tutela degli animali. Vanno in questa direzione tutte le misure necessarie per una piena ed effettiva applicazione dei principi stabiliti con la strategia “One Health, ribadita con chiarezza dal Parlamento europeo con la risoluzione adottata lo scorso 12 luglio. Ma è altrettanto importante sbloccare proposte di legge, come quella promossa dell’on. Michela Vittoria Brambilla, presidente dell’Intergruppo parlamentare per i diritti degli animali e la difesa dell’ambiente, con la quale si inaspriscono le sanzioni, come chiede da anni Legambiente nel suo Rapporto Ecomafia, contro il bracconaggio e chi abbandona, maltratta e uccide gli animali”.

Anche quest’anno Legambiente premia le realtà virtuose, tra Comuni e ASL, in prima linea nell’offerta di servizi e in azioni dedicate alla prevenzione. A primeggiare sono tutte realtà del Nord Italia. Per i Comuni, anche quest’anno sono stati premiati Modena, Verona e la new entry Ferrara: al primo, secondo e terzo miglior risultato nella valutazione complessiva degli indicatori considerati tra tutti i 552 Comuni che hanno fornito dati. Milano la Metropoli con la miglior performance complessiva. Per le Aziende sanitarie premiate: l’AUSL Toscana Centro, l’ASL Vercelli e l’ATS Brescia, al primo, secondo e terzo miglior risultato su tutte le 38 Aziende che hanno fornito dati.  Fondamentale anche l’apporto di altre Istituzioni e premiato quest’anno per la prima volta anche l’impegno della società civile che contribuisce attivamente alla crescita di una migliore relazione con gli animali in città. Tra le realtà e le istituzioni premiate: l’Arma dei Carabinieri e le sue Unità Cinofile Antibracconaggio formate dall’App. Sc. Andrea Lamarucciola e cane Africa e dall’App. Sc. Andrea Corsi e cane Kenia; la Fondazione Cave Canem; il Gruppo di volontari e volontarie che a Roma, dapprima nella località Lunghezza successivamente a Castel di Guido, per oltre quattro anni e con tutte le difficoltà ulteriori causate dalla pandemia si sono presi cura di una mandria mista di oltre sessanta equidi bradi oggetto di sequestro per uccisioni e maltrattamento.

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Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
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