Coop, il presidente Pedroni: "Mirare a cambiamenti strutturali dei modelli di consumo"

- di: Redazione
 
La forte resilienza nella pandemia da Covid-19, le grandi sfide che ha davanti la Grande Distribuzione Organizzata italiana, la necessità di un cambio di passo nella filiera agroalimentare, le leve su cui Coop punta per il futuro, la necessità di rilanciare i consumi per rilanciare l’Italia. Questo ed altro nell’intervista a Marco Pedroni, Presidente di Coop Italia e Ancc-Coop (Associazione nazionale delle Cooperative di Consumatori-Coop).

Dottor Pedroni, come Coop ha affrontato l’emergenza pandemia, quale capacità di resilienza ha messo in campo? Qual è stato l’andamento 2020 e quali previsioni si possono fare per il 2021 per il sistema Coop e per la Grande Distribuzione Organizzata (GDO) in generale?
L’analisi del 2020 di Coop ci mostra un’insegna che ha saputo reagire positivamente alla crisi, impegnandosi sempre di più nel ruolo di fornitore di servizi essenziali a una collettività in affanno. I costi per sostenere questo ruolo sono stati importanti. Nei primi mesi del lockdown Coop ha investito circa 100 milioni extra per la sicurezza e per gli aiuti alle famiglie, ai quali si sono aggiunti altri decine di milioni nei mesi successivi. Sul fronte dei ricavi, emerge che i picchi di vendite dello scorso marzo, arrivati fino al +20%, si sono naturalmente ridimensionati nei mesi successivi. In estate la grande distribuzione ha registrato un andamento di segno negativo. In seguito, con la ripresa dei contagi e delle misure restrittive, si è avuta una crescita seppure in misura minore rispetto alla prima ondata. Nei primi mesi del 2021 la distribuzione registra dati positivi rispetto al periodo prima del Covid, ma inferiori a quelli del 2020. Per Coop nel complesso ci aspettiamo nel 2021 una tenuta delle vendite derivante sia dalla buona gestione operativa delle nostre associate, che dalle iniziative commerciali messe in campo, soprattutto con la valorizzazione della nostra Mdd. La pandemia insegna che bisogna essere sempre pronti a cambiare strategie e comportamenti, come individui e come organizzazione. I comportamenti di acquisto sono cambiati: si frequenta meno i punti vendita, ma si ha un carrello più grande, si preferiscono i punti vendita di vicinato, si acquista un po’ memo prodotti freschissimi, ritornano gli acquisti per “far da mangiare”, ancora più attenzione alla convenienza, ma anche alle scelte di benessere. Questo impegna ogni impresa a far evolvere il proprio modello di offerta e come Coop siamo molto impegnati in questo.

Il vostro Ufficio Studi ha realizzato un’indagine dalla quale emerge che solo il 21% degli italiani prevede nel 2021 di spendere più del 2019. Lei ha affermato: “Non bastano iniziative a bassa intensità come la lotteria degli scontrini. Crediamo che il sostegno del Governo debba essere finalizzato a cambiamenti strutturali dei modelli di consumo, in un’ottica di maggiore sostenibilità ambientale e sociale, a partire dall’abbattimento dell’Iva sui beni e sui servizi con queste caratteristiche”. Quali altri mosse sono praticabili per accelerare la ripresa dei consumi?
Sì, con la pandemia si sono accentuate le incertezze e si sono create nuove aree di difficoltà economica e in qualche caso di povertà. Le diseguaglianze crescono e questo si avverte anche nei consumi che globalmente calano e si polarizzano. La scommessa per noi più importante e difficile è quella di offrire cibo buono, sicuro e sostenibile accessibile a tutti, non solo alle classi abbienti. In questo senso siamo lontani dall’idea di discountizzare e semplificare la nostra offerta. Non è una strategia commerciale, è la nostra missione di Coop. A distanza di un anno dallo scoppio della pandemia, sembra di poter dire che la sensibilità alla sostenibilità non è stata cancellata ma anzi in qualche caso rafforzata proprio dall’apparizione del virus. Investire in cibi “sostenibili” credo sia uno dei driver del domani. Poi è prevedibile che continuino a rafforzarsi i prodotti “Made in Italy”, anche se noi Coop non abbiamo mai demonizzato le produzione estere quando buone e originali. Da parte invece del Governo e delle Istituzioni servono sostegni efficaci e rapidi all’occupazione e ai redditi più bassi che possano sostenere i consumi e il ciclo economico. E poi serve detassare i consumi dei prodotti sostenibili, agevolare gli acquisti per chi è più in difficoltà; c’è la chiara necessità di di aiutare con decisione le famiglie in una progettazione nazionale, globale e inclusiva. Inoltre, sarebbero molto utili interventi che favoriscano la ristrutturazione e la rigenerazione urbana delle grandi strutture di vendita (centri e parchi commerciali). Il PNRR è un’occasione importantissima per riscrivere la politica economica e industriale e con essa avviare il cambiamento delle distorsioni peggiori del nostro Paese.

