"Europa, fai da sola"
- di: Umberto Cecchi
TRUMP AL G7 DI TAORMINA
Aveva ragione Giovambattista Vico: la storia è fatta di corsi e ricorsi. Ci sono sempre, dietro l’angolo, i ritorni. Finito il G7 all’ombra dell’Etna, si chiude un’epoca e se ne apre un’altra. Donald Trump, impavido, ha ricordato agli europei che sarebbe l’ora se la sbrigassero da soli e la finissero con i tira e molla e la puzza sotto il naso nei confronti degli Stati Uniti che ormai da settan’anni fanno loro da balia. Lui è stato certo, come sempre arrogante e impulsivo, ma noi, va detto ce lo siamo meritato. Da anni ci avvitiamo attorno a polemiche, litigi, tradimenti e gelosie. Noi europei intendo. Una lunga illusoria galoppata.
Dall’Europa delle Nazioni, della prima metà del Novecento dove ci si sbranava e ognuno voleva prevalere, siamo arrivati all’Europa Unita, che è poi una contraddizione in termini, dove seguitiamo a scannarci in una guerra economica che somiglia più a uno scontro fra usurai e usurati che non a una vera politica economica condivisa. Insomma è ancora guerra, dove la masse non muoiono con le armi in pugno, ma con addosso una povertà anacronistica per l’occidente moderno. E dove le liti e le preminenze di cortile la fanno da padrone. Non uniscono, disgregano. La maggior parte degli stati membri, che non siano i fondatori, stentano a entrare nell’attuale meccanismo politico e mentale. Alcuni addirittura cominciano a pensare a un accordo con la Russia? Tradimento? Non ricerca di una soluzione che finirà davvero per ridividere il Vecchio Continente.
Ma le incongruenze e le indecisioni non sono solo a Est. L’ Inghilterra se n’è andata, anche se era entrata a mezzo rischio, e ha squassato il tran tran tracciato da politici inetti e da burocrati faziosi e inutilmente creativi nel potenziare la filosofia dell’inutilità: come decidere il colore dei fagiolini e la curvatura dei cetrioli. Dimenticandosi, politici e burocrati, i pilastri veri sui quali impiantare questo volatile sogno europeo: una comune politica della sicurezza interna, della difesa, delle migrazioni oltre a quella delle finanze. Insomma: in un’epoca di frantumazione degli stati, noi abbiamo risposto con una aggregazione che non regge.
Nell’Europa unita, la Gran Bretagna rischia il frazionamento interno; qualcuno comincia a Parlare d’Italia divisa in tre, nord centro e sud, definiti stati federati; in Olanda uno dei paesi fondatori si continua a parlare di abbandono dell’Unione e a Bruxelles si seguita a litigare aspramente fra Fiamminghi e Valloni e si vuole una scissione. La Spagna ha i suoi guai e la Francia rivuole qualche sua ex regione da sempre a mezzo con la Germania. La Germania a sua volta vuole tutto – come sempre- e approfittando della rottura con gli Usa, dei quali a differenza della Francia è sempre stata cortigiana e dai quali ha avuto sempre molto, pretende la leadership. Che avrà, logicamente, perchè sta lavorando da anni per ottenerla, fingendo anche – figuriamoci – un’ impossibile simpatia economico politica per la Francia. Era dai tempi del ‘gott mit uns’ che non si osava tanto. Oggi sventola la bandiera del rigore, insegue i poveri, minaccia la Grecia, alla quale – come ricordano gli interessati, non ha mai ripagato i danni di guerra, né a Grecia né ad altri.
Intanto uno spettro vero si aggira per questa sdrucita veste d’Arlecchino che è l’Unione, accusata dal Trump di non pagare le quote Nato, come se la Nato fosse un qualsiasi club Bildenberg ed è il terrorismo. Se non fosse tragico sarebbe ridicolo vedere come lo gestiamo. Membri folli dell’Isis branchi selvaggi o lupi solitari, conosciuti, arrestati e rilasciati che compiono stragi continue e impunite. La Germania dei ‘servizi più attenti del mondo’, come scrive un giornale tedesco, si lascia sfuggire gli attentatori casalinghi, un loro stragista si allontana come in un tour turistico e viene causalmente ucciso dagli italiani. Rara a vis. Ogni volta che c’è una strage seguono penose solite parole di rito, come non vi dimenticheremo mai. Forse dovremo deciderci a formare un vero corpo europeo antiterrorismo ben coordinato. Ma abbiamo paura. Ci facciamo paura fra noi. Non vogliamo né riusciamo a mettere assieme norme che regolino l’immigrazione e soprattutto una civile collocazione dei nuovi arrivati in posti di lavoro che non siano di sfruttamento e alimentino nuova rabbia.
Il risultato delle elezioni francesi ha fatto tirare un sospiro di sollievo agli europeisti ma non ha certo attenuato i populismi, né la voglia di protagonismo della gente. Cacciato il problema della Le Pen, eurofrigida, il giovane neoeletto Macron è corso ad abbracciare mamma Merkel sognando un patto a due che avrà mille difficoltà. La politica francese non è poi così chiara come si vuol far credere e l’economia non naviga certo nell’oro, la gente ha mostrato disaffezione al voto e sfiducia nelle istituzioni, la Brexit inoltre porta Francia e Germania a un confronto esclusivista, duro e diretto sulle ‘cose’ che sarebbero di tutti: chi si prenderà le agenzie della UE che devono necessariamente lasciare Londra? Caposaldi nevralgici che ‘inventeranno’ un nuovo grande centro di potere economico e politico nel Paese che le ospiterà, come fra l’altro l’Autorità Bancaria e l’Agenzia dei Farmaci? Il ministro della finanze tedesco Wolfgang Shauble che da sempre copre le banche del suo paese e minacce le altre, ha già pensato a Francoforte sede della BCE , santuario del rigore economico e dell’aggressività finanziaria germanica verso tutti i paesi membri.
Insomma, il G7 ha smazzato le carte, siamo necessariamente alla ridistribuzione dei poteri e dei ruoli, e l’Italia pare non essersene neppure accorta tutta presa com’è a discutere sulle poltrone, a litigare sui premierati, a guardare alle mosse di Berlusconi con sospetto, ma per qualcuno anche con speranza di ritrovare una unità di centro destra che faccia chiaro una volta per tutte su cosa sia davvero il centro. E intanto Renzi, che ha sepolto la sinistra guarda curioso a un Macron che sembra la versione ringiovanita di Juppe, simbolo della sinistra francese. Un Macron che dà l’idea del ‘vorrei ma non posso’. E non può perché manca davvero l’Europa, perché Bruxelles è il ricettacolo dei perditempo e il parlamento europeo una inconcludente sinecura. Perchè il globalismo, da tutti sognato qualche anno fa, ha distrutto le macro e le microeconomie, lasciandoci, almeno per quanto riguarda il nostro Paese, con sempre meno industrie passate a multinazionali straniere. O emigrate all’estero dove le burocrazie aiutano non bloccano. L’Europa e l’Italia? Accordi? Solidarietà?Guardiamo alle terre del terremoto: dove Roma e Bruxelles stanno ignorando un dramma. Emergenze e immigrazione non interessano la UE. E se avesse ragione Massimo Cacciari? Se smettessimo di pagare le quote associative fra gli strilli d’aquila della Merkel che però non paga quelle della Nato?
Per concludere, il prossimo inutile G7 si farà, o salteremo direttamente al G10. Non ci resta che aspettare la parola della Germania.