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Giovani, Italia in salita: lavoro precario e ansia da futuro

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Giovani, Italia in salita: lavoro precario e ansia da futuro

L’Italia continua a essere un Paese dove nascere e crescere da giovani è una sfida in salita. Gli ultimi studi sul tema mostrano come la struttura demografica, con un progressivo invecchiamento della popolazione, non sia accompagnata da politiche capaci di offrire reali prospettive agli under 35. Il risultato è una generazione che, a fronte di livelli di istruzione mediamente più alti rispetto al passato, si trova bloccata da un mercato del lavoro poco inclusivo e da un contesto economico che fatica a valorizzare le competenze.

Giovani, Italia in salita: lavoro precario e ansia da futuro

Le statistiche confermano che, in Italia, trovare un impiego stabile per un giovane resta un traguardo difficile. La quota di contratti a termine e di forme di collaborazione precarie è nettamente superiore alla media europea. Ciò si traduce in stipendi più bassi, minori contributi previdenziali e una difficoltà strutturale a programmare spese importanti come l’acquisto di una casa o la formazione di una famiglia. Questo scenario spinge molti a rinviare scelte di vita, con ricadute dirette anche sul calo della natalità.

L’impatto psicologico della precarietà

Alla fragilità economica si somma una crescente fragilità emotiva. Le indagini più recenti segnalano un aumento dei disturbi d’ansia e depressione tra i giovani adulti, spesso legati all’incertezza lavorativa e alla percezione di non avere un ruolo definito nella società. L’insicurezza sul futuro si traduce in stress cronico e in una difficoltà a progettare la propria vita con serenità. La salute mentale diventa così un indicatore sociale a tutti gli effetti, capace di misurare il benessere di un’intera fascia di popolazione.

Disuguaglianze territoriali e fuga all’estero
Le opportunità non sono distribuite in modo uniforme: il divario Nord-Sud resta marcato. Nel Mezzogiorno la disoccupazione giovanile supera di molti punti la media nazionale, alimentando un flusso costante di migrazioni interne e verso l’estero. La cosiddetta “fuga dei cervelli” priva il Paese di capitale umano qualificato e accentua il circolo vizioso di spopolamento e impoverimento territoriale. Una tendenza che rischia di diventare irreversibile senza interventi mirati.

La necessità di un patto intergenerazionale

Gli analisti concordano: servono politiche strutturali, non interventi sporadici. Un nuovo patto intergenerazionale dovrebbe prevedere investimenti massicci in istruzione, ricerca e innovazione, insieme a misure per rendere il lavoro più stabile e meglio retribuito. La questione non è solo economica, ma di tenuta sociale: senza giovani motivati e valorizzati, l’Italia rischia di compromettere la propria capacità di crescita nel medio e lungo periodo.

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