Il mondo del calcio è cambiato radicalmente negli ultimi anni e non solo per l’introduzione di nuove regole (una su tutte, il VAR) o questioni inerenti esclusivamente il terreno di gioco.
Le partite di calcio non si disputano più, infatti, solo sul campo, ma ormai anche e soprattutto fuori dal rettangolo verde. A volte, sembra proprio che le stesse società diano più importanza ai risultati economici e finanziari piuttosto che ai risultati conseguiti sul campo.
Marketing e sponsorizzazione del brand sono ormai obiettivi primari per tutti i (nuovi) presidenti che hanno investito e stanno investendo nelle nostre squadre del cuore.
Ogni giorno facoltosi imprenditori di tutto il mondo investono nelle squadre di calcio: la vecchia idea del presidente tifoso (Berlusconi, Moratti, Sensi, Cragnotti solo per citarne alcuni) oltre a non esistere più, al giorno d’oggi sembra quasi un’idea anacronistica. L’unico imprenditore italiano proprietario di una squadra importante del nostro campionato, in contrapposizione a questa tendenza, ma che tutto sommato i suoi risultati positivi sul campo li ha ottenuti, è il presidente della Lazio Claudio Lotito, mentre l’unica famiglia che ancora resiste a questo inesorabile cambio di rotta rimane la famiglia Agnelli, forte degli ultimi sei scudetti vinti e di un fatturato di gran lunga superiore a tutte le altre società italiane; tutti successi avvenuti dopo l’investimento oneroso (120 milioni di euro più 25 per il diritto di superficie) per la costruzione dello Juventus Stadium (ora Allianz Stadium), primo stadio moderno di proprietà nella storia del calcio italiano.
L’investimento nella costruzione di stadi di proprietà rappresenta, infatti, uno dei punti focali ed uno dei principali motivi per cui gli investitori stranieri sono attratti dal calcio italiano. Ogni piazza, sotto questo aspetto, può offrire un’opportunità imperdibile e può essere terreno fertile per gli imprenditori intenti ad espandere i propri investimenti. Molte volte, però, il desiderio irrefrenabile di investire nel nostro calcio si scontra con la burocrazia italiana. Il caso più eclatante e sotto la luce dei riflettori è stato e continua ad essere quello del presidente della Roma James Pallotta, alle prese con l’interminabile iter per il nuovo stadio di Tor di Valle. I tempi biblici della burocrazia ed i diversi punti di vista delle varie parti politiche hanno rallentato la realizzazione del progetto.
La domanda, tuttavia, sorge spontanea: quanto bene fanno questi investitori al calcio italiano? In termini di investimenti se ne può discutere ed un giudizio più complessivo si potrà dare fra qualche anno, in termini di risultati sportivi invece (che poi alla fine, è bene ricordarlo, sono quelli che interessano di più ai tifosi e sono alla base di questo gioco) le soddisfazioni stentano ad arrivare
Per le due squadre di Milano, per esempio, la fase di costruzione delle società (e non solo) è ancora in completa evoluzione, in quanto le stesse società sembrano proprio che facciano parte di un progetto molto più ampio, che alle spalle vede aspetti sociali ed economici del governo cinese. L’obiettivo della Cina, infatti, ormai è chiaro al mondo intero, e non solo al mondo calcistico: diversificare le loro attività cercando di ottenere dei guadagni ed un ritorno di immagine positivo per poter ospitare, nei prossimi anni, i mondiali di calcio. Per ottenere maggior appeal da parte delle popolazioni europee e sudamericane (da sempre i popoli più vicini ed appassionati al mondo del calcio), gli investitori cinesi non hanno investito solo nell’acquisto delle società (Inter e Milan sono i nostri esempi più lampanti), ma anche e soprattutto nell’acquisizione, a suon di milioni, dei calciatori più popolari, prelevandoli dai ben più blasonati campionati europei. Se il piano degli investitori cinesi ha colpito anche il nostro paese, gli investitori arabi invece, ritenendo evidentemente l’Italia un paese non ancora pronto ed adatto per determinati investimenti, si sono diretti dove le opportunità per investire risultavano più vantaggiose, rilevando club europei, come Manchester City e PSG, a prezzi tutto sommato ragionevoli, squadre che allora non risultavano particolarmente vincenti in campo nazionale così come in quello europeo.
La Premier League rimane ancora il campionato con maggior numero di squadre guidate da investitori e presidenti stranieri. Seguono Spagna ed Italia, mentre il campionato che sembra ancora resistere a questa ondata inesorabile è la Bundesliga, con una politica già consolidata da decenni grazie alla quale si è arrivati alla costruzione di impianti sportivi all’avanguardia, riempiti in ogni ordine di posto tutte le settimane.
Cosa ne pensa il mondo del calcio di questi nuovi investitori? Le reazioni non sono affatto unanimi. Se da una parte il presidente del Coni Giovanni Malagò si è detto favorevole, se non altro perché al momento non vede altre possibilità per far crescere il nostro calcio, dall’altra Gianluigi Buffon, capitano e simbolo storico della Juventus e della Nazionale, non sembra affatto bendisposto a questo genere di investimenti, ritenendo tutto ciò una sconfitta per il nostro calcio e le nostre tradizioni.
Entrambi hanno avuto una visione condivisibile. Malagò ha parlato nell’interesse di uno dei campionati più importanti del mondo, considerate tutte le difficoltà delle squadre italiane e della stessa nazionale ad imporsi in campo europeo e mondiale (l’eliminazione clamorosa ed epocale della nostra nazionale dai prossimi Mondiali per mano della mediocre Svezia è un esempio disgraziatamente evidente); Buffon ha parlato da giocatore esperto e simbolo di un calcio che forse, purtroppo, sta definitivamente scomparendo, lasciando spazio ad una nuova era.
Anche i tifosi di tutte le squadre, i quali, è bene ricordarlo, rimangono la parte principale e più sana di questo meraviglioso sport, sono divisi fra chi è favorevole e chi rimane scettico a questo genere di cambiamenti, se non altro perché i nuovi proprietari stranieri sembrano interessati perlopiù a mostrare la propria forza in ambito economico e finanziario piuttosto che raggiungere i risultati sul campo di gioco.
È chiaro ormai che in Europa ogni nazione ha due campionati di calcio: uno al quale siamo abituati, dove i protagonisti sono i calciatori, il rettangolo verde di gioco e la cornice composta dai tifosi, l’altro è un campionato finanziario ed economico dove alla base vi è il business, i presidenti “sostituiscono” i calciatori e la cornice è quella dei soldi.
L’importante è non perdere di vista l’obiettivo fondamentale di questo sport: realizzare più gol degli avversari e vincere più partite possibili. Banale, ma è la realtà. Per importare il proprio brand ed il proprio nome in altre parti del mondo, non esiste campagna di comunicazione più efficace di vincere trofei.