Nei primi otto mesi del 2025 in Italia sono andati in fumo quasi 57mila ettari di terreni e boschi, un incremento del 60% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente e ben due terzi in più della media dell’ultimo ventennio. I dati, elaborati da Coldiretti su base Effis – il sistema europeo di monitoraggio degli incendi di grandi dimensioni – fotografano un’estate ad altissimo rischio, alimentata da temperature elevate, venti intensi e dalla mano criminale dei piromani.
Incendi, Coldiretti: “Terreni bruciati +60% nel 2025, serve un piano di prevenzione”
La Campania è tra le regioni più colpite, con un’emergenza particolarmente grave nel Parco Nazionale del Vesuvio. Qui l’incendio minaccia un patrimonio unico di biodiversità e produzioni agricole tipiche: dal vino Lacryma Christi Dop, per il quale era imminente la vendemmia, all’albicocca vesuviana e al Pomodorino del Piennolo Dop. Oltre ai danni diretti ai raccolti, Coldiretti segnala pesanti ricadute sugli agriturismi e sui percorsi di degustazione legati al territorio, oltre al rischio di inquinamento causato da fumo e cenere che può depositarsi sui frutti e contaminare le colture.
Un patrimonio in fumo
Secondo l’associazione agricola, per ricostituire i boschi distrutti serviranno fino a 15 anni. Non si tratta solo di far ricrescere gli alberi: il danno colpisce interi ecosistemi, con perdita di habitat per la fauna, impoverimento del suolo e aumento del rischio di erosione. Gli incendi interrompono attività tradizionali, riducono l’attrattività turistica e compromettono aree verdi fondamentali per la biodiversità e la qualità dell’aria.
Le fragilità della gestione forestale
Coldiretti sottolinea che solo due foreste su tre in Italia sono gestite attivamente con interventi colturali regolari. Il resto del patrimonio boschivo è trascurato, lasciando spazio all’accumulo di materiale secco e vegetazione incolta, fattori che alimentano la propagazione del fuoco e ne aumentano l’intensità. Una gestione forestale efficace, evidenzia l’organizzazione, non è solo un investimento ambientale, ma anche una misura di sicurezza per le comunità locali.
Cause e responsabilità
Oltre agli effetti del cambiamento climatico e del meteo estremo, pesa la mano dell’uomo: circa il 60% dei roghi è di origine dolosa. In molti casi si tratta di azioni criminali finalizzate al cambio d’uso dei terreni o a speculazioni, ma non mancano episodi dovuti a incuria e comportamenti imprudenti, come l’abbandono di rifiuti infiammabili o l’accensione di fuochi in zone vietate.
La richiesta di Coldiretti
L’organizzazione agricola chiede un piano nazionale di prevenzione basato sul presidio costante del territorio da parte delle imprese agricole, soprattutto nelle aree interne e marginali. Gli agricoltori, sottolinea Coldiretti, possono svolgere un ruolo di “sentinelle attive”, capaci di individuare e segnalare tempestivamente i focolai, ma anche di mantenere puliti e curati i terreni, riducendo il rischio di innesco e propagazione delle fiamme.
Un’emergenza che va oltre l’estate
Gli incendi non sono solo una piaga stagionale: il loro impatto si protrae negli anni. La perdita di suolo fertile, l’aumento del rischio frane e alluvioni e il peggioramento della qualità dell’aria sono effetti che accompagnano a lungo le comunità colpite. Per Coldiretti, serve un approccio integrato che unisca prevenzione, manutenzione, repressione degli illeciti e campagne di sensibilizzazione rivolte a cittadini e turisti, affinché comportamenti scorretti non alimentino la distruzione di un patrimonio naturale e produttivo irrinunciabile.