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Gaza, Hamas accetta il piano Trump e apre al rilascio totale ostaggi

- di: Marta Giannoni
 
Gaza, Hamas accetta il piano Trump e apre al rilascio totale ostaggi
Un turno decisivo: Hamas acconsente al rilascio totale, Israele invitato a fermare i bombardamenti, mentre Trump diffonde ottimismo e scadenze serrate.

È la svolta che molti attendevano. Hamas ha annunciato la disponibilità a liberare tutti gli ostaggi nell’ambito della proposta in 20 punti promossa da Donald Trump per fermare la guerra nella Striscia di Gaza. Il presidente statunitense ha salutato la mossa come un passo storico e ha chiesto a Israele di sospendere immediatamente i bombardamenti per creare le condizioni del rilascio e del cessate il fuoco.

Una svolta che non può essere ignorata

La disponibilità di Hamas apre la porta a una finestra negoziale che potrebbe accelerare la fine delle ostilità. Restano tuttavia nodi sensibili: dettagli operativi sul rilascio, garanzie per la sicurezza sul terreno e il perimetro delle concessioni reciproche. In parallelo, fonti politiche israeliane hanno indicato una possibile riduzione delle operazioni a Gaza City per accompagnare il percorso diplomatico e mettere al sicuro le fasi più delicate.

Nel frattempo, il tono della Casa Bianca è improntato all’ottimismo. In un videomessaggio, Trump ha definito il momento “un grande giorno, un giorno speciale, forse senza precedenti” e ha ribadito che “tutti saranno trattati in modo equo”. L’invito è a tradurre l’intesa in un testo formale: “Ora bisogna mettere nero su bianco l’accordo finale”, ha scandito il presidente.

Il piano Trump sotto la lente

La proposta in 20 punti prevede, tra l’altro: cessate il fuoco immediato; rilascio di tutti gli ostaggi, vivi e deceduti; demilitarizzazione graduale delle infrastrutture di guerra nella Striscia; una gestione tecnica internazionale temporanea per garantire servizi essenziali e coordinare gli aiuti; un percorso di ricostruzione con meccanismi di verifica e una cornice politico-diplomatica per la fase successiva.

Secondo indicazioni trapelate da ambienti governativi, Israele si preparerebbe ad attuare la prima fase dell’intesa, legata al rilascio degli ostaggi e alla sospensione delle operazioni più invasive, riservandosi di discutere i punti più sensibili su governance, sicurezza e tempi di transizione.

Anticipazioni, sorprese e retroscena

Nei palazzi della politica israeliana circola sorpresa per l’ottimismo mostrato da Washington sulla prontezza di Hamas a una pace duratura. In parallelo, l’opposizione guidata da Yair Lapid ha definito questa fase un’occasione “senza precedenti per liberare gli ostaggi e porre fine alla guerra”, invitando il governo a sigillare rapidamente gli ultimi dettagli.

Dal fronte internazionale, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha chiesto a Israele di interrompere immediatamente gli attacchi; il segretario generale dell’Onu António Guterres ha salutato con favore la risposta di Hamas, rinnovando l’appello a un cessate il fuoco permanente e a un accesso umanitario senza restrizioni. Da Parigi, Emmanuel Macron ha scritto che il rilascio degli ostaggi e il cessate il fuoco sono “a portata di mano”; da Londra, il premier Keir Starmer ha definito la proposta “un significativo passo avanti” da attuare “senza indugio”. Da Roma, Giorgia Meloni ha ribadito il pieno sostegno agli sforzi in corso e la disponibilità dell’Italia a fare la propria parte.

Un segnale politico è giunto anche dalle famiglie degli ostaggi: alcune associazioni hanno parlato di “mossa coraggiosa di leadership” riferendosi alla presa di posizione della Casa Bianca, auspicando che il percorso porti al rilascio rapido dei propri cari e di tutti i sequestrati.

Le condizioni sul tavolo

Pur aprendo al rilascio, Hamas avrebbe posto richieste di chiarimento su governance di transizione, garanzie internazionali e tempi di attuazione. Non si esclude una scansione per fasi delle liberazioni, legata alla stabilizzazione operativa sul terreno e all’arrivo degli aiuti.

I rischi di una tregua fragile

Se l’intesa dovesse consolidarsi, gli effetti sarebbero immediati: ostaggi a casa, stop alle armi, canali umanitari finalmente liberi. Ma il percorso è stretto. Un rallentamento dei negoziati o l’emergere di condizioni non condivise potrebbe riaccendere le ostilità, con ulteriori sofferenze per i civili e un danno reputazionale per i mediatori. Resta irrisolta la domanda cruciale: chi governerà Gaza nella fase di transizione e con quali poteri?

Prossime mosse

Le squadre tecniche lavorano per mettere ordine ai dossier: sequenza del rilascio, monitoraggio del cessate il fuoco, ingresso degli aiuti, meccanismi di verifica e tutele per la popolazione. La posta in gioco è enorme: dalle decisioni delle prossime ore dipende la possibilità di trasformare un annuncio in un cambio di fase per l’intera regione.

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