Quali sfide attendono la GDO italiana nei prossimi anni? Quali i processi di ristrutturazione interna in atto? In questo contesto, lei ha indicato tra gli obiettivi programmatici quello di ‘passare dalla giusta rivendicazione del ruolo della distribuzione per il Paese, alla creazione di un valore lungo la filiera agroalimentare’. Partendo dal dato di fatto che i margini nella distribuzione sono molto bassi, lei in sostanza indica che, invece di farsi la guerra tra i vari elementi delle filiere, occorre aumentare il valore creato dalla filiera stessa. È così? Questa proposta sta facendo passi avanti?
Come dice lei, è il momento di collaborare per dare valore alle filiere agroalimentari del Paese. Una collaborazione tra i soggetti più significativi dei tre comparti chiave, l’agricoltura, l’industria di trasformazione, la distribuzione alimentare. E poi un nuovo rapporto con la politica e le istituzioni, partendo dai problemi delle famiglie. Collaborare non vuol dire negare il valore della competizione, anzi ! La competizione è migliore quando ci sono regole comuni condivise, quando si migliora l’efficienza dei processi e delle infrastrutture comuni, quando chi si comporta scorrettamente in ognuno dei tre comparti viene sanzionato. Sicuramente è necessario che la GDO nel suo complesso abbia un ruolo maggiormente riconosciuto dai decisori politici e dall’opinione pubblica, come attore di primo piano nella filiera agroalimentare che può sostenere la straordinaria ricchezza e varietà dei prodotti e delle culture enogastronomiche italiane, facendo conoscere i prodotti locali e regionali nelle altre aree del Paese. Nell’ultimo convegno di Marca 2021 abbiamo ribadito l’importanza delle intese che abbiamo raggiunto come Distribuzione Moderna con le associazioni dell’industria alimentare e del mondo agricolo; si tratta di un impegno comune su come realizzare l’integrazione della Direttiva UE sulle pratiche commerciali sleali nell’attuale quadro normativo nazionale.

Restando sul tema, il Senato, recependo le direttive europee sulle pratiche commerciali sleali nei rapporti tra imprese della filiera agricola e alimentare, ha in pratica approvato il divieto alle aste al doppio ribasso. Un bel passo avanti o solo un passettino in avanti?
Abolire le aste al doppio ribasso è un fatto importante, anche con un valore simbolico. Noi come Coop ci siamo sempre posti con estremo equilibrio nei rapporti di fornitura, non abbiamo mai applicato le aste al doppio ribasso e le abbiamo sempre denunciate come pratiche scorrette. E non siamo soli in questo percorso. Non c’è una GDO cattiva e piccoli produttori buoni. In questo senso sono convinto che i buoni (che sono la stragrande maggioranza) e i cattivi (che sono pochi, ma fanno molti danni) sono equamente distribuiti in tutti i comparti dell’agricoltura, dell’industria e della distribuzione. Senza presunzione voglio anche aggiungere che come Coop abbiamo nei nostri principi inviolabili che l’etica fa parte del modo di costruire i nostri prodotti.

La Coop negli anni è stata anche protagonista di importanti iniziative imprenditoriali al di fuori del settore di presidio storico. Dalla telefonia mobile al turismo, dalle utilities all’energia, sono molti gli ambiti in cui Coop sperimenta nuove forme di mutualità e servizio per i soci. Questo allargamento dell’offerta resta strategico nei vostri programmi?
Cambiano i consumatori e cambiano i nostri soci. Al core business centrale della nostra offerta, il cibo di qualità a prezzi convenienti, si sono affiancate negli ultimi anni altre attività non meno importanti e di servizio che vanno nella direzione di rispondere a nuovi bisogni delle persone. Da qui la telefonia a marchio Coop con l’operatore CoopVoce, le Librerie, i Viaggi (Robintur), le società specializzate nella fornitura di energia. Ambiti in cui ci muovono con la stessa filosofia di base, essere trasparenti e corretti, offrire condizioni agevolate ai nostri soci. Sono ambiti che al netto della pandemia ci hanno dato soddisfazione e riteniamo importanti.

