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Industria del gioco, Italia davanti a tutti in Europa

- di: Anna Montanari
 
Industria del gioco, Italia davanti a tutti in Europa

L’industria italiana del gioco attraversa una stagione di numeri record ma di equilibri fragili. La raccolta complessiva nel 2024 ha toccato quota 157 miliardi di euro, confermando l’Italia come il più grande mercato europeo. Eppure, dietro la crescita costante del volume giocato, il profilo fiscale racconta una dinamica più cauta. Le entrate erariali, tra 2004 e 2024, sono salite da 7,3 a 11,5 miliardi, ma nell’ultimo periodo il gettito si è stabilizzato, frenato dal sorpasso del gioco online su quello fisico. Il digitale, cresciuto in modo esponenziale, contribuisce meno all’imposta rispetto alle macchine tradizionali, che restano la fonte primaria di entrate e il presidio più visibile sul territorio.

Giochi, Italia davanti a tutti in Europa

Il gioco a distanza ha raggiunto 92 miliardi nell’ultimo anno, superando nettamente i 65,3 miliardi del comparto fisico. Una rivoluzione che ridisegna la geografia dell’offerta e impone allo Stato un ripensamento profondo della fiscalità. Nel frattempo il gioco fisico continua a sostenere un indotto di dimensioni difficilmente replicabili: 20,8 miliardi di valore aggiunto, centinaia di aziende della filiera e 147 mila lavoratori distribuiti in 85 mila punti autorizzati. Il settore produce occupazione stabile, presidio territoriale e una quota del Pil pari all’1,1 per cento. Un ecosistema che lo spostamento sul digitale rischia di indebolire senza una cornice normativa capace di garantire sostenibilità economica e controllo pubblico.

Il riordino fermo tra Governo e territori
La Legge Delega del 2023 avrebbe dovuto riscrivere regole e fiscalità, riportando ordine in un quadro frammentato e spesso incoerente. Ma il percorso si è inceppato. Solo il decreto sul gioco a distanza è stato approvato; quello sul gioco fisico è bloccato da mesi. Con la legge 120 del 2025 il Parlamento ha concesso un altro anno di tempo, rinviando l’attuazione al 29 agosto 2026, mentre per i decreti integrativi si arriva al 2028. Lo stallo nasce ancora una volta dal confronto con Regioni ed enti locali, che chiedono maggiore autonomia su distanze dei punti gioco, orari e modalità di controllo. È il terreno su cui si intrecciano economia, sicurezza e consenso politico, un triangolo che da anni impedisce una riforma organica del settore.

L’incognita sociale e la sfida della tutela
Lo spostamento verso l’online non attenua i rischi della dipendenza da gioco, anzi ne rende più complessa la gestione. La possibilità di accedere anonimamente a piattaforme attive ventiquattro ore sottrae il giocatore alla rete di controllo rappresentata dai punti fisici. E qui il riordino mostra un vuoto evidente. In un mercato che genera risorse e occupazione, la tutela dei soggetti vulnerabili resta un pilastro che necessita di un impianto normativo più forte, capace di affiancare prevenzione e responsabilità degli operatori. L’industria spinge perché il tema non diventi un blocco ideologico, ma un capitolo integrato della riforma, consapevole che la sostenibilità sociale è parte della sostenibilità economica. Una cornice chiara aiuterebbe anche a contrastare l’offerta illegale, sempre più aggressiva sul digitale.

Gare rinviate e rischi per lo Stato
La paralisi regolatoria ha ricadute dirette. Le gare per le concessioni del gioco fisico restano congelate, con un sistema in proroga che rinvia una possibile entrata per l’erario stimata in oltre due miliardi. La gara del Lotto, che ha fruttato 2,2 miliardi, mostra quanto valga il settore se messo in condizione di operare con regole certe. Ma l’incertezza investe gli operatori, che devono programmare investimenti pluriennali in un contesto che cambia più lentamente del mercato stesso.

Un settore tra due pressioni: crescita e regolazione

L’Italia viaggia su un crinale sottile. Da un lato un mercato in espansione che compete a livello europeo e alimenta filiere industriali e occupazione. Dall’altro una normativa che fatica a tenerne il passo e rischia di scaricare sugli operatori e sui territori il peso delle decisioni mancate. La partita si gioca nei prossimi due anni: trovare un equilibrio tra fiscalità, tutela dei giocatori e competitività del sistema sarà decisivo per trasformare un primato europeo in un modello regolato e sostenibile.

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