Google nel mirino della giustizia Usa per le sue pratiche pubblicitarie

 
È un gigantesco braccio di ferro quello che si è creato negli Stati Uniti e che vede alcuni degli Stati dell'Unione schierarsi contro Google, il gigante di Internet. Il procuratore generale del Texas, Ken Paxton, ha, infatti, annunciato, di aver avviato, insieme ad altri nove Stati americani, delle azioni legali per pratiche anticoncorrenziali nei confronti di Google relativamente alla gestione degli annunci pubblicitari, citando anche un accordo con Facebook.

Secondo il magistrato texano, "il comportamento anticoncorrenziale del gruppo si sarebbe concretizzato anche grazie a pratiche di esclusione e dichiarazioni fuorvianti". Ken Paxton ha poi alzato il tiro sostenendo che "questo gigante di Internet ha usato il suo potere per manipolare il mercato, distruggere la concorrenza e danneggiare te, il consumatore".
Nella sua azione Paxton è supportato dai procuratori generali di Arkansas, Idaho, Indiana, Kentucky, Mississippi, Missouri, North Dakota, South Dakota e Utah, tutti Stati a guida repubblicana.
Secondo il più alto magistrato inquirente del Texas, "come rivelano documenti interni, Google ha cercato di uccidere la concorrenza utilizzando una serie di tattiche esclusive, inclusa la stipula di un accordo illegale con Facebook, la sua più grande potenziale minaccia competitiva, per manipolare le aste pubblicitarie".

Paxton ha quindi aggiunto: "Quando visiti il sito web di un media che conosci e di cui ti fidi, come il Wall Street Journal o il tuo quotidiano locale preferito, probabilmente vedi annunci pubblicati da Google. Ma Google non dice al pubblico che sta manipolando aste pubblicitarie. Non è giusto che Google abbia di fatto eliminato la concorrenza e si sia incoronato capo della pubblicità online".

Per spiegare meglio in senso delle sue dichiarazioni, Paxton ha fatto ricorso ad una "metafora" sportiva presa in prestito dal baseball dicendo che Google funge da intermediario tra inserzionisti e siti e gestisce un'importante piattaforma in cui si essi si incontrano. È come, ha detto Paxton, se Google "fosse il lanciatore, il battitore e l'arbitro nel mercato della pubblicità elettronica online".
Per Google, queste accuse sono "infondate", sostenendo che i prezzi della pubblicità online sono diminuiti negli ultimi dieci anni e le commissioni sulle inserzioni sono inferiori alla media.
Da mesi Google è nel mirino di iniziative della giustizia americana. Il suo modello, basato su servizi gratuiti e pubblicità mirata a partire dai dati dei suoi utenti, è sotto i riflettori del Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti che ha citato il gruppo in giudizio.

Nello scorso ottobre, il governo federale ha accusato il gruppo di mantenere un "monopolio illegale" sulla ricerca e sulla pubblicità online. All'azienda (fondata nel 1998) viene contestato il ricorso e l'abuso di tecniche per escludere i propri concorrenti. Secondo il sito Politico , diversi Stati americani, guidati dai procuratori generali del Colorado e del Nebraska, potrebbero anche sporgere in queste ore un'altra denuncia contro il colosso di Internet, ancora una volta prendendo di mira il suo motore di ricerca. Diverse piattaforme digitali, tra cui Amazon, TripAdvisor e Yelp, hanno già lamentato il fatto che Google promuove le proprie offerte nei risultati di ricerca.
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