Dal Covid 19 a Omicron: intervista a Mariano Bizzarri, ricercatore e docente a “La Sapienza” di Roma

- di: Barbara Bizzarri
 
Mariano Bizzarri è ricercatore oncologico fra i più rinomati e docente di chiara fama di Patologia Clinica presso il Dipartimento di Medicina Sperimentale dell’Università La Sapienza di Roma, dove coordina il System Biology Group Laboratory. È stato presidente del Consiglio Tecnico Scientifico dell’Agenzia Spaziale Italiana e ha contribuito a fondare la Italian Society for Space, Biomedicine and Biochemistry. In questa intervista esclusiva, parliamo con lui di quanto avvenuto in questi anni, tra farmaci sperimentali e libertà negate in nome della “scienza”, e delle prospettive che si delineano per il futuro.

Professore, la presentazione del suo ultimo libro “Covid 19, un’epidemia da decodificare” presso l’aula del Senato, mi induce a chiederle cosa ne pensa della gestione passata e attuale della pandemia. 

Il giudizio deve essere contestualizzato. Nella prima fase c’è stato un misto di impreparazione e colpevole sottovalutazione, perché i segnali erano arrivati, chi doveva sapere sapeva già dai primi giorni di gennaio. Ci sono stati dati ordini contraddittori, non è stato attivato il piano pandemico a prescindere dal fatto che non era stato aggiornato, come ha spiegato molto bene Francesco Zambon: ma al di là di questo, un piano c’era e doveva essere comunque attuato. Invece, ci siamo trastullati fino a marzo, quando è arrivato il primo dpcm che imponeva il lockdown. Nella prima fase c’è stato quasi un abbandono dei principi base della medicina, perché ci si doveva basare di più sull’esperienza clinica: l’osservazione diretta del paziente è fondamentale nel nostro lavoro. Questo avrebbe dovuto portarci a valutare più attentamente l’importanza dei trattamenti domiciliari, che ovviamente sono ben altra cosa rispetto al protocollo tachipirina e vigile attesa. Oggi siamo in una condizione che è lontana dal quadro emergenziale: come confermato da molti studi, non bisogna parlare di Covid ma di Omicron, una malattia nuova, diversa, che ha un impatto blando sul sistema sanitario al punto che gli studiosi più diversi affermano che ormai debba essere declassata al livello di influenza, perché è raro trovare pazienti che abbiano compromissioni a carico dell’apparato respiratorio e del polmone. Quindi, a fronte di una pandemia che si trasforma in endemia a basso impatto patogeno, bisogna adottare una strategia differente. 

Quale potrebbe essere definita una strategia corretta? 

Come sempre per qualunque malattia, da un lato dovrebbe tutelare i fragili e questo vale anche per il raffreddore, non solo per il Covid, perché il paziente fragile è in una posizione di grave instabilità. Punto secondo: è stato riconosciuto persino dal capo tecnico della Pfizer, il dottor Ugur Sahin, che la quarta dose non ferma Omicron e non serve a nulla. Chiederla oggi serve soltanto a svuotare i depositi di quantitativi abnormi di vaccino che abbiamo incautamente comprato, come è già stato svelato ampiamente.  In questa situazione, se si deve fare un vaccino, ed è ancora da discutere proprio perché ci troviamo in una endemia a basso impatto, bisogna pensare a un vaccino integralmente nuovo.

Quali caratteristiche dovrebbe avere il nuovo vaccino?

Dovrebbe coprire tutte le possibili varianti perché prende in considerazione non la sola proteina spike, come hanno fatto i vaccini a m-RNA, ma l’intero virus inattivato, e che venga somministrato per via nasale, perché bloccare l’ingresso del virus sulla porta d’entrata e, quindi, sulla mucosa nasale, è l’arma vincente. Non è un parere mio, ma è stato scritto sia da Nature, sia dal Journal of American Medical Association. Un gruppo dell’Istituto Superiore di Sanità diretto dal dr. Maurizio Federico, sta lavorando in questa prospettiva, cioè sviluppare un vaccino integralmente nuovo. Il problema è che noi non diamo supporto ai nostri stessi scienziati. Per completare la risposta, non ci stiamo preparando a ciò che avverrà in autunno, qualunque cosa possa essere: perché il nostro sistema sanitario sta cadendo a pezzi. Perché mancano i medici, i migliori scappano, mancano infermieri e personale paramedico, non vengono attivate strutture che sono già pronte perché non si investe, perché anche con il PNRR abbiamo ridotto i fondi destinati al sistema sanitario. 

A suo parere, come evolverà la situazione attuale?

