A Washington c’è un presidente che si prepara alla mossa a sorpresa, quella che – nei suoi calcoli – potrebbe consegnargli un posto nella storia. Donald Trump, che ama le scene teatrali e i colpi di scena, ha annunciato che in Alaska, il 15 agosto, si vedrà soltanto con Vladimir Putin. Non un vertice a più voci, non un tavolo multilaterale: un incontro “a due” con il leader russo.
L’Europa avverte Trump: “La pace non può essere decisa senza l’Ucraina”
“Penso che si vada verso lo scambio di territori”, ha detto. Parole che, nelle capitali europee, sono cadute come un sasso in uno stagno: onde concentriche di preoccupazione, dubbi e sospetti. Perché lo “scambio” evoca trattative sotterranee, confini ridisegnati a tavolino, e – soprattutto – un’Ucraina spettatrice di una partita che la riguarda più di chiunque altro.
Bruxelles non ci sta
“Il percorso verso la pace in Ucraina non può essere deciso senza l’Ucraina”. L’Europa lo mette nero su bianco in una dichiarazione congiunta, firmata da tutti i Paesi Ue tranne l’Ungheria. Non è solo una formula diplomatica: è un avviso al presidente americano, un modo per dire che ogni ipotesi di compromesso dovrà passare dal consenso di Kiev.
Nelle stanze di Bruxelles si teme che un accordo bilaterale Usa-Russia possa portare a concessioni unilaterali, con Mosca che ottiene ciò che non ha conquistato sul campo e Kiev costretta a ingoiare il rospo. “Una pace giusta e duratura deve rispettare sovranità, indipendenza e inviolabilità dei confini”, recita il testo.
Trump, Putin e il rituale del potere
Trump sembra intenzionato a giocare una partita personale. Prima Putin, poi Zelensky, infine gli europei: l’ordine degli incontri è già un messaggio politico. È come se dicesse: prima chi decide, poi chi subisce. Una visione che non piace agli alleati, ma che si inserisce nella sua filosofia politica: accentramento, spettacolarizzazione, uso sapiente della sorpresa.
Nel frattempo, per mandare un segnale di forza in patria, il presidente ha schierato la Guardia Nazionale nelle strade di Washington. Ufficialmente per combattere “crimine e squallore”, ma il tempismo dice altro: mostrare muscoli mentre si avvicina a un negoziato che farà rumore.
I rischi di una mossa da manuale
Lo scambio di territori – se mai davvero sarà sul tavolo – è una lama a doppio taglio. Potrebbe aprire uno spiraglio verso il cessate il fuoco o, al contrario, sancire la spaccatura definitiva tra Usa e alleati europei. Kiev, da parte sua, non arretra: Zelensky ha ribadito che non cederà “nemmeno un centimetro” di territorio riconosciuto come ucraino.
Gli osservatori parlano di un “momento Yalta” al contrario: non la spartizione del dopoguerra, ma un tentativo di riscrivere la geografia politica senza il consenso di tutti gli attori.
Una vigilia carica di attese
Le diplomazie europee si muovono per evitare sorprese. Le cancellerie inviano note riservate, si preparano a reazioni rapide. A Washington, il team di Trump lavora al copione dell’incontro con Putin: frasi da pronunciare, concessioni possibili, limiti invalicabili. L’uomo che ama presentarsi come “grande negoziatore” sa che questa volta la partita è vera, e che un passo falso potrebbe avere conseguenze immediate sul campo di battaglia ucraino.
La scena è pronta: Alaska, mezza estate, due leader in una stanza e un’Europa che, da lontano, osserva e sussurra: “Non senza Kiev”.