Fincantieri, Bono: "Guardare al futuro senza paura per preservare la nostra industria"
- di: Redazione
Il punto sull’anno 2020, la resilienza dimostrata da Fincantieri, le
buone prospettive per il 2021, le linee strategiche per un’ulteriore fase di crescita anche in termini di modello organizzativo,
gestione della complessità, innovazione e sostenibilità. Parliamo
di tutto questo in un’intervista all’Amministratore delegato del
Gruppo, Giuseppe Bono.
Il 2020 è stato caratterizzato dalla pandemia che ha colpito
l’economia a livello globale e che ha impattato Fincantieri
con una perdita di produzione del 20% rispetto a quanto
programmato. Ma Fincantieri ha mostrato grande capacità
di resilienza, con l’Ebitda in linea con il 2019 e con l’Ebitda
margin, sempre rispetto al 2019, in crescita al 6,1% rispetto al 5,5%. Alla luce di questi elementi, che valutazione dà
dei risultati 2020?
Nel 2020 la pandemia ha messo a dura prova l’intera economia
mondiale, senza risparmiare la grande industria.
In questo scenario abbiamo dimostrato una notevole capacità di
risposta, sia in termini di adozione di protocolli poi divenuti benchmark per altri -per la tutela della salute dei nostri lavoratori- sia
per la capacità di riprogrammare le nostre produzioni anche con
la dilatazione dei tempi di consegna delle navi, per venire incontro alle richieste dei nostri armatori.
Soluzione resa possibile dalla nostra solidità e dalla nostra flessibilità organizzativa, oltre che dalle nostre ottime relazioni con i
clienti.
Nemmeno un ordine è stato cancellato.
Possiamo quindi dirci molto soddisfatti della reazione del Gruppo,
che ha consegnato nell’anno 7 navi da crociera e sempre nel 2020
si è vista aggiudicare una storica commessa per le fregate della US
Navy, che realizzeremo nei nostri cantieri americani, oltre ad aver
completato in tempi record il Ponte di Genova.
Il quarto trimestre 2020, con la crescita dei ricavi e dell’Ebitda (rispettivamente +42% e +40%) rispetto ai già positivi
risultati del terzo trimestre, è il segnale della ripresa della
crescita dei volumi produttivi nel 2021 e, se sì, ci si deve
attendere un ritorno all’utile? Quali pensa saranno i segmenti di business più performanti?
Abbiamo consolidato il miglioramento già registrato nel trimestre precedente, grazie a nuovi ordini per 4,5 miliardi di euro,
che confermano un carico di lavoro complessivo che supera i 35
miliardi con 97 navi in consegna fino al 2029.
Un portafoglio ordini record che, al netto di quello che sarà l’andamento della pandemia, ci consente ottimisticamente di prevedere un importante balzo dei volumi, attorno al 20%, a recupero
della perdita di produzione dello scorso anno. Nei prossimi 3-4
anni stimiamo un aumento dei ricavi medio del 10% all’anno.
In questi anni il Gruppo Fincantieri ha allargato il suo orizzonte, indirizzandosi sempre più verso comparti ad alta
tecnologia, tanto che qualcuno ha anche parlato di ‘nuova
Fincantieri’. Quali sono le scelte strategiche di fondo del
Gruppo per i prossimi anni e quali, in questo contesto, le
concrete iniziative strategiche nelle varie aree d’attività?
Esattamente, il nostro obiettivo è quello di trasformare Fincantieri, siamo diventati una società di ingegneria con capacità organizzative e competenze integrate: competenze che siamo in
grado di far valere anche fuori dall’ambito navale, a servizio di
altri comparti e di ogni mercato. E prima di tutto, ovviamente, del sistema-Paese. In tal senso abbiamo potenziato il nostro
know-how nel settore delle infrastrutture, dove abbiamo acquisito, dall’amministrazione controllata di Condotte, Inso, azienda
leader nella realizzazione di ospedali e tecnologie elettro-medicali, ribattezzandola Finso; abbiamo consolidato la nostra capacità di offerta tecnologica con la creazione di NextTech che,
grazie ad un accordo con IBM e Autostrade, svilupperà i sistemi
di monitoraggio per la rete autostradale italiana, con l’obiettivo di proporsi anche all’estero; e, sempre nell’ottica di questo
strategico ampliamento delle competenze, stiamo sviluppando
anche la nostra offerta nei campi della cybersecurity, dei sistemi integrati, delle unità unmanned, del marine interiors, e in
prospettiva dell’idrogeno e dell’eolico, delle biomasse, del deep
sea mining.
Nel 2020 avete realizzato 309 milioni di euro di investimenti, con un’incidenza su ricavi che è salita al 5,3% dal 4,9%
del 2019. Quali i principali investimenti programmati per
l’anno in corso e, più in generale, per i prossimi anni?