Questo virus, come tutti i virus, tende a trovare una forma di compromesso con il proprio ospite, perché nessun virus è così cretino da segare il ramo su cui si appoggia. Dentro di noi albergano oltre cinque miliardi di batteri che approfittano pacificamente di tante cose che, come organismo, mettiamo loro a disposizione. È una legge di natura, gli organismi tendono a stabilire rapporti di simbiosi o quantomeno non conflittuali: se muore l’ospite, muore pure il virus. È molto semplice e ce lo dimostra Omicron: è più contagiosa ma non porta a morte, se non raramente. La prospettiva è che avremo un andamento ondivago fino a che non sarà completato questo quadro di endemia che porterà l’intera popolazione ad immunizzarsi e a tollerare, fatte salve sempre le solite eccezioni, questo virus. L’andamento che mi aspetto è questo, poi la gestione politica è diversa, perché qualcuno penserà di utilizzare questo saliscendi per gridare, al lupo al lupo. Voglio citare il professor Bassetti, che sottolinea invece che non c’è nessun lupo. 

Perché, secondo lei, in questi anni la scienza è assurta a un ruolo totemico e il dubbio, fondamento della scienza, è stato messo da parte a fronte di un dogmatismo senza possibilità di replica?

Distinguiamo fra la scienza e gli scienziati. La scienza è un concetto astratto, è un insieme di metodi, di buoni principi, di percorsi che per definizione sono aperti a miglioramenti e cambiamenti continui. Gli scienziati, invece, come tutti gli uomini hanno i loro limiti e i loro pregi e possono rispondere a logiche molto diverse. Molti scienziati, nei secoli scorsi, hanno prestato la loro opera a regimi totalitari. Erano certo scienziati, ma gli obiettivi e il modo in cui hanno piegato gli strumenti della scienza erano discutibili, quando non addirittura criminali perché la scienza, se non è guidata da principi etici, non può sussistere. La colpa, stavolta, non è solo dei politici né degli scienziati. È vero che i politici hanno utilizzato le affermazioni di un manipolo di persone che lavorano nel settore scientifico per far passare decisioni che nulla avevano a che vedere con la scienza, basti pensare alle regole per le mascherine, la dimostrazione più lampante che le scelte hanno sofferto di valutazioni politiche. Intendiamoci: non ci sarebbe stato nulla di male se si fosse detto apertamente, ma non diamo la colpa alla scienza del criterio adottato. Dunque, perché hanno trasformato la scienza in una nuova religione? Perché questa è un’umanità decaduta, che non crede più a nulla. Non crede a Dio, non crede ai principi della filosofia, non crede più ai partiti. Rimane la nuova magia dei nostri tempi, perché l’uomo è sempre stato portato a credere a un intervento di tipo magico che stavolta assume i caratteri della tecnoscienza. Hanno sfruttato questa mancanza di fede e di visione filosofica, coniugata alla paura della morte instillata in questi anni, perché è stato insegnato all’uomo che non sia proprio del tutto obbligatorio morire e che deve esserci una causa, altrimenti chissà quanto sarebbe campato. Hanno insegnato all’uomo a rifuggire dall’idea della morte. Questo non soltanto è profondamente sciocco ma chiaramente condanna l’umanità alla follia, alla disperata ricerca di soluzioni che non esistono. È la conclusione del “Prometeo incatenato” di Eschilo: quando alla domanda, ma cosa hai fatto per manipolare gli uomini?, il daimon risponde “ho insinuato in loro cieche speranze”. Qui, la cieca speranza che viene instillata è che uno possa prolungare in modo indefinito il corpo, rinunciando a tutte le altre cose più importanti: la libertà. La fede. La dignità. L’onore. E così hanno portato come un immenso gregge la popolazione a rinunciare a tutto questo. 

Come ci si salva da questo sfacelo, professore? Non da un punto di vista sanitario, ovviamente.

Non ci si salva. Perché abbiamo tollerato cose incredibili. Da tanti anni stanno costruendo una narrativa in cui ci vogliono convincere di una realtà che non esiste. In questo mondo, al netto della tolleranza che è dovuta per tutti i comportamenti, vogliono farci credere ad autentiche assurdità. Siamo dinanzi a una crisi escatologica seria, un’umanità che ha perso di vista le cose fondamentali: una madre ha ucciso la figlia con undici coltellate. Quando uno vede queste cose, vede un’umanità in totale decadenza, che non merita di essere salvata. Finché non andremo a sbattere e ricominceremo da capo, non ci sarà possibilità di salvezza. Intendiamoci, questo è un andamento che ricapitola quanto succede nella vita di ciascuno: tutti abbiamo imparato le cose importanti quando siamo andati a sbattere contro un muro. Chi ha un certo mandato è qui per aiutare le persone ad affrontare questa prova. La possibilità di salvezza dipende anche dal grado di maturità complessiva dei singoli, ma la maggior parte della gente vuole il telefonino, va in giro con la mascherina ed è contenta quando ha la droga libera, l’eutanasia libera e per tutto il resto fa quello che vuole la grande industria. I primi tre farmaci più venduti sono di carattere psichiatrico: antidepressivi, stabilizzatori dell’umore, droghe varie. Questo è la misura dello stato di salute del popolo occidentale: un popolo malato. 
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