La Federal Reserve non interverrà nell’immediato con nuovi tagli dei tassi di interesse. È quanto emerge dal sondaggio Reuters condotto tra il 4 e il 10 febbraio tra 101 economisti, secondo cui l'istituto guidato da Jerome Powell attenderà almeno fino al secondo trimestre del 2025 prima di procedere con una nuova riduzione del costo del denaro.
La Fed attenderà mesi prima di un nuovo taglio dei tassi: il rischio dazi frena le mosse di Powell
L’aumento delle tariffe commerciali introdotte dall’amministrazione Trump sta alimentando timori di rischi inflazionistici, tanto che le previsioni medie sull’andamento dei prezzi sono state riviste al rialzo di 40 punti base rispetto alle stime elaborate lo scorso ottobre, alla vigilia delle elezioni presidenziali.
“I dazi sono inflazionistici e potrebbero essere anche piuttosto negativi per la crescita economica. Questa incertezza significa solo che la Fed è in un certo senso lasciata ad aspettare e a voler vedere cosa succede realmente”, ha affermato James Knightley, capo economista internazionale di ING.
Il mercato si divide: taglio tra marzo e giugno, ma c'è chi prevede tassi fermi per tutto l'anno
Se a gennaio il 60% degli economisti intervistati si attendeva un primo intervento della Fed già a marzo, il quadro oggi appare più frammentato:
67 su 101 economisti prevedono almeno un taglio dei tassi entro giugno;
22 analisti si aspettano ancora un primo taglio a marzo;
45 economisti spostano la previsione al secondo trimestre;
17 esperti ritengono che la Fed non ridurrà i tassi prima della seconda metà dell'anno;
16 economisti ipotizzano che il 2025 si chiuderà senza alcun taglio.
Secondo i futures sui tassi di interesse, la probabilità che la Fed riduca il costo del denaro entro la metà del 2025 è di poco superiore al 50%.
“Ci sono moltissime parti in movimento nella spinta politica di Donald Trump, e alcune di esse sono in qualche modo contraddittorie. È molto, molto impegnativo, e quindi la fiducia in una qualsiasi delle nostre previsioni sull’economia statunitense, e per estensione sull'attività economica globale, è piuttosto bassa in questo momento”, ha dichiarato Knightley.
Pressioni sui prezzi e incertezza sui mercati
A spingere la Fed verso una maggiore cautela sono le misure tariffarie introdotte dall’amministrazione Trump, che potrebbero determinare una nuova fiammata inflazionistica.
Domenica, il presidente ha annunciato un nuovo dazio del 25% su tutte le importazioni di acciaio e alluminio, mentre il piano per aumentare le barriere commerciali su Messico e Canada è stato rinviato al 1° marzo. Nel frattempo, è stato imposto un ulteriore dazio del 10% sulle importazioni dalla Cina.
Le conseguenze potrebbero tradursi in una frenata della crescita economica. Secondo il sondaggio Reuters, il PIL degli Stati Uniti crescerà del 2,2% nel 2025 e del 2,0% nel 2026, valori superiori al tasso di crescita non inflazionistico dell’1,8% stimato dalla Fed per i prossimi anni.
L’occupazione resta per ora un punto di forza: il tasso di disoccupazione è previsto in leggero aumento dal 4,0% attuale al 4,2% nel 2025 e al 4,1% nel 2026.
“L’incertezza è probabilmente sufficiente a mantenere la Fed in una posizione di attesa nei prossimi mesi. Se le tariffe elevate verranno effettivamente applicate, il successivo aumento dell’inflazione impedirà ulteriori tagli per il resto del 2025”, ha affermato Neil Shearing, capo economista di Capital Economics.
Il quadro tracciato dal sondaggio Reuters conferma che, almeno nel breve termine, la Federal Reserve preferisce mantenere i tassi fermi, lasciando aperta la possibilità di intervenire solo se i dati economici lo renderanno necessario.
L’incognita tariffaria imposta da Trump si somma alle incertezze sulla crescita globale, costringendo la banca centrale a un approccio prudente. L’eventuale ripresa dell’inflazione potrebbe infatti lasciare la Fed senza margini di manovra per ulteriori tagli nel corso del 2025.