Continueremo di certo ad investire sia per consolidare il core-business, sia le nuove attività, senza precluderci la possibilità di nuove
acquisizioni e ingressi in nuovi ambiti. Ma prima di tutto continueremo a investire sulla nostra risorsa fondamentale: le persone. Negli ultimi due anni, nonostante la pandemia, ne abbiamo
assunte circa 900!
Di recente Fincantieri ha annunciato di avere firmato,
come prime contractor, con Occar (l’Organizzazione internazionale di cooperazione per gli armamenti), un
contratto - del valore di 1,35 miliardi di euro - per la costruzione di due sottomarini di nuova generazione (con
l’opzione per ulteriori due unità) per la nostra Marina
Militare. Che valore strategico ha per voi questa commessa?
Con questa commessa, al di là del suo valore economico, l’Italia
potrà continuare a vantare un know-how unico a livello mondiale. E il nostro Gruppo, in qualità di prime contractor e design
authority, compirà un autentico salto tecnologico, con ricadute
positive in termini di qualificazione anche del nostro indotto,
formato da tante PMI trainate dall’effetto volano di Fincantieri.
Può farci il punto su Vard, controllata Fincantieri e fra le
prime società al mondo nella realizzazione di imbarcazioni speciali? Vard è entrata nell’industria marittima intraprendendo un percorso di crescita sostenibile. Con quali
prospettive?
A conferma del primato tecnologico di Vard nella realizzazione delle navi altamente avanzate per il settore energetico,
la nostra controllata solo nell’ultimo anno ha firmato nuovi
contratti con un’anima fortemente green, con il più recente
che prevede tre Service Operation Vessel a servizio del parco
eolico di Dogger Bank nel Mare del Nord, che diventerà il più
grande al mondo. La società costruirà inoltre una serie di unità innovative tra cui: una Service Operation Vessel, prima del
suo genere in Asia, concepita per attività di manutenzione dei
campi eolici marini; una nave posacavi altamente innovativa e
otto unità robotizzate, destinate alla fornitura di servizi marittimi negli Stati Uniti e nel Regno Unito. Le competenze di Vard
ci consentono, in attesa della ripresa del mercato offshore, di
diversificare il nostro patrimonio tecnologico declinato sempre
più in chiave green.
L’impegno del Gruppo Fincantieri nella sostenibilità è stato di nuovo riconosciuto da Cdp e Vigeo Eiris, oltre che
“certificato” da premi a carattere internazionale. Cos’è
per Fincantieri la sostenibilità, intesa a 360 gradi (ambientale, economica, sociale)?
Vorrei dire a tal proposito che si parla tanto di sostenibilità, ma
senza una sostenibilità economica ciò ha poco senso. Non si possono solo guardare gli aspetti finanziari, sostenibilità è anche avere la capacità di essere presenti in futuro, noi possiamo dire che
fra dieci anni Fincantieri sarà ancora forte sul mercato, cosa che
poche aziende oggi sono in grado di poter affermare. Abbiamo
assistito a troppe bolle in questi anni. La sostenibilità e la finanza
devono guardare non all’immediato, ma al futuro, coniugando lo
short time con una visione di lungo periodo.
Cosa ha rappresentato per voi la realizzazione del ponte San Giorgio, che oggi, per qualità della realizzazione e
della tempistica, fa parlare di ‘modello Genova’? Questa
esperienza apre nuove prospettive di crescita del Gruppo?
Indubbiamente il completamento della sovrastruttura d’acciaio
del nuovo Ponte in soli 7 mesi ha rappresentato per l’intero Paese
una milestone eccezionale.
Ma non per Fincantieri, per cui consegnare un oggetto enormemente più complesso del Ponte, come una nave, nei tempi e nei
costi, è la norma.
Ecco perché amo spesso ripetere che il modello-Genova, senza il
modello-Fincantieri, non sarebbe stato possibile.
Come immagina il Gruppo Fincantieri tra 10 anni, dopo la
rivoluzione iniziata sui temi della digitalizzazione e della
sostenibilità?
Spesso rispondo a questa domanda, provocatoriamente, dicendo
che tra qualche tempo vedo Fincantieri fuori dall’Italia. Intendo
dire che noi abbiamo scelto di guardare al futuro senza paura.
Solo applicando una visione e una logica non emergenziali, non
contingenti, ma di lungo respiro, possiamo infatti preservare la
nostra industria. Ma non possiamo essere i soli a ragionare in
questo modo. Per questo l’appello che lancio a tutti quanti, è di
tornare a fare sistema, a partire dall’occasione storica fornita dal
recovery plan, i cui fondi però dovremo essere capaci di gestire.