Negli ultimi dieci anni, l’Italia ha visto scomparire oltre 153.000 imprese guidate da giovani sotto i 35 anni. Ogni giorno, in media, 42 aziende hanno chiuso i battenti, segnando un lento e inesorabile declino dell’imprenditoria giovanile nel Paese. È un fenomeno che non può essere ignorato, una tendenza che racconta molto più di una semplice statistica: è il segnale di un Paese che non riesce più a trattenere i suoi giovani talenti, che non offre loro il terreno fertile per costruire e innovare.
Imprese giovanili in fuga: in dieci anni l’Italia ha perso 153.000 aziende under 35
A pesare su questo crollo sono diversi fattori, a partire dall’invecchiamento della popolazione, che ha portato a un calo drastico della presenza di giovani nel mercato del lavoro. Secondo il Cnel, negli ultimi vent’anni, l’Italia ha perso oltre due milioni di lavoratori sotto i 35 anni, un dato che fotografa una realtà preoccupante. Il sistema economico sembra essersi adattato a questa trasformazione senza però trovare soluzioni efficaci per garantire un adeguato ricambio generazionale. Il risultato è una desertificazione progressiva dell’imprenditoria giovanile, che non trova più spazio nei settori tradizionali e fatica ad affermarsi anche nelle nuove economie emergenti.
La crisi ha colpito in modo più duro alcuni comparti storicamente legati alla piccola e media impresa. L’edilizia ha subito una vera e propria emorragia di aziende giovanili, così come il commercio, che ha visto scomparire decine di migliaia di attività nel giro di un decennio. Il settore manifatturiero, un tempo colonna portante del sistema produttivo italiano, non è stato risparmiato da questa ondata di chiusure, mentre anche l’artigianato ha subito un declino significativo, perdendo gran parte di quella linfa vitale che i giovani imprenditori tradizionalmente portavano con sé. La crisi ha colpito anche l’imprenditoria femminile e le imprese guidate da giovani stranieri, con numeri in caduta libera che dimostrano come l’Italia stia progressivamente perdendo la sua capacità di accogliere e sostenere chi vuole mettersi in proprio.
Nonostante questo scenario a tinte fosche, alcune aree dell’economia sembrano aver retto meglio l’urto e, in alcuni casi, addirittura mostrano segnali di crescita. I servizi alle imprese hanno visto un aumento della presenza di giovani imprenditori, così come il settore dell’ICT, che ha registrato una progressione costante negli ultimi dieci anni. Tuttavia, questi segnali positivi non bastano a compensare l’enorme perdita registrata altrove, lasciando emergere un quadro di forte squilibrio nel sistema produttivo.
L’Italia si conferma un Paese in cui fare impresa da giovani è un’impresa quasi impossibile. La burocrazia soffocante, la difficoltà di accesso al credito, la mancanza di incentivi strutturati e il peso di un sistema economico ancora troppo rigido hanno creato un ambiente ostile per chi vuole mettersi in gioco. Il declino demografico ha fatto il resto, riducendo drasticamente il numero di giovani disponibili a entrare nel mondo dell’imprenditoria e spegnendo, giorno dopo giorno, la capacità del Paese di rinnovarsi e guardare al futuro con fiducia.
Se questa tendenza non verrà invertita con interventi concreti e mirati, il rischio è che le nuove generazioni smettano definitivamente di considerare l’imprenditoria una strada percorribile, privando l’Italia di quella vitalità economica che è sempre stata il suo motore di crescita. Il futuro dell’impresa italiana è in bilico, e senza un cambio di rotta deciso, l’Italia rischia di trasformarsi in un Paese di imprese senza giovani, destinato a invecchiare insieme alla sua economia.