Governo: il difficile cammino di Giorgia Meloni, tra veti e rivendicazioni
- di: Redazione
Tutto, appena pochi minuti dopo la chiusura del seggi, sembrava apparecchiato affinché Giorgia Meloni potesse gustarsi in santa pace la vittoria. Talvolta questa frase viene accompagnata con una precisazione, ''in santa pace'', che forse mai come in queste settimane lei sta rimpiangendo di non avere potuto fare.
Il presidente di Fratelli d'Italia - che forse, per arrivare meglio alla formazione del governo, dovrebbe essere più distaccata da quanto accade oltre confine, soprattutto se riguarda esecutivi e singoli partiti la cui frequentazione potrebbero nuocerle, una volta chiamata a rappresentante l'Italia a Bruxelles - aveva manifestato le sue certezze che, vista la schiacciante maggioranza conseguita dal centrodestra, si potesse arrivare alla definizione della squadra di governo in tempi strettissimi.
Dopo la vittoria alle elezioni 2022, Giorgia Meloni ha davanti il duro compito di formare il Governo
Forse, però, avrebbe dovuto dare credito alla saggezza popolare, che si traduce in proverbi uno di quali - quello del diavolo e dei coperchi - si attaglia alla perfezione a quanto Meloni si trova davanti, con un cammino che si sta facendo molto arduo e non per colpe solo sue.
Forse, alla fine, Giorgia Meloni ce la farà a presentare al presidente Mattarella una lista dei ministri solo poche ore dopo avere ricevuto il mandato, ma le enormi difficoltà che si tra trovando ad affrontare nella trattativa con gli alleati getta lampi di pessimismo sul clima dentro la coalizione. Sperare che la vittoria elettorale cancellasse le ambizioni era legittimo, per non vanificare il successo. Ma che invece le rivendicazioni diventassero un metodo per la trattativa è il modo peggiore - senza entrare nel merito delle ideologie - per dare risposte immediate e soprattutto efficaci alla crisi del Paese che, evidentemente, qualcuno non vede affatto.
Alla fine un accordo si troverà, anche se appare oggi difficile che Meloni, che ribadisce ad ogni occasione l'impegno morale con gli italiani di dare loro un governo di altissimo profilo, possa inghiottire ultimatum improponibili. Perché, anche se non si deve dare per scontato di trovare una formula ed un punto di caduta delle trattative che soddisfino tutti, i nomi sono importanti e forse la gente non capirebbe alcune scelte.
Il percorso davanti a Giorgia Meloni è, quindi, strettissimo, anche perché il suo stesso partito vuole capitalizzare al massimo quanto ottenuto il 25 settembre, dimenticando che però ci sono motivi di opportunità che potrebbero spingere Giorgia Meloni a dire qualche doloroso ''no'' a chi le è stata accanto in questi anni, ma che agisce in ambiti professionali che magari prefigurano incompatibilità, se non reali quanto meno morali.
Tra alleati, tutti in linea di principio con la medesima dignità, non ci dovrebbe essere spazio per veti o, peggio, per imporre dei nomi che gli altri non possono assolutamente condividere.
Ma questo principio - siamo tutti uguali, anche se con forza elettorale e parlamentare diversa - non è universale. Nel centrodestra, al momento, fare parte di una stessa coalizione dovrebbe indurre a pensare al domani e non all'oggi delle ambizioni personali.
Per strano che possa accadere, Matteo Salvini sembra averlo capito, Silvio Berlusconi proprio no.