In un’intervista di qualche anno fa, affermò che uno dei punti di forza è indubbiamente quello dei prodotti a marchio Coop. Disse che ‘il Prodotto a marchio Coop sarà il perno delle nostre azioni future e lavoriamo su questo in stretta correlazione con la propensione green degli italiani e le loro scelte’. Qualcosa è cambiato o questa scelta resta valida?
Non solo vi confermo quella scelta, ma vorrei aggiungere che negli ultimi anni abbiamo fatto altra strada con i nostri Prodotti Coop in questa direzione verde (e molta altra ne stiamo progettando). Se pensate solo all’eliminazione degli antibiotici nell’alimentazione animale, all’abolizione del glifosato nella coltivazione dei prodotti freschi, alla plastica riciclata nelle bottiglie di acqua Coop, alla riduzione ulteriore del peso degli imballaggi, tutte cose recenti degli ultimi anni. Oggi il Prodotto Coop rappresenta un terzo dei pezzi venduti nei nostri punti vendita, si articola in più linee (verdi, salutistiche, premium, solidali,...) e continua ad essere molto conveniente nei segmenti di mercato coperti. Ma non solo, negli anni abbiamo introdotto innovazioni importanti che hanno saputo cambiare anche l’offerta dell’industria e dei nostri concorrenti. Si pensi che siamo stati i primi nei lontani anni ’80 ad abolire fosfati nei detersivi o i coloranti artificiali negli alimenti, i primi a togliere gli OGM, i primi a garantire filiere sui prodotti freschi senza caporalato o lavoro nero, a togliere l’olio di palma, ad allevare a terra le galline, a ridurre fino ad azzerare gli antibiotici negli allevamenti, a diminuire le plastiche nei packaging dei prodotti, a eliminare il glifosato nelle filiere agroalimentari. Sono convinto che questa caratteristica di Coop sia anche l’arma vincente per il futuro. La consapevolezza ambientale e sociale, l’attenzione al cibo in rapporto al benessere, la domanda di sostenibilità sono elementi sempre più presenti in larghi strati della popolazione e dei consumatori, soprattutto nelle generazioni più giovani. Noi possiamo rispondere a questa domanda meglio di altri, dobbiamo avere il coraggio di continuare a innovare l’offerta, soprattutto con i nostri prodotti a marchio ed è quello che faremo.

Siete sempre stati antesignani della sostenibilità ambientale, economica e sociale, inanellando tutta una serie di importanti riconoscimenti frutto di tantissime iniziative. Oggi la sostenibilità è argomento di primissimo piano, insieme a quello connesso della digitalizzazione, come driver dello sviluppo. Cos’è per voi il concetto di sostenibilità a tutto tondo e quale altri balzi in avanti prevedete su questo fronte?
La sostenibilità in tutte le sue dimensioni è la nostra strada. La nostra campagna “Una buona spesa piò cambiare il mondo” è portatrice di un messaggio ambizioso e di un obiettivo altrettanto alto. Non è un messaggio pubblicitario, è un nostro impegno reale, ed è un invito a tutte le persone a scegliere prodotti, servizi e comportamenti sostenibili per l’ambiente e per la società. Come Coop facciamo la nostra parte e investiamo energia, impegno e soldi perché ciò succeda. Gli esempi già citati su antibiotici, pesticidi, no caporalato hanno richiesto un grande impegno nostro e dei nostri partner di prodotto. Va detto che molte imprese si muovono sui temi della sostenibilità, alcune sinceramente, altre con approcci di marketing. Spesso si offre sostenibilità e qualità solo a chi può pagare un prezzo più alto. Non è la strada che come Coop vogliamo percorrere; ci interessa realizzare soluzioni sostenibili che possano diventare accessibili a tutti; si può fare se si crea una consapevolezza estesa e quindi una domanda più forte che faccia diventare la sostenibilità uno standard, non un accessorio. È una sfida difficile, sarebbe più comodo segmentare l’offerta distinguendo chi ha più possibilità da chi ne ha meno, ma noi siamo nati per rendere migliore il mercato, non per adeguarci.
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