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Zuckerberg lancia l’IA che ripara le cellule

- di: Vittorio Massi
 
Zuckerberg lancia l’IA che ripara le cellule
Zuckerberg lancia l’IA che ripara le cellule
Dalla rete Biohub nasce il piano per fondere biologia e intelligenza artificiale. L’obiettivo: capire e prevenire ogni malattia prima che si manifesti. Un progetto che unisce scienziati, ingegneri e supercomputer nella sfida più ambiziosa del secolo.

(Foto: Mark Elliot Zuckerberg).

Un decennio dopo, una nuova rivoluzione

Dieci anni dopo la nascita della Chan Zuckerberg Initiative, Mark Zuckerberg e Priscilla Chan riscrivono il loro programma filantropico: non più solo istruzione e salute pubblica, ma una biologia guidata dall’intelligenza artificiale. La scommessa è di quelle che cambiano i paradigmi: costruire modelli digitali in grado di comprendere e riparare le cellule umane.

In una lettera diffusa ai ricercatori, la coppia spiega che l’obiettivo iniziale — “curare o prevenire tutte le malattie di questo secolo” — è oggi più vicino che mai. “Con i progressi dell’IA crediamo che questo sia possibile molto prima”, hanno scritto.

Biohub diventa la fucina della medicina del futuro

La rete Biohub, già attiva a San Francisco, New York e Chicago, diventa il cuore pulsante della nuova era scientifica. Qui nasceranno i primi modelli cellulari virtuali capaci di simulare i processi biologici più complessi, prevedere l’effetto dei farmaci e indicare come intervenire per “riparare” un tessuto o correggere una mutazione.

L’idea è semplice quanto rivoluzionaria: usare l’IA non per sostituire il medico, ma per prevedere l’insorgere delle malattie e prevenirle prima dei sintomi. Un approccio che sposta l’asse della medicina dal curare al comprendere.

Scienziati e supercomputer, la nuova alleanza

Per rendere concreto il progetto, la CZI ha acquisito EvolutionaryScale, startup pioniera nei modelli linguistici applicati alla biologia. Ha inoltre costruito un cluster GPU di ultima generazione, il più potente mai dedicato alla ricerca biomedica no-profit. La nuova infrastruttura permetterà di addestrare algoritmi su enormi quantità di dati cellulari, generando rappresentazioni digitali della vita umana a livello microscopico.

Nei laboratori di Biohub lavorano già centinaia di ricercatori specializzati in IA proteica, genomica computazionale e microscopia intelligente. Il loro compito è ambizioso: trasformare le intuizioni dell’IA in strumenti concreti per la ricerca e la clinica.

“È un sogno folle, ma realizzabile”

Durante un incontro con cinquanta scienziati e leader tecnologici, Zuckerberg ha definito l’iniziativa “una follia calcolata”: “Ogni giorno parliamo con biologi che ci dicono che vogliamo fare l’impossibile. Poi arriva qualcuno dell’IA e ci chiede: perché siete così poco ambiziosi?”. Un contrasto che sintetizza lo spirito di Biohub: spingere la scienza oltre i limiti dell’immaginazione.

Priscilla Chan, medico pediatra e cofondatrice dell’iniziativa, ha aggiunto: “Vogliamo modelli che aiutino a capire le malattie nelle persone reali, non solo nei manuali di biologia”. Un invito a portare la tecnologia dentro la pratica clinica, rendendo la ricerca più rapida e più umana.

Un futuro tra etica e algoritmi

La sfida però non è solo tecnologica. Gli esperti ricordano che la creazione di un’IA biologica solleva interrogativi etici profondi: chi controllerà i dati genetici? Chi garantirà che i modelli restino aperti e trasparenti? Zuckerberg promette che tutto sarà open source, ma la complessità dell’impresa impone un nuovo equilibrio tra innovazione e sicurezza.

Il potere di prevedere il comportamento delle cellule — e potenzialmente di modificarlo — apre scenari straordinari ma anche rischiosi. La frontiera dell’IA che cura potrebbe trasformarsi in quella dell’IA che decide, se non saranno stabilite regole chiare e condivise.

La corsa è appena iniziata

Nei prossimi dodici mesi, Biohub prevede di rendere pubblici i primi gemelli digitali delle cellule umane e di sperimentarli in collaborazione con università e ospedali. L’obiettivo finale è costruire una piattaforma aperta che permetta di testare farmaci, diagnosticare precocemente tumori o malattie neurodegenerative e simulare gli effetti delle cure in tempo reale.

Se il piano riuscirà, la medicina di domani sarà meno empirica e più predittiva: i computer non solo analizzeranno i sintomi, ma capiranno il linguaggio del corpo e sapranno dove intervenire. Zuckerberg lo definisce “il passo naturale dopo Internet: comprendere la vita stessa”. 

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